La spartizione dell’Africa

Un’alternativa allo schiavismo

All’inizio dell’Ottocento il commercio più vantaggioso era quello degli schiavi neri africani, che però cominciò a diminuire quando gli inglesi imposero il divieto della schiavitù (1833). La fine della tratta degli schiavi spinse a sviluppare altri commerci che garantissero vantaggi per lo meno uguali. Osserviamo il caso dell’Inghilterra. Prima del 1808 le navi inglesi avevano trasportato in America circa i due terzi degli schiavi provenienti dall’Africa. L’economia di diverse città inglesi dipendeva dal commercio africano. Ad esempio, le industrie di Liverpool fornivano un centinaio di navi all’anno alle società che operavano in Africa; le città dell’industria cotoniera vendevano in Africa una parte consistente della loro produzione. Era quindi interesse di molti industriali e mercanti inglesi trovare dei prodotti africani da sostituire agli schiavi. E in Africa c’erano oro, avorio, legname, diamanti, caucciù per fabbricare la gomma e oli vegetali.

L’inizio della conquista coloniale

L’espansione coloniale in Africa procedette in modo rapido negli ultimi due decenni del XIX secolo. La spinta venne dall’apertura del canale di Suez (1869), che diminuiva di molto il tempo di percorrenza delle navi dal Mediterraneo all’oceano Indiano, perché consentiva di evitare la lunga e pericolosa circumnavigazione dell’Africa. L’opera fu realizzata dai francesi. Ne beneficiarono però gli inglesi, i quali acquistarono la Compagnia che gestiva il canale (1875) ed estesero la loro influenza a tutta l’Africa nord-orientale.

Inglesi in Africa: dal Cairo al Capo

Nel 1881 la Gran Bretagna iniziò l’occupazione dell’Egitto con un intervento militare. Proseguì verso sud, fino ad acquisire una grande fascia di territorio che partiva dal canale di Suez e arrivava al mar Rosso e all’oceano Indiano (Sudan, Uganda, Kenya, Somalia britannica). L’obiettivo era spingersi dal Cairo al Capo, ossia dall’Egitto alla punta meridionale dell’Africa. Nel sud (colonia del Capo) gli inglesi fecero guerra ai coloni olandesi (i boeri) che popolavano le zone ricche di oro e diamanti, fino a che non riuscirono ad annettersi i loro territori.

L’Africa francese

Oltre all’Inghilterra, anche la Francia realizzò una politica coloniale molto aggressiva in Africa. Completò la conquista dell’Algeria, iniziata qualche tempo prima. Ne fece una colonia di popolamento, ossia una zona nella quale favorire l’insediamento di cittadini francesi. L’Algeria divenne la base di partenza per l’espansione nell’Africa mediterranea, i cui paesi erano sotto dominazione turca, e nell’Africa occidentale. I francesi sottomisero la Tunisia e si presero tutta l’Africa sahariana.

La Conferenza di Berlino

Le potenze europee, sia quelle che già avevano messo insieme un buon bottino di terre africane sia quelle che si accingevano a imitarle, ebbero timore che le conquiste coloniali si trasformassero in motivo di conflitto tra loro. Decisero per questo di accordarsi. In un incontro tenutosi a Berlino (1884-1885) definirono le diverse aree di influenza e stabilirono che, da quel momento in poi, ogni occupazione territoriale doveva essere fatta conoscere e doveva essere approvata dalle altre grandi potenze. Dopo la Conferenza di Berlino, si spartirono grandi territori anche il Belgio (che conquistò il Congo) e la Germania (che occupò le attuali Tanzania, Namibia, Togo e Camerun).

L’Italia in Africa

Anche se non aveva partecipato alla Conferenza di Berlino, l’Italia decise di entrare nella competizione coloniale per ragioni di prestigio. Voleva infatti essere alla pari con le altre potenze europee, anche se non aveva raggiunto il loro livello di sviluppo economico. Inoltre molti in Italia pensavano che le colonie avrebbero fornito posti di lavoro: gli emigranti, si pensava, anziché andare in America, avrebbero potuto colonizzare terre italiane in Africa. Nel 1885 truppe italiane occuparono Massaua, sulla costa del mar Rosso, e di lì stabilirono il controllo della vicina zona costiera, che sarà chiamata Eritrea. Poco dopo si stanziarono nella regione nota come Somalia italiana. Nacque allora il progetto di conquistare l’Etiopia, per avere il possesso dell’intera zona geografica che si suole definire «Corno d’Africa». Il presidente del Consiglio Francesco Crispi favorì l’impresa, che però si risolse in una grave sconfitta militare (ad Adua, nel 1896).

