La sconfitta della Russia
Alle potenze dell’Intesa, rafforzate dall’ingresso in guerra degli Stati Uniti, venne tuttavia a mancare l’alleato russo. Nel marzo del 1917, a Pietrogrado (l’attuale San Pietroburgo), operai e soldati insorsero contro il governo dello zar, e in tutto il paese scoppiò la rivolta a favore della pace. In ottobre una rivoluzione portò alla caduta definitiva dello zar. Il nuovo governo, guidato dal comunista Lenin, nel novembre del 1917 aprì le trattative con i tedeschi. Si giunse così alla pace di Brest-Litovsk (3 marzo 1918), con cui la Russia cedette alla Germania la Polonia orientale, i paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia) e l’Ucraina.La disfatta di Caporetto
Un altro momento di difficoltà per i paesi dell’Intesa fu vissuto nell’ottobre del 1917, quando l’Italia subì una disfatta che fece temere la definitiva sconfitta. Le linee militari italiane vennero travolte dall’attacco austriaco, sferrato nei pressi di Caporetto (oggi un comune della Slovenia). Con l’appoggio di sette divisioni tedesche, gli austriaci avanzarono gettando nello scompiglio l’esercito italiano. Caddero prigionieri circa 300 000 uomini; altrettanti si sbandarono; più di metà dei pezzi dell’artiglieria andò perduta.LA GUERRA IN AFRICA E IN ASIA
I «ragazzi del ‘99»
Caporetto: di chi fu la colpa?
La tragedia di Caporetto fu così grave e destò una tale impressione sull’opinione pubblica che la parola «Caporetto» è rimasta nel linguaggio comune per indicare una sconfitta rovinosa. Sulle ragioni di una tale sconfitta, le opinioni furono contrastanti. Gli alti comandi italiani, e in primo luogo il generale Cadorna, non ammisero mai alcuna responsabilità. Essi accusarono piuttosto i soldati di essersi dati alla fuga davanti al nemico. Inoltre attribuirono la colpa della sconfitta al governo, ai partiti di opposizione e alla stampa, accusati di non credere abbastanza nella vittoria e di deprimere così il morale delle truppe. Secondo una diversa interpretazione, invece, gli ufficiali italiani ebbero pesanti responsabilità: si fecero cogliere impreparati dall’offensiva austriaca e non seppero organizzare ordinatamente la ritirata. Inoltre la condotta degli alti ufficiali, che mostravano un assoluto disprezzo per la vita dei soldati, mandandoli al massacro in inutili offensive, non aveva ottenuto nessun risultato. Va detto, però, che questo era un atteggiamento di tutti i generali, non solo di quelli italiani.Ribellioni al fronte e rivolte nelle città
CULTURA & stili di vita
La propaganda di guerra
La guerra, almeno all’inizio, fu vissuta con una passione sfrenata in tutti i paesi. I veri motivi del conflitto (la volontà di potenza, gli interessi economici, ecc.) non furono detti chiaramente, grazie a una propaganda che - in tutti i paesi coinvolti - voleva far credere che si combattesse per motivi ideali, in difesa di valori. I paesi dell’Intesa esaltarono il conflitto come lotta per la libertà dei popoli. Invece in Germania la guerra fu considerata il giusto strumento per dare un posto di rilievo ai popoli giovani (come pensavano di essere i tedeschi), contro l’imperialismo francese e soprattutto inglese.
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Civiltà contro barbarie
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«L’Asino» pacifista
Disegnare per la pace... OGGI
La propaganda pacifista è ancora oggi più che mai necessaria. E, oggi come allora, la forza delle immagini può dare un contributo importante alla causa della pace nel mondo. Per questo, nel corso degli anni, si sono continuati a disegnare e diffondere manifesti pacifisti. Alcuni li hanno disegnati artisti celebri, come Pablo Picasso e Fernand Léger; li hanno realizzati organizzazioni internazionali, come l’ONU, e associazioni che difendono i diritti civili, come Amnesty International. Organizzatevi in gruppi e cercate su internet i manifesti pacifisti. Scegliete quelli che vi sembrano più efficaci e realizzate una «galleria di manifesti per la pace», aggiungendo a ciascuno una breve didascalia, cioè una «frase forte» che dia un messaggio pacifista efficace. Poi ciascun gruppo provi a disegnare un manifesto in favore della pace.