Il patto di Londra e l’intervento italiano
LA «BELLA MORTE»
Già nel corso della guerra coloniale in Libia, nel 1911-1912, in Italia si erano diffusi sentimenti nazionalisti e militaristi. Si era cominciato a parlare di guerra «bella», che avrebbe rafforzato gli animi degli italiani e avrebbe fatto diventare l’Italia una grande potenza. Persino si era parlato di «bella morte», capace di dimostrare le energie di un popolo in cerca di un suo spazio in Africa. I nazionalisti riproposero queste ambizioni imperialiste per sostenere la necessità di un intervento italiano nella Prima guerra mondiale, organizzando vivaci manifestazioni di piazza. Malgrado fossero una minoranza nel paese, riuscirono così a esercitare una forte pressione sul governo. Tra i più accesi sostenitori dell’intervento ci furono scrittori e pittori che appartenevano al movimento chiamato «Futurismo». Essi esaltarono la guerra come manifestazione di energia e di modernità. Qui vedi un dipinto futurista (Cannone in azione di Gino Severini, 1915), nel quale la guerra non è rappresentata nella sua drammatica realtà. È piuttosto un gioco di colori e di forme, dove gli uomini sembrano dei manichini.
Un anno di inutili massacri
IL FRONTE INTERNO
La guerra fu combattuta non solo dai soldati al fronte ma anche dalla popolazione civile, chiamata a sorreggere un impegno militare così imponente. Gli stati chiesero prestiti in denaro ai loro cittadini per pagare le forniture militari. Le industrie lavorarono a pieno ritmo per produrre armi, divise, mezzi di trasporto. Le donne furono chiamate a svolgere lavori che prima erano quasi esclusivamente riservati agli uomini. Molte di loro andarono a lavorare nelle fabbriche, al posto degli operai mandati al fronte come soldati. Le campagne si spopolarono: circa il 90% dei soldati italiani che morirono in guerra erano infatti contadini. Anche nelle campagne il lavoro delle donne e dei bambini sostituì quello dei maschi adulti.