Il fascismo controlla la società italiana

Giornali senza libertà

Mussolini, che era stato direttore di due quotidiani, capì che doveva servirsi dei giornali per svolgere opera di propaganda a favore del fascismo. Per raggiungere questo risultato, eliminò la libertà di stampa. I giornalisti furono messi sotto controllo politico: potevano pubblicare solo notizie favorevoli al fascismo. Quando Mussolini prese il potere, molti erano i giornali antifascisti, tra cui i tre principali quotidiani: «La Stampa» di Torino, il «Corriere della Sera» di Milano e «Il Messaggero» di Roma. Quando un giornale conteneva un articolo che criticava il fascismo, tutte le copie venivano sequestrate. Per il danno economico subìto, alcuni giornali furono costretti a chiudere. Anche i tre quotidiani citati finirono con l’appoggiare la politica del governo, perché Mussolini fece licenziare i direttori precedenti e li sostituì con uomini di sua fiducia.

La radio si ascolta in piazza

Malgrado fosse stata inventata da un italiano, Guglielmo Marconi, la radio non era ancora molto diffusa in Italia. Solo poche famiglie avevano acquistato un apparecchio radiofonico, che costava molto. Nel 1920 in Italia erano state vendute meno di 50 000 radio (su una popolazione di 40 milioni di abitanti). La maggioranza degli italiani ascoltava la radio nei locali pubblici, nelle piazze, nelle scuole e nelle sedi del Partito fascista. Le prime trasmissioni furono diffuse nel 1924 dall’URI (Unione Radio Italiana), che poi prese il nome di EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). C’era una sola rete: i programmi comprendevano musica di vario genere (opere, concerti, musica da ballo), notiziari e trasmissioni di informazione politica.

IL RUOLO DELLA DONNA: DARE FIGLI ALLA PATRIA

I fascisti furono ossessionati dall’idea che fosse necessario far crescere di numero la popolazione italiana. Nella quantità degli abitanti vedevano la forza della nazione. Per questo motivo, diedero aiuti in denaro alle famiglie numerose. Il ruolo della donna, per il fascismo, era solo quello di moglie e di madre di molti figli. Fu creato un ente, chiamato Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (ONMI), che forniva servizi di assistenza alle donne in attesa di partorire, alle madri e ai neonati. L’ONMI istituì la «Giornata della Madre e del Fanciullo», a cui è dedicato il manifesto pubblicitario che vedi in questa pagina. Il governo fascista cambiò anche il calendario, contando gli anni a partire da quello della marcia su Roma. Quindi l’anno XV corrisponde al (scrivilo tu).

Il duce parla alla radio

Dopo il 1930, la radio fu utilizzata da Mussolini come mezzo di propaganda politica. Egli fece diffondere dall’EIAR tutti i suoi più importanti discorsi, con trasmissioni in diretta nelle quali si poteva ascoltare la voce del duce sommersa dagli applausi della folla. Fece condurre da uomini di sua fiducia trasmissioni che solo in apparenza davano informazioni, ma che in realtà facevano propaganda esaltando tutte le principali opere del regime: la bonifica delle paludi, le nuove linee ferroviarie, la nascita dell’aviazione militare. Per raggiungere gli ascoltatori più lontani e isolati, Mussolini istituì l’Ente Radio Rurale, incaricato di distribuire apparecchi radio nelle campagne e di curare trasmissioni rivolte ai contadini. Ogni sabato sera erano diffusi programmi di contenuto tecnico sull’agricoltura (consigli per seminare, per acquistare mezzi meccanici, ecc.), mentre la domenica mattina si potevano ascoltare la messa, musica classica, notiziari e commenti ai fatti della settimana.

Il duce parla in piazza

Mussolini attribuì particolare importanza ai comizi in piazza, che gli permettevano di avere un contatto diretto con la folla. I suoi discorsi erano costruiti come fossero testi teatrali. Il ritmo del discorso cresceva fino a raggiungere un tono secco, simile a un grido militare. Le posizioni che il suo corpo assumeva (braccia piegate sui fianchi, mascella sporgente, capo alzato verso l’alto) erano pose da attore. Le sue parole, urlate alla folla, non dovevano convincere l’uditorio con la pacatezza del ragionamento, ma dovevano trascinare all’entusiasmo.

