Seconda guerra mondiale e Shoah

L’Europa sotto il dominio nazista

In Europa i paesi sconfitti dai tedeschi furono occupati militarmente e sfruttati economicamente. Furono depredati di ogni genere di ricchezza: materie prime, prodotti agricoli, oro, denaro, quadri e opere d’arte dei musei. La Germania utilizzò anche il lavoro forzato. Sette milioni di operai di altri paesi furono deportati e costretti a lavorare nelle fabbriche tedesche. La sorte più atroce toccò agli ebrei. La deportazione e lo sterminio degli ebrei furono causati dalle idee razziste che circolavano da tempo in Europa e che i nazisti adottarono. Il loro progetto era quello di creare un mondo «puro», dominato dalla razza ariana e dove gli ebrei non esistessero più. Shoah è il termine ebraico con il quale si definisce lo sterminio nazista del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale. La parola significa «catastrofe, distruzione». In passato questa tragedia fu anche chiamata «Olocausto».

La «soluzione finale»

Già prima dell’inizio della guerra si erano avute le persecuzioni contro gli ebrei tedeschi in nome della difesa della razza ariana (vedi il capitolo 10). Durante l’invasione della Polonia, nel 1939, gli ebrei cominciarono a essere trasferiti verso est e ammassati nei ghetti, dove vivevano separati dal resto della popolazione e potevano essere controllati strettamente. Poi, a partire dal dicembre 1941, iniziarono a essere trasferiti nei campi di sterminio. Qui, con scientifica determinazione, gli ebrei vennero uccisi a milioni nelle camere a gas e i loro corpi vennero bruciati nei forni crematori. Quando invasero la Russia, i nazisti decisero di annientare tutta la popolazione ebraica dei territori conquistati. Uomini, donne e bambini ebrei dei ghetti o dei villaggi russi venivano trasportati dagli speciali corpi delle SS a qualche chilometro di distanza dai centri abitati, per essere poi fucilati in massa e seppelliti in fosse comuni. Infine, agli inizi del 1942, a Gross-Wansee, presso Berlino, si tenne una conferenza dei capi nazisti. Fu decisa la «soluzione finale», cioè la distruzione totale della popolazione ebraica di tutti i paesi europei, anche di quelli non ancora invasi. Il principale pianificatore dello sterminio fu Adolf Eichmann. «All’occorrenza salterò nella fossa [morirò] ridendo perché la consapevolezza di avere cinque milioni di ebrei sulla coscienza mi dà un senso di grande soddisfazione»: così scrisse Eichmann. Si calcola che durante la Shoah (1939-1945) morirono circa 6 milioni di ebrei.

L’odio per i «diversi»

Lo stesso razzismo che giustificò lo sterminio degli ebrei ispirò altri crimini verso persone e gruppi considerati inferiori. Tali erano per i nazisti i popoli slavi. Ciò determinò il tentativo di annientamento dei polacchi e l’assassinio di circa due milioni di prigionieri di guerra russi, nonostante un accordo internazionale, firmato anche dai tedeschi, imponesse di non uccidere i prigionieri di guerra. L’intolleranza razzista si esercitò verso i deboli e verso coloro che erano ritenuti «diversi». Circa 70 000 cittadini tedeschi furono mandati a morte perché malati di mente, incurabili, disabili. La stessa idea, secondo cui esistevano esseri che non avevano dignità umana, portò alla persecuzione in tutta l’Europa degli zingari, che a decine di migliaia vennero fucilati o uccisi nelle camere a gas dei campi di sterminio. Infine il razzismo tedesco si rivolse contro gli omosessuali e i transessuali, condannandoli a pene detentive e ai lavori forzati.


Ebrei nel vagone ferroviario che li porterà nel campo di sterminio.

LEGGERE le CARTE

I luoghi dello sterminio
Sulla cartina sono indicati i principali lager (campi di concentramento) nazisti. Si trovavano quasi tutti in Europa orientale, oltre che in Germania.

