I popoli dell’est nei confini dell’Impero di Roma

Non si tagliavano i capelli

«Non si tagliavano i capelli come gli altri romani; baffi e barbe restavano intatti; volevano che pendessero in giù, alla moda dei persiani. Quanto ai capelli, sul davanti erano rasati sino alle tempie, ma dietro se li lasciavano penzolare senza criterio. Prediligevano mantelli, pantaloni e soprattutto calzature di foggia barbara». Così Procopio di Cesarea, uno storico vissuto nel VI secolo, descrive quegli individui che, arrivati dall’est dell’Europa, erano penetrati nei territori dell’Impero romano. Procopio e tutti i romani chiamavano «barbari» quegli uomini così diversi da loro. Li disprezzavano, perché li consideravano selvaggi al confronto con la civiltà romana. Anche i loro vestiti sembravano strani, soprattutto i pantaloni apparivano volgari in confronto alle eleganti tuniche che si indossavano a Roma.

«Sei un vandalo!»

Ancora oggi, a distanza di 1600 anni, qualcosa di quel disprezzo è rimasto nei nostri modi di dire! Non diciamo forse «compiere dei vandalismi», quando parliamo di atti di inciviltà? Oppure, quando sentiamo o leggiamo una frase incomprensibile, diciamo: «è scritta in ostrogoto». Ebbene queste espressioni derivano dai nomi di due popoli che i romani chiamarono barbari, cioè i Vandali e gli Ostrogoti. Ma chi erano veramente i barbari, da dove venivano, come cambiarono la storia dell’Europa? Sono le domande che ci guidano nella lettura di questo capitolo.

Le due facce dell’Europa

Al tempo della massima espansione dell’Impero romano (II secolo dopo Cristo), l’Europa era segnata da forti contrasti. All’interno dei confini dell’impero vi erano grandi città, con strade lastricate in pietra, banche, negozi, teatri. La gente leggeva opere letterarie e poesie di alta qualità, che ancora oggi noi apprezziamo. Gli eserciti erano efficienti e composti da soldati di professione. Vi era persino un sistema di raccolta della spazzatura. Al di fuori di quei confini, l’Europa era popolata da agricoltori poveri che abitavano in villaggi altrettanto miseri. Usavano attrezzi in legno e si servivano dei metalli solo per produrre armi. Le strade erano piste disagevoli che, alle prime piogge, si riempivano di fango e buche.

La crisi dell’impero

Arrivato alla sua massima grandezza, però, l’Impero romano cominciò la sua decadenza. Governare e difendere un territorio così vasto costava moltissimo denaro. La fine delle conquiste militari privò lo stato dei bottini di guerra e impedì di avere nuovi schiavi (che, in genere, erano prigionieri di guerra). Poiché lo stato aveva bisogno di soldi per pagare i generali, i soldati e tutti gli uomini che amministravano le province dell’impero, le tasse aumentarono moltissimo. Così molti piccoli proprietari terrieri andarono in rovina. Dovettero vendere il loro campo e andare a lavorare, quasi come schiavi, per i pochi grandi proprietari terrieri. Molti campi rimasero incolti e la produzione agricola diminuì. Di conseguenza, i prodotti erano sempre meno e costavano sempre di più. La crisi dell’impero, cominciata nel III secolo, fu aggravata da epidemie e carestie, che provocarono un autentico crollo demografico: la popolazione dell’impero diminuì costantemente, perché il numero delle nascite non compensava più il numero dei morti.

Popoli in movimento

In questa situazione fu difficile affrontare il grande cambiamento che stava avvenendo ai confini dell’impero. Popolazioni nomadi, che vivevano al di là dei fiumi Reno e Danubio, cominciarono a emigrare nei territori dell’Impero d’Occidente. I romani disprezzavano e temevano questi popoli, chiamandoli «barbari». Tuttavia gli imperatori vennero a patti con le popolazioni immigrate: concessero loro di stabilirsi in territorio romano, pretendendo in cambio che si arruolassero nell’esercito. In questo modo l’esercito si rafforzava e poteva essere in grado di respingere le invasioni di altre popolazioni germaniche. Poco per volta alcuni di questi soldati di origine germanica «fecero carriera », diventando generali. Nel IV secolo, ai tempi di Costantino, troviamo dei «barbari» in tutti gli uffici pubblici. Alcuni di loro diventarono addirittura imperatori, con l’appoggio delle proprie truppe. Anche l’ultimo imperatore, Romolo Augustolo, era di origini barbare da parte di padre.

Una famiglia di origine germanica in viaggio su un carro (rilievo del II secolo).

