La popolazione aumenta
Tra la fine dell'Impero romano d'Occidente e l'XI secolo l'economia europea era rimasta arretrata. I commerci erano scarsi per la cattiva condizione delle strade, e altrettanto ridotta era la produzione agricola. La moneta era divenuta talmente rara che si usava frequentemente il baratto.
Le città si erano spopolate, soprattutto a causa delle invasioni e delle guerre.
Qualcosa cominciò a cambiare a partire dalla seconda metà dell'XI secolo.
Ovunque ci furono segnali di ripresa, che mostravano una situazione economica in trasformazione.
Il fenomeno più evidente fu l'aumento della popolazione. Fra l'anno 1000 e il 1300 gli abitanti dell'Europa crebbero notevolmente di numero. La popolazione europea, che verso l'anno Mille contava circa 40 milioni di residenti, all'inizio del Trecento raggiunse la cifra di 70 milioni. Nello stesso periodo in Italia gli abitanti passarono da circa 5 milioni a 11 milioni.
Si tratta comunque di cifre indicative, perché le fonti storiche sono scarse e imprecise, così che non si possono conoscere con esattezza le dimensioni della popolazione.
Le ragioni della crescita demografica
Gli storici si sono anche chiesti il perché della crescita della popolazione e hanno dato varie spiegazioni. Innanzi tutto una di carattere meteorologico: in quei tre secoli si verificò un riscaldamento del clima della Terra così intenso da favorire la crescita rigogliosa della vegetazione. Il maggior calore permetteva alle piante di germogliare e di crescere più in fretta e con più abbondanza. Inoltre i progressi realizzati nei metodi di coltivazione aumentarono la produzione di generi alimentari.
Gli uomini, che disponevano di più cibo, si irrobustivano nel fisico e resistevano meglio alle malattie. Influì anche la diminuzione delle incursioni di Vichinghi, Ungari e Saraceni.
Quanto più la popolazione aumentava, tanto più era necessario sviluppare la produzione agricola per sfamare un numero crescente di persone. I contadini cominciarono a disboscare aree di foresta per ricavare nuove terre da coltivare.
L'aratro pesante
Un'importante innovazione tecnica favorì l'aumento della produzione agricola: l'aratro pesante. Questo nuovo tipo di aratro fu inventato nell'Europa centro-settentrionale, dove la terra era particolarmente umida e difficile da lavorare. Era dotato di una punta affilata e larga, chiamata coltro, in ferro o in acciaio. Il coltro consentiva di penetrare in profondità nel terreno, così da tagliare le zolle. Queste venivano poi rovesciate dal vomere, ossia dalla parte posteriore dell'aratro. La terra, così lavorata in profondità, dava raccolti più abbondanti. Il nuovo aratro si diffuse in molte campagne europee.
I cavalli al posto dei buoi
Contemporaneamente avvenne un altro cambiamento decisivo. Per trainare l'aratro, i contadini cominciarono a sostituire il bue con il cavallo da tiro, assai più robusto e veloce.
Inoltre sostituirono i collari fatti di cinghie di cuoio e il giogo, fatto di legno, con cui si attaccavano gli animali all'aratro. Per i cavalli usarono il collare di spalla, che aderiva bene alla spalla dell'animale e permetteva di sfruttarne tutta la forza di trazione.
Intanto diveniva sempre più praticata l'usanza di ferrare gli zoccoli dei cavalli, che potevano così muoversi per molto tempo e anche su terreni poco lisci. Tutti questi accorgimenti potenziarono lo sfruttamento della forza animale nei lavori agricoli.