STORIA & memoria

Destinazione Auschwitz, sola andata


Campi di concentramento e campi di sterminio
Durante la guerra, i nazisti costruirono in Europa orientale numerosi campi di concentramento (o lager). Vi rinchiusero sia delinquenti politici (cioè oppositori del nazismo), sia prigionieri di guerra e persone che appartenevano alle categorie che i nazisti consideravano «inferiori » o pericolose: ebrei soprattutto, ma anche zingari, malati di mente, omosessuali. I lager erano campi di lavoro forzato, dove i prigionieri erano costretti a lavorare in condizioni disumane al servizio del Reich. Quando non erano più in grado di lavorare, venivano uccisi. In seguito vennero organizzati veri e propri campi di sterminio, riservati unicamente agli ebrei. Si trovavano tutti in territorio polacco: Birkenau, Chelmno, Belzec, Sobibor, Majdanek, Treblinka e altri. Come rivela il nome, in questi campi venivano rinchiuse persone destinate a essere uccise entro breve tempo nelle camere a gas.

Auschwitz
Il campo di Auschwitz, in Polonia, fu aperto nel 1940 e in origine era destinato ai prigionieri politici polacchi. Poi i nazisti vi internarono anche gli ebrei. Nel 1941 fu ampliato con la costruzione, nella vicina Birkenau, di un complesso di camere a gas e forni crematori. Il campo di Birkenau fu costruito con il lavoro dei detenuti. Auschwitz-Birkenau, come gli altri lager, fu un luogo non solo di sterminio, ma anche di torture, di folli e inutili esperimenti su cavie umane, di lavori sfiancanti. Di tali atrocità è rimasta testimonianza nelle memorie di coloro che riuscirono a sopravvivere. Birkenau fu il campo di sterminio dove, durante la Shoah, avvenne il maggior numero di uccisioni: i morti furono almeno 1 400 000, ma alcuni storici ritengono che siano stati di più. È certo che, nella primavera del 1944, si arrivò a 22 000 esecuzioni al giorno.

Quelli che collaborarono
In Occidente le deportazioni sistematiche iniziarono nel 1942, con il «Piano Auschwitz». Gli ebrei occidentali non erano facilmente distinguibili dal resto della popolazione, poiché non erano rinchiusi nei ghetti. Per questo motivo l’amministrazione tedesca doveva, prima di raggruppare le vittime, individuare gli ebrei con la collaborazione delle amministrazioni locali. Talvolta vi fu anche la collaborazione di semplici cittadini, che denunciarono gli ebrei o svelarono ai nazisti i loro nascondigli. Perché lo fecero? Per paura, e perché i pregiudizi contro gli ebrei erano diffusi. Oppure per convenienza, sperando di ottenere qualche vantaggio o ricompensa dai loro nuovi «padroni».

I giusti
Nella tragica storia della Shoah c’è però anche posto per i «giusti». Sono coloro che cercarono di aiutare, proteggere o nascondere i perseguitati. «Giusto», nella tradizione ebraica, è colui che sente come propria la sofferenza degli altri e perciò cerca di salvare chi si trova in situazioni di pericolo, anche a rischio della propria vita. Una delle storie più note è quella dell’industriale tedesco Oskar Schindler, che salvò più di mille ebrei, impiegandoli nella fabbrica di cui era proprietario. Altrettanto nota è la figura dell’olandese Miep Gies, che aiutò la famiglia di Anna Frank a nascondersi per più di due anni e che è più volte ricordata nel celebre Diario di Anna. Il commerciante italiano Giorgio Perlasca riuscì a salvare molti ebrei spacciandosi per il console spagnolo di Budapest, in Ungheria. Alcuni «giusti» pagarono con la vita il loro coraggio. Fu il caso di Calogero Marrone: lavorava nell’ufficio dell’anagrafe di Varese e ne approfittò per procurare documenti falsi a molti ebrei, che così si salvarono. Fu scoperto, arrestato e mandato nel campo di concentramento di Dachau, dove morì nel febbraio del 1945. Stessa sorte per Giovanni Palatucci, un funzionario di polizia che, per avere aiutato molti ebrei a rifugiarsi in Italia meridionale, fu deportato a Dachau, da dove non fece ritorno.

