Gli Inca

Il popolo delle montagne

In un ampio territorio dell’America meridionale, tra la catena delle Ande e l’oceano Pacifico, s’impose, a partire dal XIII secolo, il popolo degli Inca.
Ai vertici della loro società vi erano l’imperatore, chiamato sapa, e un gruppo di nobili. La nobiltà incaica godeva di ampi privilegi, quali l’esenzione dalle tasse, l’educazione in scuole esclusive, la possibilità di avere più mogli. Sacerdoti, indovini e guaritori formavano un gruppo a parte, che godeva di grande prestigio.

Contadini senza buoi e aratri

L’imperatore aveva la proprietà di tutte le terre, che venivano poi divise, per coltivarle, fra la popolazione. Le piantagioni più diffuse erano quelle della patata, della quinoa (una specie di riso delle montagne) e del mais, una pianta considerata sacra. Accanto al mais l’agricoltura americana forniva una estrema varietà di risorse alimentari, che davano gli ingredienti per una cucina ricca e molto variata, come le zucche, i fagioli e i pomodori.
Queste piante erano coltivate su terreni a terrazza ricavati sui ripidi pendii delle Ande e irrigati per mezzo di una fitta rete di canali. Gli Inca, come tutte le altre civiltà americane, prima dell’arrivo degli europei non conoscevano l’esistenza dei cavalli e dei buoi. L’animale di maggiori dimensioni allevato dagli Inca era il lama, impiegato principalmente per i trasporti. Come i Maya e gli Aztechi, anche gli Inca non conoscevano l’uso della ruota e dell’aratro.
Per confezionare vestiti e mantelli, utilizzavano le lane di vigogna, alpaca e guanaco, animali allevati in grandi greggi che pascolano tra i 3000 e i 5000 metri di altitudine, sulle Ande.

Statuetta di lama in oro, di fabbricazione incaica e conservata al British Museum di Londra.

Strade e ponti, da una montagna all’altra

Abili ingegneri e architetti, gli Inca si dedicarono alla costruzione di opere idrauliche (canali, acquedotti e dighe) e di una lunga rete stradale, che raggiungeva i 40 000 chilometri, collegando tra loro i principali centri abitati dell’impero. La rete viaria attraversava le montagne e valicava profonde gole. Poiché gli Inca non usavano la ruota per i trasporti, e conobbero i cavalli dopo l’arrivo degli spagnoli, le strade erano percorse a piedi. Qui transitavano di corsa le staffette di corrieri umani del servizio postale, che percorrevano fino a 240 chilometri al giorno.
Dove non era possibile costruire strade, gli Inca realizzarono scalinate e ponti sospesi su precipizi. Erano costruiti con corde vegetali intrecciate e fissate all’estremità su pilastri di pietra scolpiti nella roccia. Benché sembrassero molto insicuri, quei ponti erano assai resistenti e sono tutt’oggi utilizzati dagli abitanti delle Ande, che continuano a mantenerli in funzione.

Le rovine della città di Písac Inca, che fu costruita a circa 3600 metri di altitudine su una terrazza formata da terreno portato dalle pianure sottostanti.

GLI INVENTORI DEI SURGELATI

La quinoa è un alimento molto energetico, poiché contiene il 12-16% di proteine e il 7% di grassi, oltre a carboidrati, ferro e magnesio. Con questi semi macinati, gli Inca preparavano delle polpette chiamate «palle di guerra», perché erano le razioni alimentari che i guerrieri portavano con sé durante le spedizioni militari.
Gli Inca svilupparono efficaci tecniche di conservazione del cibo. Ciò era necessario sia per i soldati, che a volte dovevano marciare per mesi, sia per le popolazioni delle zone di alta montagna, dove il clima era molto rigido e i raccolti potevano essere scarsi. Per esempio, le patate venivano prima essiccate al sole e poi surgelate durante le gelide notti delle Ande. Infine erano macinate. Questa «polvere di patate» poteva conservarsi molto a lungo. Al momento di mangiarla, veniva disciolta in acqua. Un procedimento analogo di essiccazione-surgelazione era adoperato per la carne, tagliata in strisce sottili.

L’organizzazione dello stato

Gli Inca inventarono un metodo di tipo matematico per amministrare e governare la popolazione. Questa era divisa in gruppi di dieci famiglie che formavano una decuria. Dieci decurie formavano le centurie e così via, sino ai livelli superiori. Ognuno di questi gruppi aveva un suo responsabile che sorvegliava l’ordine pubblico, distribuiva le tasse, provvedeva a che la vita di tutti si svolgesse in tranquillità.
Gli Inca tenevano un’attenta contabilità delle cose e delle persone. A questo scopo si servivano di originali strumenti, chiamati quipu, formati da una serie di cordicelle, varie per lunghezza, colore e spessore. Ogni nodo indicava valori numerici e ogni colore categorie differenti. I quipu servivano per contare animali, merci, popolazione, giornate di lavoro. Erano utilizzati anche per misurare il tempo. Solo alcuni uomini più istruiti potevano usarli. Ancora oggi i pastori delle Ande contano i capi di bestiame con un metodo simile.

