Le prime fasi di guerra

La Polonia travolta

Travolte dall’attacco massiccio e improvviso delle armate tedesche, le difese polacche cedettero in soli quindici giorni. Subito dopo, la Polonia fu invasa da est dalle truppe sovietiche di Stalin, il quale intendeva tenere l’esercito tedesco il più possibile lontano dai confini russi. Il corridoio di Danzica fu annesso dalla Germania (vedi carta a fondo pagina).

La calma prima dell’inferno

Per tutto l’inverno 1939-1940 le operazioni di guerra furono poche. Questa relativa calma fu interrotta nella primavera del 1940, quando Hitler ordinò di occupare la Danimarca e la Norvegia. Francesi e inglesi si mossero con prudenza. Essi seguirono una tattica analoga a quella della Prima guerra mondiale, basata sulla tenuta delle posizioni sul territorio. Perciò rafforzarono le linee di difesa, come la linea Maginot, che separava la Francia dalla Germania. Erano 400 km di trincee, fortificazioni e filo spinato. La Germania, al contrario, si era attrezzata per una guerra dinamica, di rapido movimento, così da utilizzare al massimo la potenza delle armi più moderne: gli aerei, le navi, i sottomarini e i carri armati.

Hitler a Parigi

Nella primavera del 1940 i tedeschi scatenarono un violento attacco contro la Francia e puntarono direttamente su Parigi, occupata il 14 giugno 1940. Fu un giorno drammatico per l’Europa. Parigi, la capitale della democrazia e della libertà, dovette assistere alla sfilata dei carri blindati e delle truppe tedesche. A quel punto apparve evidente al mondo intero che le ambizioni di Hitler non avevano confini e che poteva realizzarle grazie al suo formidabile esercito.

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Il corridoio di Danzica
La cartina mostra il cosiddetto «corridoio polacco», dove si trovava la città di Danzica. Era una striscia di territorio istituita dopo la Prima guerra mondiale allo scopo di dare uno sbocco sul mar Baltico alla Polonia. Come si vede, il corridoio separava due zone della Germania.

La Francia divisa in due

I tre quinti della Francia furono occupati dai tedeschi, i quali ottennero la collaborazione di una parte dello stesso esercito francese, e in particolare del maresciallo Pétain. Egli divenne il capo di uno stato fantoccio, cioè di uno stato francese che prendeva ordini dalla Germania. Intanto un altro generale francese, Charles De Gaulle, aveva rifiutato di collaborare con i tedeschi e si era rifugiato a Londra: da lì, attraverso trasmissioni radio e la collaborazione con la Resistenza francese, accusava Pétain di tradimento ed esortava tutti i francesi a combattere per la Francia e per la libertà.

La battaglia d’Inghilterra

L’Inghilterra rimase sola a contrastare Hitler. Il primo ministro inglese Winston Churchill chiamò il paese a uno sforzo senza precedenti contro la minaccia nazista. A partire dal luglio del 1940, l’Inghilterra subì pesantissimi bombardamenti aerei, condotti dall’aviazione tedesca (la Luftwaffe). Gli aerei tedeschi furono combattuti dalla contraerea e dai caccia dell’aviazione inglese (la RAF, Royal Air Force). Utilizzando un nuovo strumento, il radar, l’aviazione inglese riuscì a intercettare molti aerei nemici prima che giungessero sui bersagli. Per Hitler fu un primo segnale: era difficile piegare un paese che disponeva di un grande sistema industriale e nel quale la popolazione era pronta a sopportare qualunque sacrificio per mantenere la propria libertà.

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Ci aspettano lacrime e sangue, ma vinceremo!
Riportiamo un brano del discorso tenuto da Winston Churchill al Parlamento inglese il 13 maggio 1940.
"Dico al Parlamento che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza. Voi chiedete: qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una mostruosa tirannia insuperata nell’oscuro e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica. Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. È la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c’è sopravvivenza. Assumo il mio incarico con slancio e speranza. Sono sicuro che i popoli non permetteranno che la nostra causa sia sconfitta. In questo frangente, in questo momento, mi sento in diritto di chiedere l’aiuto di tutti e di dire: «Venite dunque, andiamo avanti assieme con le nostre forze unite»."

1. Che cosa offre Churchill agli inglesi? 
2. Che cosa gli dà comunque slancio e speranza?

L’Italia entra in guerra

Inizialmente l’Italia non entrò in guerra. Mussolini attendeva un’occasione favorevole: voleva intervenire nel conflitto per ottenere dei vantaggi territoriali, ma senza correre grandi rischi. Infatti sapeva bene che l’esercito italiano non era abbastanza preparato ed equipaggiato per sopportare un lungo conflitto. Tuttavia, visti i rapidi successi tedeschi, il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra al fianco dell’alleato tedesco, nella convinzione che la guerra sarebbe finita presto. Mussolini ordinò l’attacco alla Francia, un paese già messo in ginocchio dall’aggressione tedesca. I combattimenti durarono tre giorni, costarono un migliaio di morti e portarono alla conquista di pochi territori.

