Le due rivoluzioni del 1917

Scioperi, insurrezioni, diserzioni

Le sofferenze della guerra e la mancanza di cibo esasperarono la popolazione. Una serie di scioperi e di rivolte investì le principali città russe per tutto il 1916. Nell’esercito il numero dei disertori era altissimo. Furono messi sotto accusa lo zar e il suo governo, considerati responsabili della disfatta militare. Ancora una volta lo zar scelse la linea dura: nessuna concessione agli operai, nessuna riforma di carattere democratico, licenziamento dei ministri moderati.

Operai e soldati

Tra il 23 e il 28 febbraio del 1917 (secondo il calendario russo) a San Pietroburgo scoppiarono moti di protesta con la richiesta di porre fine all’assolutismo zarista e alla guerra. Il 25 febbraio uno sciopero generale paralizzò tutte le fabbriche della capitale. Il 27 febbraio fu un giorno decisivo, perché si stabilì l’alleanza tra gli operai e i soldati, che si rifiutarono di obbedire all’ordine di sparare sui lavoratori in sciopero. Molte truppe si ammutinarono, uccisero i loro ufficiali e distribuirono le armi ai dimostranti.

La caduta dello zar

Capeggiati dai socialrivoluzionari e dai bolscevichi, gli operai di San Pietroburgo presero le armi per arrestare i ministri e liberare i prigionieri politici. Il 28 febbraio occuparono i centri del potere e dell’economia della capitale: le poste, le banche, le fabbriche, i ministeri e il palazzo dove si riuniva il Parlamento. A Mosca intanto scoppiò un’insurrezione generale. Lo zar fu costretto ad abdicare e anche il fratello, a cui sarebbe toccata la corona, rinunciò al trono. La Russia divenne una repubblica, subito riconosciuta dai principali paesi europei. In una settimana gli scioperi degli operai e gli ammutinamenti dei soldati avevano abbattuto un regime che durava da secoli.

UN CALENDARIO DIVERSO DAL NOSTRO

La Russia non aveva accolto la riforma del calendario fatta nel 1582 dal papa Gregorio XIII, in base alla quale furono tolti 13 giorni dall’antico calendario promulgato ai tempi di Roma da Giulio Cesare. Pertanto il calendario russo era «in ritardo» di tredici giorni rispetto a quello dei paesi occidentali. Quindi, ad esempio, il 25 febbraio (giorno dello sciopero generale che diede avvio alla rivoluzione) corrispondeva al nostro 10 marzo.


Il governo provvisorio

Soldati, contadini e operai si organizzarono nei soviet, che sorsero ovunque: nelle città, nelle campagne, nell’esercito. Intanto a San Pietroburgo si insediò un governo provvisorio, composto da una maggioranza moderata, che abolì la pena di morte e i tribunali militari. Ben presto, però, nacquero divisioni tra i due centri di potere (i soviet e il governo provvisorio) riguardo alle grandi questioni in gioco: trovare una via d’uscita dalla guerra, distribuire la terra ai contadini, rispondere alle richieste operaie di esercitare un controllo sulla produzione industriale.

Il ritorno di Lenin

Dopo il febbraio del 1917, il governo decretò l’amnistia per i reati politici. Ciò significava che tutti i condannati per reati di carattere politico erano messi in libertà. Il decreto consentì il ritorno degli oppositori dello zar, che erano andati in esilio. Tra questi vi era anche un dirigente bolscevico che nei mesi successivi avrebbe avuto una parte importante: Vladimir Ulianov Lenin. Il suo programma era: fare acquistare le banche dallo stato, dare il controllo delle fabbriche agli operai, espropriare le terre a favore dei contadini. Per raggiungere questi obiettivi, i bolscevichi dovevano prendere la guida della rivoluzione, abbattere il governo provvisorio e attribuire tutto il potere ai soviet.

