CULTURA & mentalità

I simboli della rivoluzione

ABITI, DANZE, FESTE

Moda in rosso, bianco e blu
Come in tutti i grandi cambiamenti che segnano la fine di un’epoca, anche nel modo di vestire la gente volle «dare un taglio» al passato. Già nell’estate del 1789 per le strade delle città francesi era difficile incontrare uomini e donne che seguissero la moda che ancora pochi mesi prima trionfava. I cittadini indossarono abiti più semplici, dove dominavano i colori della bandiera della rivoluzione: il rosso, il blu e il bianco.

Il berretto frigio
Nell’estate del 1791 si diffuse un copricapo che divenne rapidamente il distintivo della rivoluzione: il berretto frigio. Era un berretto rosso con la punta ripiegata sul davanti. Per tutta la Rivoluzione francese fu simbolo della libertà. Lo si chiamava «frigio» perché ritenuto originario della Frigia, antica regione dell’Asia Minore. Comunemente era anche chiamato bonnet rouge, «cappello rosso». I parigini credevano che fosse indossato nell’antica Roma dagli schiavi liberati: per questo ne fecero il simbolo della rivoluzione che abbatte il dispotismo dei sovrani.

La carmagnola
Il vero abito rivoluzionario si impose alla fine del 1792. Quell’abito fu chiamato carmagnola, dal nome di un paese vicino a Torino. Era indossato dagli operai piemontesi che emigravano ogni stagione nel Sud della Francia. La carmagnola consisteva in una giacca larga e corta, fatta di tela grezza e di colore scuro; di un gilet a righe rosse; di pantaloni larghi e sformati. Indossare la carmagnola era un segno immediato di riconoscimento: significava essere un vero rivoluzionario, un nemico degli aristocratici e del re.

Cappello nero a tricorno, ossia a tre punte.

Abito di seta (talvolta con bordi ricamati) sopra la camicia e il farsetto.

Culottes, cioè corti calzoni che si chiudevano sotto il ginocchio.

Lunghe calze bianche.

Scarpette con la fibbia.

Il berretto.

Gli zoccoli calzati sui piedi nudi.

Il fazzoletto annodato al collo.

La carmagnola.

Il gilet a righe rosse.

I pantaloni lunghi fino alla caviglia, scuri e larghi.

Nuovi modi di divertirsi e… di pregare
Una danza di gioia e speranza
Ma negli anni della rivoluzione, la carmagnola non fu soltanto un capo di abbigliamento. Fu anche una danza popolare che divenne di gran moda. Per i tempi, era un ballo «scatenato»: i danzatori facevano saltelli e giravolte, ma soprattutto si tenevano per mano e si abbracciavano. Era una danza ben diversa dai balli lenti e rituali dell’aristocrazia, come il minuetto. La carmagnola manifestava l’entusiasmo per gli eventi rivoluzionari e un desiderio di «fratellanza» che si esprimeva, appunto, nei gioiosi contatti fisici.

Un albero con il berretto
Un altro simbolo rivoluzionario fu l’albero della libertà. Si trattava di un alberello o semplicemente di un lungo bastone in cima al quale era posto un berretto frigio. Il primo, si racconta, fu piantato proprio il 14 luglio 1789 presso la Bastiglia appena conquistata.

Divinità nuove, ma poco amate
Durante gli anni della rivoluzione, furono introdotte nuove divinità da venerare durante grandiose cerimonie. La più spettacolare si teneva a Parigi, per festeggiare la Dea Ragione. Il rito avveniva all’interno della repubblicacattedrale di Nôtre-Dame, dove fino a pochi mesi prima l’arcivescovo di Parigi aveva celebrato ogni domenica la messa solenne. Tolte le statue di santi, le candele e i quadri religiosi, al fondo della cattedrale fu eretto un piccolo tempio di forma circolare, davanti al quale ardeva la Fiaccola della Libertà.
I nuovi culti, però, non convinsero la maggioranza dei francesi. I contadini rimasero legati alla religione cattolica, alle loro chiese e ai loro parroci.

Una gran folla assiste alla Festa dell’Essere Supremo, una delle divinità laiche che furono introdotte durante il periodo rivoluzionario (precisamente nel 1794). Dipinto di Pierre-Antoine Demachy, 1794.

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