Italia protagonista

Le repubbliche del 1849

Nei mesi in cui venivano sconfitti in Europa, i rivoluzionari presero l’iniziativa in Italia. In Toscana i patrioti democratici formarono un governo popolare. A Venezia proclamarono la repubblica, cominciando a organizzare la difesa militare contro il temuto intervento degli austriaci. Lo stesso fecero a Roma, dove dichiararono decaduto lo Stato pontificio. Costrinsero il papa Pio IX all’esilio e proclamarono la repubblica (febbraio 1849). A guidarla fu un gruppo di tre persone (triumvirato), composto da Giuseppe Mazzini, dal suo amico Aurelio Saffi e da Carlo Armellini, un aristocratico di idee moderate. Il papa Pio IX, dal suo rifugio di Gaeta (una città del Regno delle Due Sicilie), lanciò un appello agli stati cattolici perché intervenissero in suo aiuto e lo riportassero al potere a Roma. Intanto in difesa della Repubblica romana arrivarono centinaia di volontari, tra cui Giuseppe Garibaldi, famoso per le imprese militari compiute nell’America del Sud.

La rivoluzione sconfitta

Incoraggiato dalle rivoluzioni di Venezia e di Roma, il re Carlo Alberto decise di ritornare sul campo di battaglia facendo nuovamente guerra all’Austria, ma per la seconda volta fu sconfitto. La battaglia decisiva fu combattuta presso Novara (23 marzo 1849). Costretto ad abdicare, si ritirò in esilio in Portogallo. Sul trono del Regno di Sardegna salì il figlio Vittorio Emanuele II. L’esito disastroso di Novara favorì la repressione nel nord e nel centro d’Italia. Nel luglio del 1849 la Francia inviò truppe per occupare Roma e restituirla al papa. L’esercito repubblicano non riuscì a fermarle, perciò il triumvirato fu costretto a firmare la resa (4 luglio 1849). Resisteva solo più Venezia, dove il capo dell’insurrezione, Daniele Manin, proclamò la resistenza contro gli austriaci che assediavano la città. Piegata dalla fame e da un’epidemia di colera, Venezia si arrese agli austriaci. Era il 23 agosto 1849. Quella data chiuse il biennio rivoluzionario in Italia e in Europa. 

Il Piemonte mantiene lo Statuto

Il fallimento delle rivoluzioni del 1848-1849 rafforzò la presenza austriaca in Italia. Nel Lombardo-Veneto la polizia vigilò ancor più di prima per impedire che i patrioti tornassero a far sentire la loro voce. Una congiura di mazziniani fu scoperta a Mantova e molti congiurati furono catturati e processati. Il tribunale emise 110 condanne, di cui 5 a morte: tra i condannati vi era anche un sacerdote, Enrico Tazzoli. Soltanto nel Regno di Sardegna non furono abrogate le leggi del 1848-1849. Il nuovo re Vittorio Emanuele II mantenne lo Statuto albertino, che garantiva la libertà di stampa e di associazione politica, le elezioni e il Parlamento. Così facendo, il Piemonte si guadagnò le simpatie dei liberali, sia moderati sia democratici. A Torino si rifugiarono molti esuli politici, che erano stati protagonisti delle rivoluzioni del 1848.

Comincia l’epoca di Cavour

Nel 1852 il re Vittorio Emanuele II scelse come primo ministro il conte Camillo Benso di Cavour, un nobile di idee liberali. Nato da una famiglia di agiati proprietari terrieri, Cavour aveva potuto conoscere la realtà di paesi stranieri quali la Svizzera, la Francia e l’Inghilterra. Di quest’ultima ammirava lo straordinario sviluppo economico. Nel 1847 fondò un giornale, «Il Risorgimento», e negli articoli che scrisse sostenne la necessità di moderne riforme sull’esempio dei paesi più evoluti d’Europa. Entrato in politica, occupò posti di rilievo: ministro nel 1850, due anni dopo fu nominato capo del governo.

Le riforme in Piemonte

Con la guida di Cavour, il governo piemontese avviò alcune riforme soprattutto in campo economico: eliminazione di barriere doganali, fondazione di moderne banche, costruzione di canali e di ferrovie per facilitare il trasporto e lo scambio delle merci. Inoltre favorì l’estensione della scuola elementare e riordinò l’esercito, su cui pesavano le due sconfitte di Custoza e di Novara del 1848-1849. Nel 1857 Cavour promosse la fondazione della «Società nazionale», un’associazione alla quale aderirono due prestigiosi personaggi: Daniele Manin, capo della repubblica di Venezia del 1849, e Giuseppe Garibaldi.

IL FALLIMENTO DI SAPRI

Fra i seguaci di Mazzini vi era Carlo Pisacane, un nobile napoletano che nel 1849 aveva combattuto a Roma in difesa della repubblica. Nel 1857 Pisacane guidò una spedizione di mazziniani che sbarcò a Sapri, al confine tra Campania e Basilicata. La sua intenzione era quella di sollevare le popolazioni del Sud contro i Borboni. Egli era infatti convinto che i contadini meridionali si sarebbero uniti ai suoi uomini per cacciare i Borboni dal trono. Ma le cose andarono ben diversamente: gruppi di contadini si unirono ai soldati borbonici nel dare la caccia ai mazziniani, che furono massacrati nei pressi di Salerno.

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