Propaganda ovunque

La propaganda fascista invase la vita quotidiana degli italiani. Mussolini organizzò un autentico culto della sua persona. La parola DUCE, o la sua versione latina DUX, fu scritta a grandi lettere su cartelloni e muri di ogni strada d’Italia. Ora verniciate ora scolpite, le frasi di Mussolini ricoprirono le pareti esterne degli edifici. Erano slogan, cioè frasi sintetiche, ad effetto, per lo più di carattere militare: «Credere, obbedire, combattere», oppure «Meglio vivere un giorno da leoni che cento anni da pecora», o ancora «L’aratro traccia il solco, ma la spada lo difende». Queste frasi erano anche scritte nei libri di scuola e fatte imparare a memoria e poi ripetere dagli scolari, per condizionarli fin da piccoli a credere nel fascismo. Una frase, più di ogni altra, doveva imprimersi nella mente di tutti gli italiani: «Mussolini ha sempre ragione!».


Uno degli slogan prediletti dalla propaganda fascista, diretto a convincere gli italiani che «Mussolini ha sempre ragione!».

CULTURA & stili di vita

Cosa scrivere, cosa non scrivere.

Cosa far vedere, cosa non far vedere

La censura
Durante il fascismo la stampa, la radio e il cinema erano sottoposti a censura. Ciò significa che tutto quello che gli italiani leggevano, sentivano e vedevano era controllato prima che arrivasse alle loro orecchie e ai loro occhi. In un ufficio apposito, decine di persone controllavano tutta la produzione della radio, della stampa e del cinema. Niente poteva essere pubblicato o trasmesso senza l’approvazione di questo ufficio. La censura si esercitava in due modi:

1. con il divieto assoluto di pubblicare certe notizie e certe immagini;

2. con la correzione, cioè sostituendo parole e fotografie, togliendo o aggiungendo frasi o immagini.


La disinformazione come strumento di potere

Gli obiettivi della censura erano quelli di mantenere i cittadini all’oscuro di tutto ciò che andava male e di attribuire al fascismo, e in particolare a Mussolini, il merito di ogni avvenimento positivo. Di conseguenza, il controllo sui mezzi di informazione otteneva il risultato di:

1. coltivare il culto della personalità del duce, che la gente doveva percepire come infallibile, instancabile (perché costantemente impegnato a lavorare per il bene del paese), amato dagli italiani e temuto dagli stranieri;

2. alimentare la diffidenza e il disprezzo verso i nemici del fascismo (socialisti, comunisti, paesi europei non alleati con l’Italia fascista e, dal 1938, gli ebrei), rappresentati come coloro che vogliono impedire il progresso dell’Italia;

3. diffondere fiducia e ottimismo tra i cittadini, grazie alla rappresentazione falsata di un paese dove tutto va bene e tutto andrà sempre meglio grazie al fascismo e al suo duce.


Il MINCULPOP

In pratica, durante il fascismo, cultura e informazione furono trasformati in pura propaganda. Nel 1938 fu creato il Ministero della Cultura Popolare (conosciuto con l’abbreviazione MINCULPOP), che svolgeva funzioni analoghe a quelle del Ministero della Propaganda tedesco. Alle dipendenze di questo ministero operavano i censori. Essi inviavano quotidianamente ai giornali le cosiddette veline, cioè le segnalazioni su quali notizie pubblicare e come. Erano chiamate così perché, appunto, erano scritte su fogli di carta velina.


Questa è l’Italia, secondo le veline

Riportiamo il testo di alcune veline, relative agli argomenti più diversi. Dalla lettura di questo piccolo campione, si può vedere con quale ossessività il fascismo si preoccupava di controllare ogni dettaglio che poteva influenzare l’opinione pubblica.

MUSSOLINI
Notare come il Duce non fosse affatto stanco dopo quattro ore di trebbiatura. 
Dire che il Duce è stato chiamato dieci volte al balcone dopo il suo discorso. 

TUTTO VA MEGLIO
Dare con rilievo e commentare il comunicato sull’aumento di statura in Italia, dimostrando come detto aumento sia il risultato di sedici anni di politica razziale, manifestatasi attraverso le provvidenze per la maternità e l’infanzia, l’incremento dato dal fascismo alla vita sportiva e alla ginnastica, le colonie marine e montane, il miglioramento della nutrizione, delle condizioni di lavoro, eccetera. 

LA DONNA FASCISTA
(madre di famiglia sana, robusta, semplice, indifferente alle mode)
Non pubblicare foto e disegni di donne con la “vita di vespa” (con gonne molto strette in vita). Disegni e foto devono rappresentare donne floride e sane.
Vanno eliminati i disegni di figure femminili magre e mascolinizzate, che rappresentano il tipo di donna sterile. La donna fascista deve essere fisicamente sana, per poter diventare madre di figli sani, secondo le regole di vita indicate dal Duce nel suo discorso ai medici. 

VIETATE LE PAROLE STRANIERE
Non si deve dire camions, ma autocarri. Non si deve dire chauffeur, ma autista.

