Quelli che lavorano

Il Medioevo: re e imperatori...

A fare la storia non sono solo i re e gli imperatori, le guerre che combattono o le paci che firmano. Non sono esclusivamente le religioni dei popoli o le decisioni adottate dalla Chiesa. La storia è fatta anche di uomini comuni che vivono la vita quotidiana, dei legami che intrecciano tra di loro, del modo con cui lavorano e scambiano i prodotti del lavoro. Questo aspetto della vita del passato ci porta a studiare la società del Medioevo nelle sue radici profonde.

... ma soprattutto contadini

L'Europa medievale era un'Europa contadina.
Ciò significa che la maggior parte della popolazione abitava in campagna e lavorava la terra.
Chi lavorava la terra, però, di solito non la possedeva. Durante l'Alto Medioevo le terre potevano appartenere a un singolo ricco individuo, in genere il sovrano oppure un nobile, o a un monastero. L'imperatore, i re, i monasteri e le famiglie nobili possedevano grandi estensioni di territorio e avevano alle loro dipendenze centinaia e, a volte, migliaia di uomini che lavoravano i campi.

La curtis

In queste terre si affermò un tipo di organizzazione della produzione agricola chiamato curtis. Questo nome deriva dalla «corte», uno spazio che includeva le abitazioni del padrone, i magazzini per conservare il raccolto e depositare gli attrezzi, e inoltre stalle, fienili e granai. Intorno alla corte si estendevano i campi coltivati.
Una porzione di queste terre, chiamata pars dominica (la «parte del padrone »), era controllata e amministrata direttamente dal signore.
L'altra porzione, chiamata pars massaricia (la parte del «massaro», cioè del coltivatore che abitava sul fondo agricolo), era divisa in piccoli appezzamenti assegnati ai contadini. I contadini lavoravano queste terre e versavano al signore una parte del raccolto. Inoltre dovevano eseguire dei lavori (chiamati corvées) nella pars dominica. Le corvées potevano consistere in lavori agricoli (semina, potatura, raccolto, ecc.) o di altro genere, come costruire palizzate, scavare canali per l'irrigazione, riparare attrezzi, ecc. I contadini non erano pagati per fare le corvées.

La curtis produce (quasi) tutto quello che serve

La curtis era basata sull'autoconsumo. Ciò significa che gli uomini e le donne si cibavano di quello che producevano. Mangiavano il pane fatto con la farina dei cereali che coltivavano nei loro piccoli campi; bevevano il vino fatto con le uve delle loro vigne; dal maiale ricavavano carne e salumi. Capre, pecore e mucche fornivano latte per fare il burro e i formaggi. Per costruire attrezzi ed edifici, usavano il legname raccolto nei boschi vicini.
Certamente alcuni prodotti dovevano essere comperati fuori della curtis: per esempio il sale, necessario per la conservazione dei cibi. Però la maggior parte delle cose che servivano era costruita all'interno della curtis stessa. Per esempio gli uomini fabbricavano da sé gli attrezzi, mentre le donne confezionavano i vestiti per le loro famiglie, lavorando la canapa, il lino o la lana.

MANGIARE E BERE NELLA CURTIS

LA CONSERVAZIONE DELLA CARNE
La carne, come il pesce, si deteriora rapidamente. Per impedire la putrefazione, si usavano due sistemi: l'essiccamento e la salatura. Il primo consisteva nel fare seccare (a volte con l'aiuto del fumo) la carne ridotta in filetti. Il secondo consisteva nel coprire la carne di sale. In entrambi i casi, la quantità di acqua presente nella carne diminuisce.
Quindi si conserva di più, perché − anche a temperatura ambiente − è meno attaccabile dai batteri.
Il maiale era poi conservato sotto forma di insaccati (prosciutti, salami), fatti stagionare in locali umidi. Si usavano le spezie per dare aroma.
Gli insaccati erano usati anche come pagamento in natura del lavoro.
I muratori longobardi, per esempio, ricevevano cinque chilogrammi di lardo a testa prima di iniziare il lavoro stagionale.