Stanziamento dei barbari nell’impero

Fino al IV secolo, comunque, le immigrazioni furono di breve durata e limitate a poche tribù. Invece, tra il IV e il V secolo, gli spostamenti assunsero il carattere di immigrazioni permanenti e di ampia dimensione. Intere popolazioni furono accolte all’interno dei confini dell’impero con il consenso degli imperatori, perché non era più possibile contenerle diversamente.

Vandali e Goti

Fra le tribù barbare, le più organizzate sul piano militare erano quelle dei Vandali e dei Goti. I Vandali erano tribù germaniche stabilitesi nelle regioni della Pannonia (all’incirca l’attuale Ungheria) e della Slesia (nella Germania di oggi). I Goti erano giunti dalla Svezia. Si stanziarono nelle regioni del Danubio e del mar Nero e si separarono in due gruppi: i Visigoti e gli Ostrogoti. I Visigoti ruppero il patto di alleanza con gli imperatori romani e, al comando del re Alarico, entrarono in Italia e assediarono Roma. Nel 410 la città subì il primo saccheggio della sua storia. Venne incendiata e devastata per tre giorni consecutivi. L’Italia era ormai talmente impoverita che gli stessi uomini di Alarico, dopo avere saccheggiato Roma, non avevano cibo a sufficienza. Cercarono inutilmente una via di fuga in Africa. Con l’esercito ridotto alla fame, lo stesso Alarico si ammalò e morì presso Cosenza. Il successore Ataulfo, per salvare la sua gente, preferì cercare l’amicizia dei romani. Sposò Galla Placidia, sorella dell’imperatore Onorio, che era stata fatta prigioniera durante il saccheggio dell’anno 410.

Una lunga catena di popoli in marcia

I Visigoti e le altre tribù germaniche si spostavano verso il cuore dell’impero perché erano incalzati dalla pressione di altri popoli. Per ragioni non ancora chiare, una lunga catena di uomini si mise in movimento nelle lontane terre dell’Asia centrale e si diresse verso occidente, cioè verso il Mediterraneo e l’Europa. Tra loro c’erano gli Unni, un popolo che proveniva dalla Mongolia, una regione vicina alla Cina. Non conoscevano la scrittura e quindi non hanno lasciato notizie sulle loro origini e sulla loro storia. Non praticavano neppure l’agricoltura e il commercio. Si nutrivano di latte di asina e di carne di cavallo o di pecora. Erano nomadi, ossia si spostavano alla ricerca di pascoli per gli animali e di villaggi da saccheggiare. Le loro abitazioni consistevano in tende a forma di cerchio, sistemate su ruote. In questo modo potevano essere trainate da buoi . Gli uomini si dedicavano a due attività: allevare gli animali e fare la guerra. Erano abili guerrieri che sapevano cavalcare in modo eccezionale, anche perché si servivano della staffa. Nessun altro popolo allora usava questo attrezzo, che consente di appoggiare i piedi e di dirigere meglio il cavallo. Erano esperti nell’uso dell’arco e delle frecce, che scagliavano dai cavalli in corsa. Si servivano di un arco piccolo e resistente, costruito con pezzi di corno di bue, con il quale lanciavano le frecce a lunga distanza e con potenza micidiale.

Il regno degli Unni

Nel V secolo d.C. gli Unni si spostarono verso l’Europa alla ricerca di pascoli e di bottino. Con saccheggi devastanti e improvvisi seminavano il terrore sulla loro strada. Nel 443 il loro re, Attila, dopo avere ucciso il fratello Bleda che gli contendeva il potere, unì varie tribù. Le lanciò in imprese di guerra e di saccheggio. Mise a ferro e a fuoco città e campagne dell’impero e si spinse fino a Costantinopoli. La capitale d’Oriente riuscì a salvarsi soltanto perché le truppe di Attila non erano esperte nelle tecniche d’assedio.

La fine dell’Impero romano d’Occidente

L’anno successivo Attila irruppe in Italia devastando Aquileia, Milano, Padova e altre città del nord. Si spinse fino alle porte di Roma, ma i suoi uomini vi arrivarono stremati dalla fame e dalle malattie. Fu perciò facile trattare una tregua. Il papa Leone I condusse le trattative, in sostituzione dell’imperatore, la cui autorità era ormai in declino. Poco dopo, esattamente nel 476, Odoacre, capo di un esercito di mercenari germanici al servizio di Roma, depose l’imperatore Romolo Augustolo. Questo atto stabiliva la fine ufficiale dell’Impero romano d’Occidente.

LEGGERE le CARTE

L’espansione degli Unni

La formazione del Regno unno e le spedizioni degli Unni all’interno dell’Impero romano.

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