La maggior parte dei carbonari era costituita da borghesi e da militari. Le riunioni di carbonari si tenevano in luoghi nascosti, cioè in grotte, nei boschi, in cascine lontane dalle strade, nelle cantine dei palazzi. I carbonari avevano anche un loro santo protettore: san Teobaldo, un eremita vissuto nel Medioevo, carbonaio e cacciatore di lupi. Come lui, i carbonari volevano cacciare i lupi (cioè gli austriaci) dalla foresta (l’Italia).
Il giuramento
I carbonari si chiamavano tra loro «buoni cugini». Giuravano di mantenere il segreto della setta, pena la morte, come recitava la formula che leggeva ogni nuovo associato: «Consento, se vengo meno al giuramento, che il mio corpo sia fatto a pezzi, bruciato e le ceneri sparse al vento, perché il mio nome sia oggetto di disprezzo dei buoni cugini di tutta la terra. Che Dio mi assista». L’organizzazione era di tipo militare e prevedeva tre gradi: apprendista, maestro e gran maestro. I vari gruppi di carbonari si chiamavano vendite o baracche: ognuno comprendeva una decina di associati. Il gran maestro coordinava l’azione delle varie vendite.
Le carbonare
Anche le donne furono attive nelle società segrete, segno di quel protagonismo femminile che la Rivoluzione francese aveva animato. Si differenziarono dagli uomini, costituendo una loro associazione. Nell’Italia del nord la chiamarono la Società delle Giardiniere e la organizzarono in due livelli, di apprendista e di maestra. Quelle ammesse al grado superiore erano autorizzate a portare un piccolo pugnale, nascosto tra le calze. Metilde (imitazione del francese Métilde) Viscontini Dembowski fu una donna milanese attiva nella Carboneria. Il marito era un militare polacco, che il servizio nell’esercito di Napoleone aveva portato a Milano, dove conobbe e sposò la giovane Metilde. Fu un matrimonio di interesse, voluto dalla famiglia di lei. Metilde si separò dal marito, accusato di violenza (fu uno dei primi divorzi voluto da una donna). Poi entrò in una società segreta che lottava per la libertà e l’uguaglianza. Fu posta sotto controllo dalla polizia, che cercò di farle confessare i nomi dei suoi compagni politici. Ma Metilde non parlò.