Diffusione della cultura europea

L’emigrazione dei bianchi e la colonizzazione dell’Asia e dell’Africa diffusero la cultura europea. Le lingue francese e inglese divennero di uso comune a livello mondiale. Anche la religione contribuì a esportare la cultura dell’Europa: tutte le Chiese cristiane fecero un grande sforzo per diffondere la religione cattolica o protestante. L’Europa impose inoltre la sua competenza scientifica e tecnologica. I prodotti delle sue industrie invasero i mercati di tutto il mondo. Anche i sistemi politici vennero esportati: elezioni, parlamenti, partiti, sindacati, Costituzioni entrarono a far parte della vita dei popoli extraeuropei.

I PROTAGONISTI

David Livingstone, esploratore e missionario

Le grandi scoperte di Livingstone
David Livingstone era un missionario scozzese di religione calvinista, trasferitosi da giovane in Africa per fare opera di apostolato, cioè per convertire gli africani. Nel 1852 Livingstone intraprese un viaggio lunghissimo e massacrante nel continente africano, durante il quale esplorò zone dove nessun europeo prima di lui aveva mai messo piede. Fece sensazionali scoperte, come quella delle gigantesche cateratte del fiume Zambesi, che gli africani chiamavano «fumo tonante» e che egli battezzò «cascate Vittoria», in onore della regina d’Inghilterra. Iniziò metodiche osservazioni sul lago Tanganica e compì una spedizione alla ricerca delle sorgenti del Nilo, che tuttavia non riuscì a trovare. 

Incontro nel cuore dell’Africa
Nell’ultima delle sue esplorazioni perse i medicinali e i viveri mentre si trovava a oltre tremila chilometri di distanza dal più vicino centro abitato da europei. Inoltre venne abbandonato da alcuni portatori. Si trovò così prigioniero dell’Africa, ma riuscì a sopravvivere. Poiché l’esploratore non dava più notizie di sé, nel 1871, a Londra, fu organizzata una spedizione per rintracciarlo: la capeggiava il giornalista ed esploratore Henry Stanley. Sbarcato in Africa, Stanley intraprese una marcia attraverso paludi e foreste. Nove mesi dopo, il 28 ottobre 1871, finalmente Stanley ebbe la fortuna di incontrare Livingstone in un villaggio nei pressi del lago Tanganica. I due esploratori rimasero insieme per diversi mesi.


L’incontro tra Stanley e Livingstone nel cuore dell’Africa.

L’ultimo viaggio
Livingstone rifiutò di tornare in Inghilterra e, separatosi da Stanley, rimase nelle zone interne dell’Africa per altri due anni. Ma le fatiche, le privazioni, il clima malsano indebolirono il suo fisico. Morì nel 1873, mentre si trovava in un villaggio sperduto. I suoi portatori mummificarono il cadavere e, con un viaggio durato undici mesi, lo trasportarono per circa duemila chilometri fino a Bagamoy, di fronte all’isola di Zanzibar. Prelevato da una nave inglese, il corpo di Livingstone fu trasferito a Londra per essere sepolto nella celebre abbazia di Westminster.

Un europeo dalla parte degli africani
Livingstone incarnò la curiosità scientifica e lo spirito d’avventura del suo tempo. I suoi meriti di esploratore, le scoperte geografiche e la lotta sostenuta contro la schiavitù gli dettero vasta notorietà quando era ancora in vita. Del tutto diversa fu la figura di Henry Stanley, che viaggiava per ambizione personale e con scopi affaristici. Uomo violento, Stanley non esitò a compiere massacri di indigeni. Al contrario di Livingstone, che si spostava con pochi uomini di sua fiducia, Stanley si muoveva alla testa di spedizioni composte anche da settecento uomini, tra portatori e guide.

Le cascate Vittoria.

LEGGERE le IMMAGINI

La propaganda colonialista

Questa è la prima pagina di un giornale illustrato francese del 1911. L’immagine si riferisce alla conquista francese del Marocco, un paese del Nord Africa. In particolare, l’immagine vuole rappresentare in modo simbolico i benefici che la colonizzazione francese porta alla popolazione marocchina. È un documento molto interessante per capire che l’imperialismo veniva propagandato come una missione di civiltà.

La Francia è rappresentata come una donna giovane e splendente, che lascia cadere monete d’oro. Questo dettaglio vuole indicare che la colonizzazione porterà ricchezza e che i marocchini saranno grati alla Francia (come dimostra l’uomo che bacia il mantello della donna).

L’arretratezza e la povertà del Marocco sono simboleggiati da un vecchio contadino che spinge un primitivo aratro in legno.

Il testo sotto l’immagine dice: «La Francia porterà generosamente al Marocco la civiltà, la ricchezza e la pace». La conquista coloniale, quindi, viene presentata come una missione civilizzatrice a vantaggio di popoli poveri e primitivi, incapaci di sfruttare da soli le ricchezze della propria terra. Suona quasi ironico l’accenno alla pace: in realtà, negli anni, ci furono numerose rivolte della popolazione contro i francesi, che le repressero duramente.

La Francia porterà anche progresso e cultura, simboleggiati dal libro che due marocchini stanno sfogliando con un’espressione di interesse e curiosità.

StoriaFacile 3
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