Cuzco, l’«ombelico» dell’impero

La capitale dell’Impero inca era Cuzco, un nome che in lingua originale significa «ombelico». Questo nome le fu dato perché si trovava nel mezzo del territorio dell’impero, a oltre 3000 metri di altezza, nelle Ande centrali. Fondata nel 1100 d.C., fu il centro politico e spirituale dell’impero. La sua forma assomigliava a quella di un puma. Le piazze centrali, i principali edifici e i templi occupavano la posizione del petto dell’animale, mentre la collina dove sorgeva la cittadella fortificata corrispondeva alla testa del puma.
Il luogo sacro più spettacolare della città era il Tempio del Sole, con i muri interni rivestiti di oro e statue, anch’esse d’oro, di gigantesche dimensioni.
L’oro e i minerali preziosi come l’argento, il rame e il platino venivano estratti dalle numerose miniere dell’impero e utilizzati anche per creare gioielli.

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La più lunga strada del mondo

Con queste parole, nel 1548, un soldato spagnolo descriveva l’ampia strada lastricata di pietra nota come Camino Real che partiva da Quito (oggi in Equador), attraversava Cuzco e percorreva i 5200 km fino all’odierna città argentina di Tucumán.
"Gli Inca costruirono la più grandiosa strada del mondo e anche la più lunga, che passa per vallate profonde e montagne altissime, su cime nevose, cascate d’acqua, attraverso la roccia viva e lungo le sponde di sinuosi torrenti e, a intervalli regolari, si trovano luoghi di sosta, depositi di provviste e Templi del Sole."

Il soldato spagnolo restò altrettanto impressionato dalla città di Cuzco.
"La città di Cuzco è piena di palazzi signorili, perché gente povera non ce n’è. Ogni persona di riguardo costruisce qui la sua casa. Queste case sono costruite per la maggior parte in pietra e le rimanenti hanno di pietra la metà delle facciate. Vi sono anche molte case fatte di mattoni di argilla. Sono ben allineate in strade ad angoli retti. Tutte le strade sono lastricate e ciascuna ha nel mezzo un rigagnolo. Sulla vetta della città sorge una fortezza costruita in pietre e mattoni. Vi sono edifici adibiti a magazzini e contenenti coperte di lana, armi, metalli, vestiti e tutto ciò che viene prodotto nel paese. Ve n’è uno in cui sono immagazzinati più di centomila uccelli impagliati, perché con le loro penne variopinte si confezionano abiti."
(cit. in G. Bandinelli, Civiltà precolombiane)

Il maestro del mondo e la Madre Luna

Gli Inca credevano in molti dèi e li associavano a fenomeni della natura. Il dio creatore era chiamato Viracocha, che significa «Signore e maestro del mondo ». Lo consideravano il creatore della Terra e di tutti gli esseri viventi. Inti invece era il dio del Sole, che proteggeva l’imperatore e la sua famiglia. Era considerato l’antenato di ogni sovrano inca. La Madre Luna curava la vita delle donne. Al dio della Pioggia riservavano feste particolari, nel corso delle quali compivano sacrifici, anche umani, soprattutto nei tempi di siccità.
Gli Inca avevano una loro cosmologia, ossia un racconto favoloso dell’origine del mondo e degli uomini. Suddividevano la storia del mondo in cinque fasi. La prima era simile all’Età dell’oro, come l’avevano inventata gli antichi Greci. Nelle fasi successive gli uomini avevano imparato a coltivare i campi, allevare gli animali, conoscere le leggi della natura.


Il portone di un tempio incaico in Tiwanaku, nell’attuale Bolivia.

SACRIFICI UMANI E MUMMIE

Gli Inca praticavano sacrifici umani, soprattutto di bambini, per chiedere favori agli dèi, come quello di far piovere, quando la siccità imperversava. Una volta sacrificati, alcuni corpi venivano mummificati. Le mummie erano avvolte in una grande quantità di tela grezza. All’interno erano posti oggetti di uso quotidiano. A differenza degli Egizi, non imbalsamavano le mummie, ma le seppellivano in luoghi asciutti e sigillati. Alcune di queste mummie sono giunte sino a noi. In certi casi sono state protette dai ghiacci delle montagne, dove quelle vittime erano salite per essere sacrificate agli dèi.
Nell’immagine vedi la mummia, in perfetto stato di conservazione, di una ragazza quindicenne che cinquecento anni fa fu sacrificata insieme con i suoi figli.

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