Barricate a Parigi
Il ritorno all’ordine
Il governo repubblicano della Francia adottò provvedimenti democratici: suffragio universale per tutti i maschi sopra i 21 anni, totale libertà di stampa, abolizione della schiavitù nelle colonie oltreoceano. Inoltre approvò riforme di carattere sociale: riduzione a 10 ore della giornata di lavoro, apertura degli uffici di collocamento per combattere la disoccupazione e creazione degli Ateliers nationaux («Fabbriche nazionali»), che erano aziende dello stato che dovevano dare lavoro alle migliaia di disoccupati. L’esperimento delle fabbriche nazionali, voluto dai socialisti, non diede, però, risultati positivi, così che a pochi mesi dalla loro apertura il governo le chiuse. Non appena si seppe di questa decisione, operai e artigiani di Parigi tornarono a manifestare in piazza, ma non trovarono appoggio né tra i deputati del Parlamento né tra i ministri del governo repubblicano. Anzi, il governo ordinò all’esercito di sparare contro la folla: si contarono oltre 5000 morti. La strage segnò la svolta in senso conservatore: presidente della Repubblica fu eletto Luigi Napoleone, nipote di Napoleone Bonaparte e capo dei parlamentari che volevano il ritorno all’ordine.LO STATUTO ALBERTINO
Il re di Sardegna Carlo Alberto promulgò lo Statuto il 4 marzo 1848. Lo Statuto prevedeva che il potere legislativo spettasse al Parlamento, diviso in due Camere: la Camera dei deputati, elettiva, e il Senato, nominato dal re. Gli aventi diritto al voto per la Camera erano pochi: 80 000 su circa 5 milioni di abitanti, ossia circa il 2% della popolazione. A ogni deputato corrispondevano circa 300 elettori: ciò dà la misura del rapporto molto stretto tra gli elettori e i loro rappresentanti. Infatti soltanto i cittadini maschi, non analfabeti e con un reddito elevato potevano votare. Il governo era nominato dal re, ma composto da uomini che dovevano avere la fiducia del Parlamento. Il re nominava i giudici. Lo Statuto sarà esteso al Regno d’Italia mano a mano che questo si formerà e resterà in vigore fino al 1° gennaio 1948, quando entrerà in vigore la Costituzione della Repubblica italiana.
Il Lombardo-Veneto si ribella agli austriaci
La Prima guerra di indipendenza
Fu allora che il re di Sardegna Carlo Alberto si decise a intervenire a fianco dei milanesi e contro l’Austria. Il suo esercito entrò nel Lombardo-Veneto per conquistarlo e unirlo al Piemonte. Era il gesto che i patrioti si attendevano, perché in questo modo potevano contare sull’appoggio di un vero esercito. Alla guerra del Piemonte contro l’Austria aderirono soldati inviati dalla Toscana e dal Regno di Napoli. Ai soldati si unirono dei volontari, cioè studenti universitari e diversi seguaci di Mazzini, ritornato dall’esilio. Si formò così una strana alleanza tra i soldati piemontesi e i patrioti volontari. I primi combattevano per il loro re nella prospettiva di un’espansione del Piemonte (guerra dinastica); i secondi combattevano per un ideale, l’unità d’Italia (guerra patriottica). La speranza che queste forze trionfassero sull’esercito austriaco fu però presto delusa. Carlo Alberto fu sconfitto a Custoza nel luglio del 1848. Alla sconfitta seguì l’armistizio, firmato tra l’Austria e il Piemonte. A quel punto i patrioti volontari si trovarono privi di un appoggio militare e abbandonati al loro destino.LO SCIOPERO DEL FUMO
A scatenare la rivolta milanese del marzo 1848 fu un episodio secondario. Il governo austriaco aveva aumentato le tasse sul tabacco e sui sigari. I milanesi, per protesta, decisero di fare lo sciopero del fumo: se nessuno comprava più sigari, venivano danneggiati gli interessi economici dello stato austriaco. Per questo il generale austriaco Radetzky, governatore di Milano, mandò in giro i suoi soldati a fumare sfacciatamente sigari per le strade. La mattina del 18 un cittadino, che aveva protestato, fu arrestato. Mentre i soldati lo portavano via, la gente accorse in suo aiuto e lo liberò. Fu la scintilla della rivolta, che in breve dilagò in tutta la città.