Dal febbraio all’ottobre

Nella primavera del 1917 ci furono altre proteste, che in alcuni villaggi assunsero i caratteri di un’autentica guerra contadina. Nelle città gli operai, seguendo le indicazioni dei bolscevichi, scesero nuovamente in piazza con grandi manifestazioni. Un capo bolscevico, Trotskij, fu eletto presidente del soviet di San Pietroburgo, mentre Lenin lanciava l’idea di un’insurrezione generale. La rivoluzione incominciò nella notte tra il 24 e il 25 ottobre (6 e 7 novembre secondo il calendario occidentale). Poco meno di 10 000 uomini, organizzati dalle Guardie rosse (la milizia operaia) e appoggiati da qualche distaccamento militare, occuparono la capitale San Pietroburgo senza incontrare resistenza. Kerenskij, capo del governo, abbandonò la città. Il giorno successivo la Guardia rossa diede l’assalto al Palazzo d’Inverno (la residenza dello zar), dove si erano rifugiati gli altri ministri. L’azione di forza era riuscita e non era costata che poche decine di morti. I bolscevichi avevano conquistato il governo della Russia.

I primi passi del nuovo governo

Le prime decisioni prese dal governo rivoluzionario seguivano il programma di Lenin:
• apertura immediata delle trattative di pace;
• esproprio della grande proprietà terriera a favore dei contadini;
• nazionalizzazione delle banche;
• controllo degli operai sulle fabbriche.
Si tennero elezioni a suffragio universale per eleggere l’Assemblea costituente, che avrebbe dovuto scrivere la Costituzione del nuovo stato. Le elezioni misero i bolscevichi in minoranza: essi ottennero soltanto il 25% dei voti, contro il 63% dei socialisti rivoluzionari, che erano molto forti nelle campagne. La politica dei bolscevichi si caratterizzò allora per una scelta anti-democratica: Lenin decise di sciogliere l’Assemblea, mandando soldati che costrinsero i deputati ad abbandonare l’aula per fare ritorno alle loro case.

Verso la dittatura

Lenin giustificò la decisione di sciogliere l’Assemblea costituente in questo modo: in una fase di emergenza era necessario un periodo di dittatura del proletariato. Questa espressione, letteralmente, significava che i lavoratori più poveri (cioè i proletari) dovevano prendere il potere per realizzare la società comunista dell’uguaglianza. In pratica, però, Lenin instaurò una dittatura del Partito bolscevico. Il potere fu preso da un Consiglio dei commissari del popolo, composto di soli bolscevichi. Di conseguenza, lo stato russo si allontanava dal modello delle democrazie occidentali, poiché non riconosceva valore agli organismi eletti dai cittadini. Anche i soviet furono in sostanza privati di qualunque potere. Il governo comunista abolì la proprietà privata. Le terre furono distribuite ai contadini che le lavoravano; a capo delle fabbriche furono posti gli operai; le banche passarono sotto la gestione dello stato. Con la Germania fu firmata la pace (pace di Brest-Litovsk, 1918), che impose alla Russia la cessione di circa un quarto del suo territorio.


Soldati rivoluzionari nelle vie di Mosca (1917).

La rivoluzione in un solo paese

L’opposizione al governo comunista fu ampia e a essa aderirono quasi tutti i partiti. Inoltre la Russia venne a trovarsi in una situazione di completo isolamento. Lenin credeva che anche in altri paesi i lavoratori si sarebbero ribellati, seguendo l’esempio di quelli russi. Invece ciò non accadde. Anzi gli altri governi europei appoggiarono gli oppositori di Lenin, per timore che anche nei loro paesi scoppiasse una rivoluzione comunista. Nell’esercito alcuni generali, rimasti fedeli allo zar, organizzarono truppe controrivoluzionarie (l’Armata bianca), contrapposte a quelle bolsceviche (l’Armata rossa, comandata da Trotskij). Tra il 1918 e il 1920 fu combattuta una vera guerra civile tra le due armate. I paesi dell’Intesa inviarono soldati a sostegno dell’Armata bianca che tuttavia, dopo due anni di scontri sanguinosi, fu sconfitta.

Il ritorno (parziale) della proprietà privata

La guerra civile inflisse nuove, tremende sofferenze al popolo russo, già provato dal conflitto mondiale e dagli eventi rivoluzionari del 1917. Nel 1921 Lenin fece approvare dal partito, che aveva preso il nome di «Partito comunista», una Nuova Politica Economica: la NEP. Essa prevedeva un parziale ritorno della proprietà privata nelle campagne: i contadini dovevano versare una parte del raccolto allo stato e potevano vendere liberamente sul mercato la parte rimanente. La stessa libertà fu concessa ad artigiani e piccole industrie. Invece le banche e le grandi industrie rimasero sotto il controllo dello stato. L’obiettivo di questo parziale ritorno alla proprietà privata era quello di sviluppare l’economia: solo dopo si sarebbe tornati al programma socialista. Nel 1922 fu cambiato il nome dello stato: la Russia diventò l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (chiamata anche con la sigla URSS o con l’abbreviazione Unione Sovietica).

