Camminare per convertire
La religiosità degli eremiti orientali fu imitata in Europa e ottenne successo nei luoghi di confine, dove i pochi cristiani erano circondati da popolazioni germaniche che praticavano altri culti. A diffondere il Vangelo furono i monaci itineranti (cioè che viaggiano, che si spostano continuamente). Essi si spostavano di villaggio in villaggio. Si spingevano in località remote, affrontando viaggi pieni di disagi e pericoli. Il loro scopo era la pacifica conversione di popoli pagani o ariani.
Da eremiti a monaci
Con il passare del tempo, i fedeli che imitarono sant’Antonio decisero di vivere in comunità, per affrontare insieme le tante difficoltà di un luogo inospitale come il deserto. Sorsero così le prime comunità di monaci, le quali stabilirono alcune regole di convivenza. Ogni monaco (dal greco monakos, «solitario») conviveva con un gruppo di uomini che, come lui, avevano scelto una vita dedicata esclusivamente alla preghiera. Seguivano uno stile di vita molto semplice. Si cibavano una sola volta al giorno e spesso digiunavano per più giorni consecutivi. Ad esempio, la dieta di sant’Antonio consisteva in pane, sale e acqua. Aggiungeva qualche volta olive, verdure secche e olio.
Benedetto da Norcia
Le esperienze degli eremiti e dei primi monaci fornirono l’ispirazione per una grande riforma religiosa. A realizzarla fu Benedetto, nato a Norcia, in Umbria, intorno al 480 d.C. Di famiglia agiata, Benedetto aveva studiato a Roma. Poi si era ritirato per tre anni in una grotta a Subiaco, nel Lazio, vivendo da eremita. Intorno a lui però si riunirono molti giovani, attratti dal suo esempio. Benedetto pensò così di organizzare la vita in comune di questi monaci. Tuttavia la novità del suo esempio gli attirò molti nemici, che lo costrinsero a fuggire. Giunto a Cassino, in Lazio, fondò un grande monastero sul monte dove prima sorgeva un tempio pagano. Nelle vicinanze costruì un altro monastero, diretto da sua sorella, di nome Scolastica. Benedetto propose ai suoi monaci uno stile di vita ben diverso da quello degli eremiti. Propose la penitenza, la moderazione e la preghiera, ma anche il lavoro intellettuale e fisico. Benedetto morì nel 547, poco dopo la scomparsa della sorella Scolastica, con cui ebbe sepoltura comune. Intanto l’ordine dei benedettini, da lui fondato nel 529, si stava diffondendo in tutta Europa grazie anche all’appoggio dei papi, in particolare di Gregorio Magno, e dei sovrani. Già subito dopo la morte Benedetto fu venerato come santo.
La Regola di san Benedetto
Intorno al 540, nel monastero di Montecassino, Benedetto aveva scritto la Regola, un testo che stabiliva l’ordinamento della sua comunità di monaci. La basò sulla disciplina e sul rispetto per la personalità umana e per le capacità individuali.
I punti fondamentali della Regola sono due:
• il primo consiste nell’obbligo di risiedere tutta la vita nel monastero, per evitare il vagabondaggio, allora diffuso tra i monaci;
• il secondo consiste nella buona condotta morale, nella reciproca sopportazione e nell’obbedienza all’abate. L’abate era il «padre amoroso» (il nome deriva dal siriaco abba, «padre»), cioè la massima autorità dell’abbazia e la guida dei monaci. I monaci benedettini erano invitati a dedicare il loro tempo a varie occupazioni, alternando lavoro e preghiera. È quanto fu fissato nel motto dei benedettini, ora et labora, cioè «prega e lavora».
I monasteri come aziende agricole
I benedettini non solo pregavano e predicavano la parola di Dio, ma lavoravano come contadini nei campi ed erano anche artigiani, perché costruivano da sé gli attrezzi agricoli e altri utensili. Intorno a ciascun monastero benedettino si raggruppò una popolazione di contadini, che lavoravano le terre di proprietà del monastero stesso e si ponevano sotto la protezione dell’abate. Questi si occupava di tante questioni relative ai villaggi agricoli: amministrava la giustizia, risolveva le liti, stabiliva quanti tributi far pagare. Nelle terre dei benedettini il lavoro aveva un significato speciale: tutti lavoravano nella convinzione che la loro fatica fosse simile alla preghiera e servisse a rendere l’uomo più gradito a Dio. Era un modo per acquisire durante la vita dei meriti che potevano garantire, dopo la morte, la salvezza eterna.
LE DISTRUZIONI DELL’ABBAZIA DI MONTECASSINO
La celebre abbazia di Montecassino subì diverse distruzioni nella sua lunga storia. L’ultima fu nella Seconda guerra mondiale. L’abbazia sorgeva vicino alla linea di difesa che i tedeschi avevano stabilito per fermare l’avanzata degli inglesi e degli americani. Questo la mise al centro di una lunga battaglia. Nel febbraio del 1944 fu bombardata dagli anglo-americani, che la distrussero. Nel dopoguerra si impegnarono poi nella ricostruzione.
L’abbazia di Montecassino come si presenta oggi.