Mussolini porta la guerra in Africa

Mussolini fece poi un gesto che avrebbe avuto grandi conseguenze. Scatenò il conflitto in Africa, facendo marciare le truppe italiane che si trovavano in Eritrea contro le vicine colonie inglesi. Quindi ordinò l’attacco alla Grecia, ma l’operazione non ebbe successo. Fu la Germania di Hitler a togliere all’Italia il comando della guerra sia in Grecia sia in Africa. Le truppe tedesche dell’Afrika Korps, comandate dal generale Rommel, fecero arretrare gli inglesi.

Il fronte si sposta a est

Nella primavera del 1941, Hitler ritenne di poter attuare il progetto più ambizioso: invadere l’Unione Sovietica. Gli scopi fondamentali erano due: abbattere il comunismo e impadronirsi delle grandi risorse agricole e minerarie dell’URSS. Secondo le idee razziste del nazismo, i popoli «inferiori», come gli slavi (e i russi sono slavi), dovevano essere conquistati e costretti a lavorare in condizione di semischiavitù a beneficio dei conquistatori.

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L’Europa nella morsa del nazismo
A metà del 1942 parte dell’Europa era ormai nelle mani dei tedeschi e del loro alleato italiano. In Europa occidentale solo la Penisola iberica era rimasta fuori dal conflitto. La Francia era ormai sotto il controllo tedesco, mentre l’Inghilterra resisteva da sola. In Europa orientale l’avanzata dei nazisti continuava con l’attacco all’URSS.

L’Operazione Barbarossa

Sin dall’inizio della guerra, Hitler aveva messo a punto il cosiddetto piano «Barbarossa» per un attacco all’Unione Sovietica. Si proponeva di annientarla, così come aveva fatto con la Polonia, smembrandola in diversi stati dipendenti da Berlino. Il 22 giugno 1941 tre milioni di soldati tedeschi, con 10 000 carri armati e 3000 aerei, piombarono sull’Unione Sovietica da tre direzioni. L’esercito russo ripiegò, ma riuscì a mettersi a difesa delle due principali città, Mosca e Leningrado. La sconfitta russa era stata netta, ma non totale. L’esercito era arretrato, ma continuava a difendersi.

La Russia si difende

Nel 1942 una nuova avanzata portò i tedeschi sino alle porte della città di Stalingrado e nel Caucaso, dove vi erano ricchi giacimenti di petrolio. Nei territori occupati, i nazisti imposero un regime di terrore: i prigionieri di guerra furono fucilati; violenze di ogni genere furono praticate contro la popolazione civile; migliaia di ebrei e di dirigenti comunisti vennero messi a morte nelle camere a gas dei campi di sterminio.

VIVERE SOTTO ASSEDIO. LA DIFESA DI LENINGRADO

Leningrado oggi si chiama San Pietroburgo. Come nel 1940, è la città più moderna della Russia, quella più aperta alle comunicazioni con l’Europa. Nel 1940 la abitavano tre milioni e mezzo di persone. I tedeschi, nella loro avanzata, furono fermati nei pressi della città. Iniziò allora un terribile assedio che durò ventinove mesi, dal settembre 1941 al gennaio 1944. I militari tedeschi bloccarono tutte le vie di rifornimento. Rimase aperto solo un piccolo corridoio verso il lago Ladoga, che prese il nome di «Strada della Vita». In inverno un treno faceva la spola viaggiando sulle rotaie posate sul lago gelato. Tutta la popolazione contribuì alla difesa, anche solo continuando a svolgere regolarmente il proprio lavoro. Nei tre gelidi inverni, alle prime luci dell’alba si scorgevano ombre di passanti trascinare su slitte i cadaveri dei loro cari, morti per fame e freddo. Anche gli artisti fecero la loro parte. Un famoso musicista, Dmitri Shostakovich, compose la sua famosa Sinfonia di Leningrado proprio nei giorni dell’assedio. Quella musica divenne un manifesto della lotta contro il nazismo. A Leningrado c’era e c’è tuttora una statua molto amata dagli abitanti, che la chiamano Cavaliere di bronzo. Ricorda Pietro il Grande, lo zar che fondò la città all’inizio del ‘700. Per tutta la durata dell’assedio, una pattuglia dell’armata sovietica montò ogni giorno il picchetto d’onore alla statua: era un segnale della volontà di resistere, anche perché i cittadini erano convinti che quella statua proteggesse la città.

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