L’uomo fascista
Mussolini e i suoi uomini cercarono di educare gli italiani ai valori fascisti: lo spirito militare, il senso dell’obbedienza all’autorità, il culto della forza fisica. Nelle scuole elementari fu imposto il libro unico di testo, uguale per tutti gli scolari di tutte le scuole d’Italia. Nelle pagine dedicate alla storia del Novecento, il testo esaltava Mussolini, descritto come l’uomo che avrebbe restituito all’Italia il prestigio e lo splendore dell’epoca dell’Impero romano. Egli stesso aveva scelto per sé il titolo di duce, parola di derivazione latina che significa «condottiero». Fuori della scuola i giovani erano inquadrati nelle associazioni giovanili fasciste, divise per classi di età: i maschi erano «Figli della lupa» dai 4 agli 8 anni, «Balilla» dagli 8 ai 14, «Avanguardisti» dai 14 ai 17 anni; le ragazze erano prima «Piccole italiane» e poi «Giovani italiane». Educati a una disciplina di tipo militare, i giovani facevano esercizi ginnici, sfilate ed esercitazioni militari.
Economia e stato
Negli anni Trenta divennero più numerosi gli interventi dello stato in economia. Per affrontare la grave crisi economica, che aveva dimensioni mondiali, fu istituito l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). L’IRI fu incaricato di assistere le aziende in difficoltà e di pagare i debiti che queste avevano con le banche. L’intervento ebbe successo, così l’IRI assunse la proprietà di molte imprese. Era un’autentica novità nel capitalismo italiano, che fino ad allora si era basato sull’iniziativa dei privati. Furono realizzate grandi opere pubbliche: strade e autostrade, ospedali e scuole, ferrovie e centrali idroelettriche.
La battaglia del grano
Mussolini lanciò la cosiddetta «battaglia del grano», con lo scopo di aumentare la produzione di cereali e far cessare le importazioni dall’estero. Nel 1925 l’Italia importava 25 milioni di quintali di frumento, su un consumo totale di 75 milioni di quintali. L’aumento della produzione fu ottenuto con diversi metodi: fu ampliata la superficie coltivata a grano, migliorata la qualità dei semi, curata l’istruzione dei contadini e furono introdotti concimi chimici e macchine agricole. Lo stesso Mussolini si fece fotografare mentre seminava, trebbiava, conduceva trattori. Nonostante questo sforzo propagandistico, però, i risultati della battaglia del grano furono piuttosto modesti. Per aumentare la produzione agricola furono bonificate alcune aree paludose, in particolar modo nell’Agro Pontino (Lazio) e in Maremma (Toscana).
LA LUNGA STORIA DELLE BONIFICHE
Bonificare un terreno paludoso consiste nel prosciugarlo dall’acqua stagnante e nel convogliare l’acqua in canali in cui farla scorrere regolarmente. Le zone paludose sono poco produttive e molto nocive alla salute, perché sono il terreno ideale per lo sviluppo di alcune gravi malattie, come la malaria. Questa, chiamata anche «paludismo », è causata da parassiti trasmessi all’uomo da un tipo di zanzara che si riproduce nelle paludi. La malaria porta alla debilitazione del corpo e talvolta anche alla morte. All’inizio del Novecento, Giovanni Giolitti aveva iniziato a intervenire nelle zone paludose, promuovendo bonifiche con i finanziamenti dello stato. Il fascismo proseguì ed estese i progetti di bonifica nel 1933. Si raggiunsero notevoli risultati con il recupero di vaste aree.