Dopo Carlo Magno l’impero si sgretola

Ai tempi di Carlo Magno…

«Ai tempi di Carlo Magno, di felice memoria, che morì ormai circa trent’anni fa, quando il popolo camminava sulla medesima retta via, cioè la via del Signore, la pace e la concordia regnavano ovunque; ora invece, al contrario, poiché ciascuno segue il cammino che più gli piace, dappertutto vi sono discordie e liti». Questo scriveva nell’anno 844 uno storico di quel tempo, di nome Nitardo. Che cosa voleva dire con queste parole? Intendeva dire che l’impero di Carlo Magno, unificato dalla fede cristiana e dalla fedeltà a un solo sovrano, si era diviso dopo la morte dell’imperatore. Le divisioni avevano poi generato discordie e guerre. Nitardo aveva un po’ di ragione a scrivere così: ora vediamo perché.

La difficile eredità di Carlo Magno

L’Impero carolingio, fondato da Carlo Magno, iniziò a disgregarsi dopo la sua morte, avvenuta nell’anno 814. Egli aveva diviso il potere con i tre figli maschi, due dei quali però morirono in giovane età. Sopravvisse soltanto il terzo, Ludovico il Pio, che si trovò a governare un vasto territorio esteso dai Pirenei al fiume Elba (nell’Europa centrale) e dal Canale della Manica (tra Inghilterra e Francia) fino a Roma. Ludovico era un uomo forte e amante dell’attività fisica, ma con un carattere debole, inadatto ad affrontare i tanti conflitti che scoppiarono dopo la morte di Carlo. Questi conflitti si accesero nei gruppi sociali più importanti: la nobiltà e il clero.

CARLO MAGNO SANTO

Intorno alla vita e alla morte di Carlo Magno nacquero racconti più o meno fantasiosi che lo descrivevano come un santo. Una leggenda antichissima sosteneva che l’imperatore non fosse morto, ma che dormisse nella sua tomba nella cattedrale di Aquisgrana. Secondo un racconto medievale, nell’anno Mille l’allora imperatore Ottone fece aprire la tomba di Carlo e trovò che il suo cadavere «non giaceva disteso, ma si teneva seduto sul trono come se fosse in vita, col capo cinto da una corona d’oro; teneva uno scettro nelle mani coperte di guanti, che le unghie, continuando a crescere, avevano bucato». La leggenda poteva essere interpretata come una specie di miracolo e, di conseguenza, come la prova della santità di Carlo, che venne poi proclamata dalla Chiesa cristiana.

Nobili e clero

La nobiltà più ricca e potente discendeva dal popolo dei Franchi, che si era trasferito in Gallia da diversi secoli. Una parte dei nobili, quelli che vivevano alla corte dell’imperatore ad Aquisgrana, voleva mantenere unito l’impero, così come aveva voluto Carlo Magno. Invece i nobili che vivevano lontani dalla corte, nelle loro terre e nei loro castelli, badavano più ai propri interessi privati che non agli interessi generali dell’impero. I vescovi appoggiavano invece l’idea dell’unità dell’impero, ispirati da quanto aveva scritto un grande teologo cristiano, sant’Agostino, nell’opera La città di Dio (V secolo). Tale concezione del potere si fondava sull’idea che dovesse esserci «un solo regno nei cieli e un solo capo sulla Terra», ossia Dio (in cielo) e l’imperatore (sulla Terra).

L’impero come proprietà personale

L’idea dell’unità dell’impero contrastava con la concezione tipica dei Franchi, secondo la quale lo stato era una proprietà di famiglia. Come tale, lo si poteva dividere tra gli eredi. Ed è ciò che fece Ludovico il Pio a favore dei figli. Nell’817 promulgò una legge chiamata Ordinamento dell’impero, che stabiliva la divisione del territorio tra i suoi figli. Questa decisione, però, scatenò violente liti, perché ciascuno dei figli pretendeva più di quanto aveva avuto. Così scoppiarono a più riprese delle ribellioni dei figli contro Ludovico.

L’accordo di Verdun

Soltanto dopo la morte di Ludovico il Pio, i fratelli trovarono un accordo, firmando il trattato di Verdun nell’anno 843.
In base a questo trattato, l’Impero carolingio fu diviso in tre grandi territori:
• una regione corrispondente all’incirca all’attuale Francia, che fu assegnata a Carlo il Calvo;
• la Germania, che andò a Ludovico il Germanico;
• un territorio meno definito, che univa le province del Nord Europa con una parte dell’Italia, che venne attribuito a Lotario.

LUDOVICO SENZA PIETÀ

Bernardo, nipote di Carlo Magno, sperimentò sulla propria pelle la ferocia di cui erano capaci i Franchi. Egli voleva comandare sull’Italia senza nessun vincolo. Decise di ribellarsi allo zio Ludovico, cui era sottoposto. Appoggiato da alcuni nobili, armò un esercito e minacciò di fare guerra a Ludovico. Tuttavia rinunciò ad attaccare e si incontrò con lo zio, per accordarsi pacificamente. Ludovico era soprannominato «il Pio», ma in questa circostanza non dimostrò la pietà per la quale era divenuto famoso: fece imprigionare Bernardo e i suoi seguaci, e li condannò all’accecamento. Bernardo morì proprio a causa di questo castigo. Fu sepolto a Milano, nella chiesa di Sant’Ambrogio.


Nascono le lingue nazionali

Gli eredi di Ludovico il Pio si combatterono tra loro prima di giungere alla pace di Verdun. Nell’842 Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo stipularono un’alleanza contro Lotario mediante un solenne giuramento, pronunciato alla presenza degli eserciti dei due sovrani. Quel giuramento ha un’importanza fondamentale. È infatti il primo documento pubblico in cui compaiono due nuove lingue nazionali: il francese e il tedesco. In precedenza, infatti, nei documenti ufficiali si usava il latino. Le parole del giuramento sono diverse da quelle del francese e del tedesco attuali, ma contengono l’embrione delle due lingue. Per farsi capire dai soldati che erano presenti alla cerimonia del giuramento, ciascuno dei due re pronunciò la formula del patto nella lingua dell’altro. I soldati, infatti, non avrebbero capito il latino, che era ormai la lingua delle persone colte. Ludovico il Germanico promise in francese: «Proteggerò questo mio fratello Carlo» e Carlo fece lo stesso, in tedesco, con suo «fratello Ludovico». Circa un secolo dopo, esattamente nel 960, un notaio italiano di Capua risolse una lite tra il convento benedettino di Montecassino e un contadino. Scrisse le seguenti parole: Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti, che significa: «So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso il convento di san Benedetto». Sono queste le prime parole scritte nella nascente lingua italiana.

LEGGERE le CARTE

L’Europa divisa in tre
La carta mostra i tre regni in cui fu suddiviso l’Impero carolingio con il trattato di Verdun (843).

Il regno di Carlo il Calvo corrisponde più o meno all’attuale Francia.

A Lotario tocca un territorio stretto e lungo, da nord a sud dell’Europa. Quel territorio va dalla foce del Reno fino quasi al Tevere, a Roma. In suo onore è chiamato Lotaringia.

Il Reno, il grande fiume che nasce dalle Alpi e percorre l’Europa centrale, fino a sfociare nel mare del Nord, segna in parte il confine del regno di Ludovico il Germanico. Quest’ultimo, infatti, ottiene le terre a est del grande fiume.

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