L’editto di Rotari
Nel 643 il re Rotari emanò un editto che da lui prese nome e che fu la prima legge scritta dei Longobardi. L’editto introdusse un importante cambiamento delle regole antiche. In particolare, proibì la faida. La faida era la vendetta privata, ossia il diritto di ognuno a restituire il torto subìto colpendo il responsabile o la sua famiglia con un’offesa di pari gravità. In pratica: se un uomo libero veniva ferito, i suoi familiari avevano diritto di ferire a loro volta il colpevole. Rotari sostituì la faida con un risarcimento in denaro, chiamato guidrigildo. Solo per l’omicidio rimase come pena la faida: «Se qualcuno avrà ucciso il suo padrone, sia egli stesso ucciso», così recitava un articolo dell’editto. Con queste leggi Rotari voleva evitare la spirale d’odio che innescavano le faide, con una catena di delitti che si trasmetteva di padre in figlio. L’indennizzo in denaro era proporzionale alla gravità dell’offesa subita. Doveva chiudere per sempre l’inimicizia tra due famiglie e dare soddisfazione a entrambe. L’editto prevedeva inoltre che il re fosse il giudice supremo: «scudo dei deboli e dei disarmati», così era scritto.