Le tre grandi paure
Più bocche da sfamare, meno cibo
Dopo l’anno Mille l’economia europea si era sviluppata, le città si erano animate di botteghe e nelle campagne le terre coltivate erano aumentate e rendevano di più. Lo sviluppo aveva avuto come conseguenza un considerevole aumento della popolazione. Popolazione in crescita, però, voleva dire più bocche da sfamare. Perciò occorreva che la produzione agricola aumentasse a sua volta in pari misura, ma questo risultato fu impossibile e il cibo non bastò più per tutti.Che cosa si mangiava
Nel Medioevo mancavano precise conoscenze sulle sostanze nutritive utili a una alimentazione equilibrata. La scelta del cibo avveniva in base alla disponibilità di prodotti e alle tradizioni alimentari . Tra i consumi alimentari nelle città e quelli nelle campagne esisteva una differenza importante. In condizioni normali il grano era trasportato e venduto in città: perciò i cittadini mangiavano pane bianco di frumento. Nelle campagne, invece, i contadini si cibavano soprattutto di pane nero, di zuppe e di polente fatte con cereali diversi dal grano, come orzo, miglio, avena e segale. Questi sono chiamati cereali minori, perché le loro farine danno un pane meno saporito (almeno secondo i gusti prevalenti) oppure non sono adatte alla panificazione e sono utilizzate soltanto per fare polente. I cereali minori, però, hanno il vantaggio di crescere anche in zone di montagna, dove sarebbe impossibile coltivare il grano.Le carestie affamano le città
Nei periodi normali i mercati delle città offrivano una certa varietà e quantità di prodotti. Per questo, la dieta dei cittadini borghesi era abitualmente più ricca e varia di quella dei contadini. Nei momenti di maggiore difficoltà, cioè di raccolti scarsi o di vera e propria carestia, i cittadini erano invece esposti al rischio della fame più dei contadini. Infatti i prodotti alimentari non arrivavano più sui mercati urbani oppure erano scarsi e molto costosi. I contadini, per lo meno, potevano mangiare quel poco che riuscivano a raccogliere nei loro campi e orti; i cittadini, al contrario, non avevano questa possibilità. Pertanto in campagna vi era una maggiore povertà diffusa, ma solo in città si potevano raggiungere punte estreme di mancanza di cibo.I primi segnali di crisi
All’inizio del Trecento (XIV secolo) si avvertirono i primi segnali di un rallentamento dello sviluppo. La popolazione era divenuta troppo numerosa per poter essere sfamata dai prodotti agricoli, che cominciavano a scarseggiare. Anche le condizioni climatiche non aiutarono. Tra il 1310 e il 1330 un ciclo meteorologico particolarmente negativo si abbatté sulle campagne d’Europa, con estati aride e secche, inverni freddissimi, autunni e primavere con piogge torrenziali e grandinate. La carestia, pertanto, tornò a diffondersi ovunque. Carestia, per i poveri, significava patire veramente la fame, spesso fino alla morte.NEL MEDIOEVO SI MANGIAVA LA PASTA?
Sì, anzi la pasta fu inventata proprio durante il Medioevo, nel XII secolo. Gli arabi la mangiavano e la diffusero nei territori conquistati, come la Sicilia. Un documento del 1154 cita la città siciliana di Trabia (oggi in provincia di Palermo) come centro di produzione ed esportazione degli spaghetti. Sempre nel XII secolo, lo storico arabo Al-Idrisi testimoniava che «in Sicilia si fabbrica tanta pasta che se ne esporta in tutte le parti, nella Calabria e in altri paesi musulmani e cristiani; e se ne spediscono molti carichi di navi». Se il prodotto era esportato, significa che, oltre alla pasta fresca, si fabbricava anche quella secca, capace di conservarsi più a lungo. Numerose fonti del Trecento, poi, citano diversi tipi di pasta, come maccheroni, tortelli, lasagne e ravioli. E, come oggi, la pasta si serviva con il formaggio grattugiato.