Vincitori e vinti

Bilancio della guerra

La Grande guerra terminò nel novembre del 1918 con la sconfitta degli Imperi centrali (Austria-Ungheria e Germania) e con la resa dei loro alleati (Turchia e Bulgaria). Il bilancio delle perdite umane fu pesantissimo: ai circa 10 milioni di soldati caduti, bisogna aggiungere milioni di invalidi, feriti, prigionieri. Un’intera generazione di europei fu falcidiata: i francesi, gli inglesi, i tedeschi e i russi persero tra il 15 e il 20% dei loro uomini in età compresa tra i 18 e i 30 anni. L’esercito italiano aveva mandato al fronte 4 200 000 soldati e 200 000 ufficiali; 650 000 erano morti, 450 000 rimasero invalidi. Sul piano politico, la guerra lasciava in eredità il disordine dei confini statali, conseguenza del crollo di quattro imperi: tedesco, austriaco, ottomano e russo. Rimettere ordine dopo la guerra appariva un’impresa ardua. La volontà di punizione dei vincitori sui vinti e il rancore dei vinti verso i vincitori rendevano complicato stabilire condizioni di pace accettabili da tutti.

Una pace difficile

La Conferenza di pace si riunì a Parigi nel gennaio del 1919. Fu inaugurata in forma solenne, alla presenza di 32 delegazioni nazionali e di un numero elevato di giornalisti. Dagli Stati Uniti arrivò il presidente in persona, Woodrow Wilson. Le maggiori potenze europee, vincitrici della guerra, erano rappresentate dai loro capi di governo: George Clemenceau per la Francia, Lloyd George per l’Inghilterra, Vittorio Emanuele Orlando per l’Italia. Non fu invitata alcuna delegazione dei paesi vinti: a questi non restava altra scelta che accettare le decisioni dei vincitori.

Il piano Wilson

Tra i vincitori vi erano idee diverse. Il presidente americano riteneva che i rapporti tra gli stati dovessero cambiare, se si voleva evitare in futuro una nuova guerra. Per tale motivo, Wilson presentò un progetto diviso in 14 punti, in cui erano indicate le seguenti proposte:
• libertà di navigazione e di commercio; 
• riduzione degli armamenti; 
• autodeterminazione dei popoli, ossia il diritto di un popolo a ottenere l’indipendenza dallo stato che lo governa e di scegliere autonomamente il proprio sistema di governo; 
• pacifica soluzione dei conflitti.
Quest’ultimo punto prevedeva la formazione di un organismo internazionale, la Società delle Nazioni, a cui affidare la risoluzione dei contrasti tra gli stati per mezzo di accordi diplomatici.

Divisioni tra gli alleati

Le proposte americane non incontrarono il favore delle potenze europee, ciascuna delle quali aveva in mente un proprio obiettivo. La Francia intendeva far pagare alla Germania il costo della guerra, per impedirle di tornare a essere un paese economicamente potente. La Gran Bretagna voleva che la Germania fosse privata della flotta e delle colonie, le due maggiori minacce al suo potere sui mari e sui mercati internazionali. L’Italia si attendeva che fosse rispettato il patto di Londra del 1915, che prevedeva consistenti acquisizioni territoriali. Ma Wilson non lo riconosceva per il semplice motivo che non lo aveva firmato.

I trattati di pace

Dopo mesi di discussione, furono firmati diversi trattati di pace. Con il trattato firmato a Versailles (in Francia), la Germania dovette accettare condizioni umilianti, pur senza avere subìto una vera sconfitta militare. Le furono imposte pesanti perdite territoriali in Europa a favore della Francia (che ottenne l’Alsazia e la Lorena), della Danimarca e soprattutto della Polonia (che ottenne Slesia e Pomerania), nonché la cessione delle colonie, divise tra Gran Bretagna, Francia e Giappone. I territori tedeschi in Europa, ridotti di un quinto della loro estensione, furono separati dal cosiddetto «corridoio polacco». Esso consisteva in una striscia di terra che doveva garantire alla Polonia l’accesso al mare. Alla Francia fu concesso il diritto di sfruttare per 15 anni i giacimenti minerari tedeschi situati nella regione della Saar. Essi erano importanti per rifornire le industrie. Inoltre furono ordinati alla Germania il disarmo pressoché completo e la smilitarizzazione della zona vicino al fiume Reno, al confine con la Francia. L’intera flotta fu consegnata alla marina inglese e internata nella base di Scapa Flow (a nord della Scozia), con tanto di ufficiali e di equipaggi a bordo. Quando fu il momento di cederla, i marinai tedeschi la autoaffondarono. Infine ingenti somme in denaro e in forniture di materie prime furono imposte ai tedeschi come rimborso delle spese di guerra. Erano condizioni talmente pesanti da impedire per molto tempo la ripresa economica e militare della Germania . Dopo la fine della guerra, in Germania fu proclamata la repubblica. Si formò un governo guidato dai socialdemocratici (che erano i socialisti riformisti tedeschi).