COME TRATTARE GLI ABISSINI
Ecco le indicazioni su come trattare le popolazioni dell’Abissinia, conquistate con la guerra coloniale: 
Astenersi dalle sdolcinature e tenerezze riguardo agli abissini. Nessun episodio sentimentale, nessuna fraternizzazione; assoluta e netta divisione tra la razza bianca che domina e quella nera che è dominata.

A COSA SERVE LO SPORT?
Lo sport è un mezzo per la preparazione militare e la formazione spirituale, ossia una scuola di educazione nazionale della gioventù italiana. Tutti i giovani italiani, sottoposti alle stesse pratiche e alla stessa disciplina sportiva, cominceranno a sentirsi soldati. Così si costruisce quel formidabile organismo bellico che è già un esercito in potenza.

IL PRESTIGIO DELL’ESERCITO
Si riconferma la disposizione di non pubblicare fotografie di militari in ginocchio durante la Messa. IGNORARE I COMUNISTI… Ignorare la morte di Massimo Gorkji. [uno dei maggiori scrittori russi] …

E GLI EBREI
Non interessarsi mai a Einstein. 
[Albert Einstein, uno dei più grandi scienziati contemporanei. Nato in Germania, nel 1933 si rifugiò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali naziste]

LA CENSURA SUI FILM
Togliere dal film “Tarzan, l’indomabile” la scena in cui il leone addenta l’uomo bianco.

Il cinema

Anche il cinema fu utilizzato per fare propaganda al fascismo. Nel 1924 Mussolini fondò l’Istituto LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa), incaricato di produrre documentari e film che appoggiassero il governo. Le prime pellicole prodotte dall’Istituto LUCE erano film di pura propaganda: mostravano visite di Mussolini in varie città, grandi cortei di persone inneggianti al fascismo e, più raramente, viaggi del re. L’Istituto LUCE realizzava i cinegiornali, trasmessi nei cinematografi prima dell’inizio del film. Ogni cinegiornale, della durata di circa 10 minuti, conteneva servizi giornalistici che esaltavano i successi ottenuti dal fascismo ed elogiavano tutte le iniziative del duce. Gli spettatori vedevano Mussolini interessarsi di ogni cosa: si occupava dei bambini malati, inaugurava un acquedotto, riceveva capi di stato, pilotava aerei, teneva conferenze, sciava e cavalcava. Insomma pareva un uomo dalle energie inesauribili. Naturalmente i cinegiornali non parlavano mai dei fallimenti del fascismo e dei problemi dell’Italia.

LEGGERE le IMMAGINI

La foto che non fu mai pubblicata
Nelle foto, nei ritratti e nelle sculture era obbligatorio rappresentare la testa di Mussolini secondo criteri imposti dalle autorità: la mascella doveva essere «maschia e volitiva», la fronte «alta», gli occhi «magnetici». La fotografia che ti presentiamo, invece, non fu mai pubblicata durante gli anni del fascismo (e forse l’ignoto fotografo passò qualche guaio…). Vediamo perché.

1 Il duce è ripreso di spalle, e già questo era inammissibile!
2 Inoltre è piegato verso il terreno, armeggia intorno a dei secchi, non si capisce bene che cosa stia facendo... Al contrario, il duce doveva sempre compiere gesti energici, doveva sprizzare vitalità e decisione.
3 Anche i fascisti intorno a lui hanno atteggiamenti incerti ed espressioni incuriosite. Al popolo, invece, bisognava comunicare messaggi ben chiari e soprattutto trasmettere certezze!

Mussolini, che atleta!

Mussolini era abile nel comunicare al popolo immagini di se stesso e del suo governo. Si fece fotografare nell’atto di cavalcare, di nuotare, di vogare, di tirare di scherma. Perché questo interesse per lo sport? Perché lo sport (che in epoca fascista si chiamava «diporto», per evitare l’uso di parole straniere) significa volontà di vittoria, disciplina, organizzazione, tutte qualità che il fascismo apprezzava e propagandava.

Il «diporto» al servizio del fascismo

I successi sportivi di atleti italiani nelle competizioni internazionali furono presentati come vittorie dell’Italia fascista. L’automobilismo appassionava maggiormente i ceti urbani dell’Italia industrializzata. Le imprese del pilota mantovano Tazio Nuvolari entusiasmavano le folle, che vedevano sfrecciare sotto i loro occhi il sogno della velocità, della potenza meccanica dominata dall’uomo. Il legame tra sport e fascismo si esaltò nel 1938, anno di grandi successi internazionali per l’Italia sportiva. Il purosangue Nearco vinse la corsa di cavalli più prestigiosa al mondo, l’Arc de Thriomphe. La nazionale di calcio si aggiudicò per la seconda volta consecutiva la Coppa del mondo e il ciclista Gino Bartali trionfò al Tour de France. Prima delle competizioni, gli atleti italiani salutavano la folla alzando il braccio teso: era il cosiddetto «saluto romano», introdotto dal fascismo.