LA FINE DEGLI ZAR

Lo zar Nicola II era salito al trono nel 1894. Dopo la rivoluzione del febbraio 1917, fu arrestato e più tardi trasferito a Ekaterinburg, vicino agli Urali. Insieme con lui si trovavano la moglie e i cinque figli. Nell’estate del 1918 la Russia era dilaniata dalla guerra civile. Gli eserciti controrivoluzionari erano nelle vicinanze di Ekaterinburg e questo faceva pensare alla possibilità della liberazione dello zar. Per questo motivo i bolscevichi decisero di uccidere lo zar e la sua famiglia e di nasconderne i resti. L’esecuzione della famiglia reale avvenne il 17 luglio 1918. Nel 1977 fu distrutta anche la casa dove erano stati alloggiati: il governo comunista voleva evitare che essa diventasse luogo di pellegrinaggio per i russi rimasti legati al ricordo dello zar e della dinastia dei Romanov.

CULTURA & stili di vita

Rivoluzione e propaganda

L’Agit-prop
I rivoluzionari russi si servirono della propaganda per convincere le masse contadine e operaie e portarle dalla loro parte. Inventarono anche forme nuove di propaganda, come l’Agit-Prop (contrazione delle parole Agitazione e Propaganda). Era un tipo di teatro che si rivolgeva al pubblico (che era per lo più analfabeta) spiegando gli ideali rivoluzionari. I testi erano recitati da attori non professionisti, solitamente operai aderenti al Partito comunista russo. Dopo la rivoluzione dell’ottobre del 1917, i sovietici allestirono un treno di artisti e attori che girò il paese per mettere in scena brevi opere teatrali di contenuto propagandistico. A bordo c’erano macchinari per stampare manifesti e volantini, che venivano lanciati dai finestrini quando il treno passava attraverso i villaggi.

Il manifesto
Poiché, come abbiamo detto, la maggioranza del popolo russo non sapeva leggere e scrivere, la propaganda rivoluzionaria puntò molto sulle immagini e sugli slogan, cioè su brevi frasi a effetto che - continuamente ripetute - si imprimevano facilmente nella memoria. Sia le immagini sia gli slogan avevano lo scopo di far capire che la rivoluzione era fatta nell’interesse del popolo e che avrebbe migliorato le sue condizioni di vita, sconfiggendo la povertà, lo sfruttamento dei ricchi a danno dei poveri, le malattie, l’ignoranza. Vediamo qualche esempio.

L’analfabeta è come un cieco
Un manifesto del 1920 A raffigura un uomo bendato che cammina e sta per precipitare in un burrone. Il testo dice: «L’analfabeta è come il cieco. Da ogni parte lo attendono insuccessi e disgrazie». Lo scopo propagandistico consiste nel promettere che il nuovo governo nato con la rivoluzione permetterà a tutti di andare a scuola e istruirsi.

La guerra civile
Il manifesto B fu pubblicato durante la guerra civile. In quel periodo bisognava convincere il popolo, soprattutto quello delle campagne, ad appoggiare l’Armata rossa che stava combattendo i controrivoluzionari. Questi ultimi sono rappresentati come predoni che stanno per mettere le mani su città e villaggi. Ma fortunatamente, in un fascio di luce abbagliante, compare un gigante con la spada in pugno: è l’Armata rossa, che sconfiggerà i nemici della rivoluzione.

Seguite il nostro esempio, compagni!
I bolscevichi speravano che gli avvenimenti accaduti nel 1917 in Russia fossero di esempio e di stimolo per i lavoratori degli altri paesi europei. Speravano cioè che anch’essi avrebbero fatto la rivoluzione e instaurato governi comunisti. Per propagandare la rivoluzione, fu stampato questo manifesto C . In primo piano c’è un operaio (il suo lavoro è simboleggiato dalle figure del martello e dell’incudine), orgoglioso di avere fatto la rivoluzione. Sullo sfondo è raffigurata una città russa. Il testo, in varie lingue, saluta i «compagni », cioè gli operai, degli altri paesi europei. In questo manifesto, come in tutti gli altri, predomina il rosso, colore del socialismo e delle lotte operaie.

StoriaFacile 3
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