27 gennaio: UNA DATA PER RICORDARE

Oggi in molti paesi del mondo, compresa l’Italia, il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria, in ricordo delle vittime del nazismo e della Shoah. La data scelta ricorda il 27 gennaio 1945, giorno in cui le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono ad Auschwitz, scoprendo quel che restava del campo di sterminio e liberando i pochi detenuti superstiti. In Italia una legge del 2000 così definisce le finalità del Giorno della Memoria: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».

La Shoah in Italia

Il regime fascista aveva emanato nel 1938 una legge contro gli ebrei, che li escludeva dalle scuole, dalle università e da molte professioni. La legge fu voluta da Mussolini e firmata dal re Vittorio Emanuele III. La Chiesa non protestò, se non per l’articolo che vietava i matrimoni misti tra ebrei e cattolici. Deportazione e sterminio iniziarono dopo il settembre del 1943, quando i tedeschi occuparono l’Italia del Nord e crearono uno stato fascista, la Repubblica sociale italiana, con a capo Mussolini (come vedremo nel capitolo successivo). I fascisti italiani collaborarono con i tedeschi nella caccia agli ebrei. Uno dei primi episodi fu il rastrellamento del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, nel corso del quale furono catturate oltre 1000 persone. Il campo di Fossoli, in provincia di Modena, fu un campo di transito, cioè un luogo dove gli ebrei venivano rinchiusi provvisoriamente, in attesa di essere trasferiti nei lager dell’Est Europa. La Risiera di San Sabba (nei pressi di Trieste), invece, fu un luogo di morte, dove molti ebrei furono trucidati. Furono circa 8000 gli ebrei italiani che trovarono la morte nei campi di sterminio.

Chi sapeva tacque

Il massacro di innocenti cessò solo nella primavera del 1945, verso la fine della guerra, con l’arrivo degli Alleati e dei russi nelle zone in cui vi erano i lager. Allora tutti seppero. Ma fino a quel momento il mondo intero aveva taciuto, anche se molti conoscevano nei particolari quello che succedeva nei campi di concentramento e di sterminio. Lo conoscevano i servizi segreti degli Alleati, la Croce Rossa Internazionale, la popolazione che viveva nelle vicinanze dei campi, i combattenti nella Resistenza contro i nazisti, la Chiesa luterana tedesca, il papa Pio XII. Ciascuno tacque per una sua ragione: per timore, per scarsa sensibilità verso l’immane tragedia che si stava compiendo, per non danneggiare gli ebrei stessi con una denuncia che si temeva comunque inutile a salvarli. Fino all’arrivo degli Alleati e dei russi, gli ebrei dovettero cercare di resistere da soli, pur sapendo di non avere speranze. Riuscirono comunque a formare dei gruppi di ribelli e a sollevare rivolte in venti ghetti e in cinque campi di sterminio.

LA RIVOLTA DEL GHETTO DI VARSAVIA

A Varsavia, capitale della Polonia, il ghetto non esisteva. Lo crearono i nazisti nel 1940 e vi ammassarono 380 000 ebrei. Era un quartiere della città circondato per tutto il suo perimetro da un muro. Questa barriera di mattoni non poteva essere attraversata da un ebreo se non in due modi: o a bordo di un treno piombato diretto ai campi di sterminio, o dentro una bara per essere sepolto nel cimitero ebraico. L’area del ghetto era piccola e il sovraffollamento spaventoso. Tra l’aprile e il maggio del 1943, gruppi armati di ebrei organizzarono una rivolta nel ghetto. L’esercito tedesco riuscì a reprimerla nel sangue. Terminata la rivolta, il ghetto fu demolito con la distruzione della maggior parte delle case superstiti e divenne il luogo delle esecuzioni di prigionieri e ostaggi polacchi.

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