La guerra partigiana

Partigiani della libertà

Accanto alla guerra combattuta dagli eserciti nazionali si svolse un’altra guerra, minore per numero di uomini e di mezzi. Fu la guerra della Resistenza. Si combatté nell’Italia centro-settentrionale e in Francia e vi parteciparono volontari civili, i partigiani. Si trattava di uomini che avevano disertato dagli eserciti di Mussolini, di Hitler e del francese Pétain, che collaborava con i nazisti. Si unirono tra loro, dando vita a brigate, cioè a formazioni di tipo militare. Il loro scopo era sconfiggere il nazismo e il fascismo, cacciare gli invasori tedeschi e riconquistare la democrazia e la libertà. Molti volontari scelsero di combattere per ragioni ideali. Una volta sconfitti i nazifascisti, volevano costruire una società rinnovata. Per questo nella Resistenza si trovarono uniti uomini con le idee politiche più diverse, dai comunisti ai cattolici, dai socialisti ai liberali.

Guerra di liberazione e guerra civile

La Resistenza fu anche una guerra civile, perché i partigiani combatterono contro i loro connazionali che stavano dalla parte opposta, come i fascisti italiani o i francesi fedeli al governo di Pétain. I partigiani adottarono metodi di guerriglia: sabotaggi, rapide incursioni, cattura di armi, controllo di zone limitate. Vissero in clandestinità, rifugiandosi in montagna o in zone riparate. Agirono con l’appoggio degli americani e degli inglesi, che li rifornirono (ma in misura limitata) di armi e viveri.

La situazione italiana

La guerra partigiana in Italia cominciò dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Mentre il paese veniva occupato dai tedeschi, si costituirono in clandestinità i primi gruppi di partigiani. A loro si unirono molti militari che, rimasti senza ordini, rischiavano di cadere nelle mani dei tedeschi. Alla guerra partigiana aderirono tra i 200 e i 300 mila italiani. La maggior parte combatteva nelle formazioni di Sinistra. Tra loro vi era la speranza che, dopo la caduta del nazifascismo, fosse possibile rinnovare nel profondo la società, facendo trionfare la giustizia sociale e la democrazia. Tra i partigiani comunisti molti pensavano che, dopo la liberazione del paese, sarebbe stato possibile attuare una rivoluzione sull’esempio di quella del 1917 in Russia. Altre formazioni partigiane si ispiravano invece a ideali moderati (liberali e monarchici) ed erano orientate a ricostruire lo stato così come era prima dell’avvento del fascismo.

Scioperi e rappresaglie

I partigiani del Nord trovarono appoggio tra gli operai, i quali nel marzo del 1944 organizzarono grandi scioperi, che paralizzarono le maggiori città industriali (Torino, Milano, Genova). La risposta dei nazisti e dei fascisti della Repubblica di Salò coinvolse anche la popolazione civile, che subì terribili rappresaglie. A Roma, nel marzo del 1944, per vendicare 32 tedeschi caduti in un agguato partigiano, Hitler ordinò che fossero fucilati 335 ostaggi (strage delle Fosse Ardeatine). Nel paese di Marzabotto, in provincia di Bologna, pochi mesi dopo i tedeschi uccisero 1830 persone, tra uomini, donne, bambini, neonati strappati alle madri.


Un gruppo di civili è stato messo in fila e sta per essere fucilato. Baveno (Novara), 1944.

LEGGERE le CARTE

L’avanzata degli Alleati in Italia
La carta mostra l’avanzata delle truppe alleate dopo lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943.
• Nel settembre dello stesso anno gli Alleati sbarcarono in continente e cominciarono la risalita della penisola. A fine settembre giunsero a Napoli, dove la popolazione insorse e costrinse i tedeschi ad abbandonare la città dopo quattro giorni di combattimenti (le Quattro giornate di Napoli, 27-30 settembre 1943).
• I tedeschi organizzarono una linea difensiva nel Basso Lazio, presso Cassino, bloccando a lungo l’avanzata anglo-americana. Roma fu liberata solo nel giugno del 1944, dopo un secondo sbarco di truppe alleate ad Anzio.
• L’Italia centro-settentrionale rimase nelle mani dei nazisti fino al 1945. Fu in queste regioni che le brigate partigiane combatterono contro i tedeschi e i «repubblichini», cioè i fascisti della Repubblica di Salò. Le maggiori città del Nord furono liberate tra il 24 e il 26 aprile del 1945.

LEGGERE le FONTI

Lo avrai, camerata Kesselring…
Kesselring fu il comandante delle truppe tedesche inviate in Italia. Come tale, fu il principale responsabile delle atrocità commesse dai suoi soldati ai danni della popolazione civile italiana. Processato nel 1947 per crimini di guerra, Kesselring fu condannato a morte, ma poi la condanna fu trasformata in carcere a vita. Nel 1952, in considerazione delle sue condizioni di salute, fu messo in libertà. Tornato in Germania, Kesselring osò dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che anzi gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli un monumento. A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, uno dei capi della Resistenza italiana, con una famosa iscrizione, collocata nell’atrio del Palazzo comunale di Cuneo.

Lo avrai,
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
Resistenza.

«Camerata» è l’appellativo con cui si chiamano i fascisti tra loro.
Le rovine dei villaggi distrutti, la cui popolazione fu sterminata.
I giovani partigiani morti in combattimento o giustiziati dai tedeschi dopo essere stati catturati.
Gli inverni del 1943-’44 e 1944-’45, quando i partigiani (che si rifugiavano in montagna) tennero testa all’esercito di Kesselring.
La primavera del 1945, quando i tedeschi furono costretti a ritirarsi definitivamente e l’Italia settentrionale fu liberata.
I partigiani catturati e torturati perché facessero il nome dei loro compagni e rivelassero i loro nascondigli.
Il testo sottolinea la differenza insormontabile tra chi combatté per amore della libertà («per dignità») e chi combatté dalla parte della dittatura e dell’oppressione («per odio»).
Se di nuovo la libertà fosse messa in pericolo.
Il messaggio finale è rivolto al futuro ed esprime la certezza che la Resistenza non verrà dimenticata. L’esempio di chi combatté e morì per la libertà sarà sempre seguito.

StoriaFacile 3
StoriaFacile 3