«Vinceremo!». Ma non andò proprio così...
10 giugno 1940: Mussolini annuncia l’entrata in guerra in un discorso accolto con entusiasmo da milioni di italiani. Promette una guerra breve e assicura: «Vinceremo! ». Cominciano invece cinque anni di privazioni e di sofferenze sempre maggiori. Cerchiamo di capire che cosa significò vivere in tempo di guerra attraverso la spiegazione di alcune parole che, purtroppo, diventarono molto familiari agli italiani durante il periodo 1940-1945.
Tessera annonaria
Durante la guerra la produzione agricola diminuì, gli scambi commerciali con altri paesi cessarono e la maggior parte del cibo disponibile fu destinato ai soldati. Perciò fu introdotto il razionamento: ciò significa che a ogni cittadino spettava una determinata razione giornaliera o mensile di ciascun prodotto. La razione era stabilita dallo stato. A ogni famiglia fu assegnata una tessera annonaria. Era un cartoncino grigio, composto da tanti tagliandini: ogni tagliandino corrispondeva a una certa quantità di pasta, riso, olio, zucchero, ecc. Ogni volta che si faceva la spesa, il negoziante ritirava i tagliandini corrispondenti alle merci acquistate. Nel 1941 la razione di pane era di 150 grammi il giorno; quella di zucchero di 500 g il mese. I prezzi dei generi alimentari erano fissati per legge.
Mercato nero
Era il mercato illegale e clandestino di beni sottoposti a razionamento, chiamato anche «Borsa nera». Nei negozi i prodotti scarseggiavano sempre di più. Però quegli stessi prodotti si trovavano al mercato nero a prezzi molto superiori a quelli imposti dallo stato. In certi casi erano gli stessi negozianti a vendere pane e generi alimentari al di fuori di quelli acquistabili con la tessera e a prezzi più alti. Talvolta i contadini venivano in città a vendere al mercato nero i prodotti del loro orto e del loro pollaio. Il mercato nero si diffuse, nonostante le autorità stabilissero punizioni esemplari, compresa la pena di morte. Chi non poteva permettersi di comperare i prodotti al mercato nero cercava di arrangiarsi con i surrogati. Per esempio, al posto del caffè, si bevevano le «ciofeche », derivate dalla cicoria, dall’orzo o da chicchi di cereali tostati.
Oscuramento
Consisteva nell’eliminare o ridurre nelle ore serali e notturne le sorgenti luminose nelle case e nelle strade, per proteggere le città dagli attacchi aerei nemici. Le città dovevano apparire dall’alto come macchie nere. Le finestre erano schermate con carta e coperture che non lasciavano filtrare la poca luce dell’interno.
Coprifuoco
Era il divieto di circolare nelle ore serali e notturne. Fu adottato per lo stesso motivo dell’oscuramento, cioè per non esporre la popolazione a rischi e per evitare che le luci guidassero gli aerei nemici. Durante la guerra, in tutte le città fu imposto un orario di chiusura anticipata ai locali pubblici e di divertimento, come caffè, sale da ballo, cinema e teatri.
Rifugio
Era un locale dove i cittadini trovavano riparo durante i bombardamenti. I rifugi potevano essere trincee in luoghi aperti (come le piazze) protette da sacchi di sabbia. Oppure gallerie sotterranee, il cui ingresso era protetto da torrette in cemento armato. L’avviso di un imminente bombardamento veniva dato da una sirena d’allarme collocata su edifici pubblici. Restare in casa era pericoloso, perché si rischiava di essere sepolti dalle macerie. Ma spesso nemmeno i rifugi offrivano una protezione adeguata. Inoltre anziani, malati e disabili avevano difficoltà a lasciare all’improvviso i propri appartamenti.
Sfollati
Molti abitanti delle città, soprattutto quelli più benestanti, si trasferirono in campagna o in luoghi meno soggetti a bombardamenti, perché lontani dalle fabbriche, dalle ferrovie, dai centri abitati, principali bersagli degli attacchi aerei. Nelle campagne inoltre era più facile trovare cibo, poiché le famiglie contadine disponevano di ortaggi, uova e animali da cortile. Si chiamavano sfollati anche coloro che avevano perso la casa, crollata a causa di un bombardamento. Si rifugiavano in cantine, garages, edifici pubblici, botteghe abbandonate.