LA BIRRA, UN CIBO PIÙ CHE UNA BEVANDA
La birra fu una delle bevande più diffuse durante il Medioevo. Era consumata soprattutto nei paesi del nord e dell'est Europa, dove la coltivazione della vite era difficile e la produzione di vino scarsa. Era, ed è tutt'oggi, prodotta con la fermentazione di cereali, quali l'avena, l'orzo, il frumento. Ai tempi di Carlo Magno fu aggiunto il luppolo (una pianta che cresce nelle regioni settentrionali dell'Europa), che serve a darle un particolare aroma.
La birra era una bevanda diffusa tra i contadini e il suo consumo era consentito dalla Chiesa anche nei periodi di digiuno e di penitenza, come la Quaresima. Infatti era considerata un alimento, piuttosto che una bevanda, che contribuiva a dare energia ai lavoratori. Anche i monaci potevano berla, e in abbondanza: fino a due o tre litri al giorno. I primi centri in cui si iniziò a produrre birra furono proprio i monasteri, dove spesso c'era un locale appositamente destinato alla preparazione della birra.

I servi della gleba

La curtis si affermò perché rispondeva bene a due esigenze:
• garantire ai contadini il minimo necessario per vivere;
• vincolarli ai signori padroni delle terre, i quali così avevano lavoratori in abbondanza e a basso costo.
Dopo la caduta dell'Impero romano, infatti, gli schiavi erano quasi scomparsi: ve ne erano ormai pochissimi, che prestavano servizio come domestici nelle case di famiglie molto ricche. C'erano però molti servi della gleba (la parola gleba significa «terra»). Si trattava di contadini liberi, perché non potevano essere comperati e venduti (come capitava invece agli schiavi). Potevano anche possedere propri beni e trasmetterli in eredità ai figli. Però erano «servi», in quanto non era consentito loro di abbandonare il paese dove erano nati. Inoltre non potevano sposarsi senza il consenso del signore.

Coloni e braccianti

Oltre ai servi della gleba, nei campi lavoravano altri contadini. Alcuni, chiamati coloni, avevano la proprietà di piccoli pezzi di terra, ma con diverse limitazioni: dovevano pagare al signore un affitto annuo e versargli una parte del raccolto (come una specie di tassa, chiamata censo). Altri non possedevano nulla se non la loro capacità di lavorare, che mettevano al servizio dei signori per periodi limitati dell'anno, in occasione dei raccolti o di lavori stagionali.
Erano detti braccianti, perché non possedevano altro che la forza delle loro braccia, che adoperavano per lavorare la terra.
A tutti i contadini, che fossero servi della gleba, coloni, o braccianti, era riconosciuta la facoltà di disporre del denaro guadagnato con il proprio lavoro. Se riuscivano a risparmiare abbastanza, potevano comperare un pezzo di terra e diventare così piccoli proprietari (o, nel caso dei coloni, accrescere le loro terre).

Le carestie portano la fame

All'epoca di Carlo Magno e dei suoi successori il sistema curtense raggiunse l'obiettivo di garantire la sopravvivenza anche dei contadini più poveri. Tuttavia non mancarono periodi di grandi difficoltà. Una successione di piogge torrenziali, seguite da fasi di siccità estrema, determinò due tremende carestie negli anni 792-793 e 805-806. I raccolti andarono quasi completamente perduti e il prezzo del grano salì alle stelle, perché ce n'era poco: solo i ricchi potevano permettersi di comperarlo. Le persone comuni, per la fame, si ridussero a mangiare qualsiasi cosa, anche se non commestibile: per esempio erbe velenose o carogne di animali morti di malattia o di fame. I cronisti vissuti in quell'epoca parlano addirittura di episodi di cannibalismo, tanta era la fame, e di allucinazioni collettive, per cui la gente affamata credeva di vedere crescere rigoglioso il grano in pieno inverno.

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