Una nuova carta politica dell’Europa

Dopo la caduta dell’Impero austro-ungarico, sorsero quattro nuovi stati: l’Austria, l’Ungheria, la Jugoslavia (fino al 1929 si chiamò «Regno serbo-croato-sloveno») e la Cecoslovacchia. Ai confini occidentali della Russia nacquero altri stati: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Il mutamento più rilevante fu quello polacco. La Polonia dopo più di un secolo riottenne l’indipendenza entro vasti confini, dove abitavano popoli di differenti nazionalità. Oltre a polacchi, vi erano tedeschi, russi e una consistente minoranza ebraica. L’Impero turco fu ridotto nella sua estensione, mentre Gran Bretagna e Francia posero sotto il proprio controllo il Medio Oriente e gli stretti del mar Nero.

LEGGERE le CARTE

L’Europa prima e dopo la Grande guerra
La Prima guerra mondiale cambiò la carta politica dell’Europa. Nacquero nuovi stati e scomparvero quattro imperi: quello della Germania, quello dell’Austria-Ungheria, quello della Russia e l’Impero ottomano.

Se osservi bene le due carte, puoi vedere i cambiamenti tra il prima e il dopo.
1. Quali sono i nuovi stati che si formarono dopo la guerra?

2. Quali stati aumentarono i loro territori e quali li ebbero ridotti?
Aumentati: 
Ridotti: 

La fine del primato dell’Europa

Mai, in così breve tempo, la carta politica dell’Europa aveva avuto una simile trasformazione. Dopo la guerra, oltre 250 milioni di europei si trovarono cittadini di uno stato diverso da quello in cui vivevano prima dello scoppio del conflitto. Era la condizione di molti russi, tedeschi ed ex sudditi dell’Impero austro-ungarico. La guerra aveva anche cambiato la «classifica» delle nazioni e delle economie. Gli Stati Uniti d’America erano saliti al primo posto per forza economica e influenza politica. In Asia fu il Giappone ad affermarsi come potenza militare, e il suo intenso sviluppo economico lo portò ai vertici dei paesi più industrializzati del mondo. Le relazioni fra gli stati non mutarono nella sostanza. La stessa Società delle Nazioni, che avrebbe dovuto promuovere un nuovo sistema mondiale basato sulla pace, nacque debole. Non vi aderirono la Germania, la Russia e neppure gli Stati Uniti che l’avevano proposta: fu il Senato americano a bocciare la proposta del presidente Wilson.

La portaerei giapponese Wakamiya.

L’Italia alla conferenza di pace

Per l’Italia i risultati della conferenza di pace furono incerti. Ottenne dall’Austria i territori fino al confine del Brennero (Trentino e Alto Adige) e l’Istria. Ma il confine in Istria e Dalmazia fu oggetto di contesa. Alle attese italiane si opponeva il nuovo stato dei serbi, croati e sloveni, sostenuto dal presidente Wilson. Anche il problema di Fiume, una città dell’Istria, rimase da definire: sarebbe dovuta andare alla Croazia in base a un accordo, ma molti abitanti della città pretendevano la sua unione all’Italia. Intanto che i diplomatici discutevano, il poeta Gabriele D’Annunzio, uno dei capi del movimento interventista, occupò Fiume con un gruppo di volontari (1919) e ne prese il governo. Alla fine, dopo lunghe trattative, fu firmato a Rapallo, in Liguria, un trattato tra Italia e regno dei serbi, dei croati e degli sloveni (1920). Tutta l’area alpina con l’Istria passò all’Italia; la zona costiera della Dalmazia fu assegnata al regno serbo-croato-sloveno, a eccezione del porto di Zara; Fiume, con un piccolo territorio circostante, fu trasformata in uno stato libero. Nel 1925 passerà all’Italia.

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