CARNERA, UN «EROE ITALIANO»

Primo Carnera fu forse il campione sportivo più utilizzato dalla propaganda fascista. Era un gigante alto più di due metri, che da ragazzo era emigrato in Francia con la famiglia per sfuggire alla povertà. Si dedicò al pugilato e nel 1933 diventò campione mondiale dei pesi massimi, vincendo un incontro a New York. A quel punto era perfetto per incarnare l’«eroe» dell’Italia fascista: un gigante che, dal nulla, aveva costruito il suo successo, primeggiando in uno degli sport più violenti e dimostrando al mondo di che cosa sono capaci gli italiani. Nel 1933 combatté un incontro a Roma indossando la camicia nera, alla presenza di Mussolini. Il duce si fece fotografare con lui. I giornali dedicarono pagine intere alle sue vittorie, ma naturalmente non diedero mai notizia delle sue sconfitte (che arrivarono abbastanza presto). Un preciso ordine del governo vietò ai giornali di pubblicare fotografie di Carnera al tappeto.

CULTURA & stili di vita

Il cinema secondo il fascismo

Una città del cinema
Durante gli anni Trenta, l’industria cinematografica italiana fece grandi progressi. Nel 1932 fu inaugurata la Mostra del cinema di Venezia, il primo festival cinematografico al mondo. Si svolge tuttora e i suoi premi sono prestigiosi. Altro motore per lo sviluppo del cinema fu la fondazione, a Roma, degli studi cinematografici di Cinecittà. Qui si giravano film e al tempo stesso si formavano giovani registi e attori che studiavano nel Centro sperimentale di cinematografia.

Propaganda diretta e indiretta
Alcuni film prodotti a Cinecittà (una minoranza) erano di aperta propaganda del fascismo. Uno di questi si intitolava Camicia nera e faceva riferimento alla vita di Mussolini. Il film racconta la storia di un fabbro italiano emigrato in Francia (Mussolini era figlio di un fabbro). Combattendo durante la Prima guerra mondiale, il protagonista perde la memoria. La recupera anni dopo e torna in Italia, trovando un paese più moderno grazie al fascismo (bonifica delle paludi Pontine, inaugurazione della città di Littoria). Un altro filone cinematografico sfruttato dal fascismo fu quello dei film storici. Il più famoso fu Scipione l’Africano, girato nel 1937. La pellicola racconta le vittorie di Roma antica in Africa, durante le guerre puniche, proponendole come modello per le «imprese» coloniali dell’Italia fascista.

Un’immagine significativa dell’importanza che Mussolini attribuiva al cinema come mezzo di propaganda.

Il cinema dei telefoni bianchi
L’industria cinematografica italiana fu finanziata dallo stato con l’obiettivo di contrastare la diffusione dei film stranieri, soprattutto americani. In quegli anni andarono di moda i film chiamati «dei telefoni bianchi». Narravano storie sentimentali, mostrando donne eleganti che indossavano lunghi abiti da sera e passavano il tempo in futili conversazioni al telefono, di colore appunto bianco. Erano film di evasione, in quanto offrivano immagini di un mondo che la maggioranza degli italiani poteva solo sognare, allontanando così per un momento i problemi della vita quotidiana.

Il fascismo al cinema, 30 ANNI DOPO

Quando il fascismo sarà caduto (1943) e finalmente in Italia tornerà la democrazia (1946), si potrà rappresentare sul grande schermo la realtà, senza falsificarla a scopo di propaganda. E si potrà anche ridere del fascismo, prendendo in giro i suoi fallimenti e i suoi eccessi. Nel 1962 il regista Dino Risi girerà un film intitolato La marcia su Roma. È la storia di due poveracci (interpretati da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi) che non sanno niente del fascismo e partecipano alla marcia per puro opportunismo, sperando di ottenere poi dei vantaggi. Il film è una commedia umoristica, ma presenta un ritratto storicamente molto esatto delle delusioni e delle speranze degli italiani dopo la Prima guerra mondiale. Su queste delusioni e speranze il fascismo costruì la sua fortuna. Altra commedia divertente, ma anche amara, è Il federale (1961, regia di Luciano Salce). Il protagonista è un fascista tutto d’un pezzo, che nutre fiducia illimitata nel duce e ripete continuamente gli slogan del fascismo, che sono l’unica interpretazione della realtà che egli conosce. Viene incaricato di portare a Roma un anziano, mite e ironico professore antifascista. Affrontano insieme diverse peripezie, che creano un legame tra loro.

StoriaFacile 3
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