Che cosa è l’Illuminismo?

Il significato della parola

Alcuni sovrani che nel Settecento attuarono importanti riforme (come hai visto nel capitolo precedente) intrattenevano rapporti di amicizia con uomini di cultura: leggevano i loro libri, li invitavano nelle loro regge per conoscerli di persona, discutevano con loro. In qualche caso le riforme che i sovrani e i loro ministri realizzarono furono ispirate dalle idee di quegli intellettuali. Un ruolo importante fu svolto dagli illuministi, così chiamati perché seguivano le idee dell’Illuminismo. Il termine Illuminismo è la traduzione di una parola francese che significa «i lumi», espressione che richiama l’immagine della luce.

La luce che rischiara la vita

La luce, a cui pensavano gli illuministi, era quella derivante dall’intelletto umano, ossia dalla ragione, capace di osservare ogni aspetto della realtà, di capirla e di discuterla liberamente. La ragione, quindi, è una luce che illumina la realtà, in modo che gli uomini la comprendano. Grazie all’uso della ragione, l’uomo poteva lasciarsi alle spalle un passato di oscurità (cioè di false opinioni, di superstizioni, di ignoranza e di infelicità). Gli illuministi si proponevano dunque un obiettivo molto concreto: aiutare gli uomini a raggiungere il benessere e la felicità abbandonando le false credenze e seguendo il progresso, la scienza e la ragione.

Voltaire e la libertà

La Francia fu la patria dell’Illuminismo, che poi si diffuse in tutta Europa a partire dalla metà del XVIII secolo. Voltaire fu tra i principali illuministi francesi. Scrittore di commedie, poeta, storico, Voltaire rappresentò una nuova figura di intellettuale. Nei secoli precedenti molti uomini di cultura erano stati al servizio di un re o di un papa o di un ricco signore, che li mantenevano e proteggevano. Era ovvio che questi intellettuali avevano un debito di riconoscenza verso i loro protettori: perciò non avrebbero mai osato esprimere opinioni che potessero scontentare i loro signori. La vita di Voltaire fu ben diversa e fu la prova che qualcosa stava cambiando. Egli scrisse molte opere, le pubblicò ed ebbe un vasto pubblico di lettori. Dalla vendita dei libri ricavò i suoi guadagni: fu uno dei primi scrittori al mondo a vivere con i soldi degli editori che pubblicavano i suoi libri.

Come si conquista la libertà?

Secondo Voltaire, la libertà si conquista innanzi tutto criticando le Chiese, che egli riteneva responsabili del fanatismo religioso. Il fanatismo è quell’atteggiamento che porta a perseguitare tutti coloro che la pensano diversamente. Voltaire ricorda che, in nome di una fede, si erano combattute guerre e compiuti gravi delitti. Ciò non significa che Voltaire fosse ateo, cioè che non credesse in Dio. Tutt’altro: credeva nel Dio creatore del mondo, nel Dio che aveva messo nell’animo di ogni uomo la legge della giustizia e dell’amore. La sua, però, era una religione senza Chiese, senza verità imposte con la forza. Una religione tollerante, umana, fatta di poche regole morali. Una su tutte: «Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te», come è scritto nel Vangelo.

Gli illuministi contro l’assolutismo

Nel campo della politica, tutti gli illuministi criticarono i governi assoluti, cioè quelli in cui il re ha tutti i poteri e li esercita senza nessun limite e controllo. Si divisero però nella ricerca delle soluzioni. Alcuni erano favorevoli alla monarchia, purché non fosse assoluta. Ad esempio, Voltaire ammirava i sovrani che facevano grandi riforme, come Caterina II in Russia e Federico II in Prussia. Ammirava anche l’Inghilterra, dove il re governava controllato e limitato dal Parlamento.

STRUMENTI di STUDIO

LA PREGHIERA DI VOLTAIRE
Nel 1763 Voltaire scrisse il Trattato sulla tolleranza, un testo fondamentale sulla libertà religiosa e sul rispetto delle opinioni altrui. Il libro riporta anche la famosa preghiera con cui Voltaire si rivolge a Dio. Eccone un passo.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati «uomini» non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione. Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!

In classe, con l’insegnante e i compagni, leggi il testo di Voltaire, commentalo e discutilo. Esercitatevi a un confronto delle idee, condotto nel rispetto delle opinioni degli altri, proprio come voleva Voltaire.
Poi scrivi sul quaderno di storia una tua preghiera a favore della tolleranza.

Lo spirito delle leggi

Sui temi della politica fu pubblicato nel 1748 un libro che riscosse un grande successo: Lo spirito delle leggi del francese Montesquieu. Egli presentò i risultati di un’indagine sui sistemi di governo del suo tempo. Ne identificò tre. Il primo era la democrazia, ossia il governo del popolo. Montesquieu pensava che la democrazia funzionasse come nell’antica Grecia, cioè con la partecipazione di tutti alle decisioni. Credeva che tale sistema fosse adatto solo a stati di piccole dimensioni, come la Repubblica di Venezia o la Svizzera. Il secondo sistema era il dispotismo. Si basava sulla paura che l’autorità del sovrano incuteva nei sudditi. Era tipico dei paesi asiatici, come l’Impero turco. Il terzo era la monarchia, prevalente nella storia dell’Europa: a esso Montesquieu rivolse la sua attenzione.

LEGGERE le IMMAGINI

A tavola con il re
Questo dipinto mostra alcuni uomini seduti a tavola: si tratta di un pranzo tenuto nella reggia di Federico II a Sanssouci.

La separazione dei poteri

Secondo Montesquieu, bisognava impedire che la monarchia degenerasse in dispotismo. Perciò egli consigliava di introdurre la separazione dei poteri.
I poteri di uno stato, infatti, sono tre:
• il potere legislativo (fare le leggi);
• il potere esecutivo (mettere in pratica le leggi);
• il potere giudiziario (giudicare chi non rispetta le leggi).
I tre poteri devono essere separati. Le persone che fanno le leggi non devono essere le stesse incaricate di eseguirle. Ad altre persone ancora va affidato il compito di amministrare la giustizia. Se i tre poteri non sono separati, si rischia il dispotismo, perché una sola persona (o un gruppo) può governare praticamente senza limiti e controlli.

Rousseau e la democrazia

Jean Jacques Rousseau, uno degli intellettuali più famosi del Settecento, fece una critica radicale alla società, colpevole di negare l’uguaglianza tra gli uomini. La causa di ogni disuguaglianza era, secondo lui, la proprietà privata. Scrisse Rousseau nel 1755: «Il primo uomo che recintò un terreno e dichiarò: - questo è mio -, e trovò persone tanto semplici da credergli, fu il vero fondatore della società. Gli uomini erano nati liberi e uguali fra loro, ma quando fu introdotta la proprietà privata sorsero i contrasti e le diversità tra ricchi e poveri. I delitti, le guerre, le miserie del genere umano derivano di lì». Rousseau riconosceva però che era impossibile ritornare all’epoca in cui l’uomo viveva senza leggi e senza la proprietà privata. Perciò, nel suo libro più famoso, Contratto sociale (1762), sostenne che tutti i poteri appartengono al popolo, unico sovrano. Quella da lui descritta è una democrazia, cioè un sistema nel quale il popolo elegge liberamente coloro che lo governano e può, di conseguenza, sostituirli con altri.

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