In Africa

Verso l’indipendenza

Al termine della Seconda guerra mondiale tre potenze europee, cioè Francia, Gran Bretagna e Portogallo, dominavano gran parte dell’Africa. Un solo paese africano era libero: l’Etiopia, colonia italiana divenuta indipendente nel 1941 e poi ingranditasi con l’annessione dell’Eritrea. Poco dopo la guerra, cominciò un movimento di decolonizzazione che partì dall’ area mediterranea. Nel 1951 la Libia, che era stata colonia italiana, ottenne l’indipendenza sotto la monarchia del re Idris. Poi fu la volta della Tunisia e del Marocco, che si sottrassero al controllo francese. Nell’altra grande colonia della Francia, l’Algeria, l’indipendenza fu raggiunta nel 1962 dopo una guerra di liberazione.

L’anno dell’Africa

Il 1960 fu l’anno dell’Africa, perché diciassette stati conseguirono l’indipendenza. Altri ottennero lo stesso obiettivo negli anni successivi. Quasi ovunque i nuovi stati africani si resero indipendenti in forme pacifiche, se si esclude il Kenya, nel quale la fine del regime coloniale fu preceduta da moti contadini e repressioni. Più sofferta fu la decolonizzazione dell’Africa portoghese (Angola, Mozambico, Guinea-Bissau), che ebbe successo dopo anni di guerriglia solo nel momento in cui in Portogallo fu instaurata la democrazia (1975).

Dittature e guerre civili

In alcuni stati africani si insediarono regimi dittatoriali, che si macchiarono di atroci delitti. In altri casi i nuovi stati, indipendenti sul piano politico, non lo erano su quello economico. Restavano legati alle ex potenze coloniali o alle grandi imprese europee. L’episodio più drammatico si verificò nello Zaire (ex Congo belga), dove scoppiò una sanguinosa guerra civile per la richiesta di indipendenza del Katanga, una zona mineraria, sostenuta da una società petrolifera che aveva molti interessi in quella regione.

LA BATTAGLIA PER IL CANALE

Un momento importante si ebbe dopo la guerra, quando l’Egitto, sotto tutela inglese, mostrò di volersi liberare dal controllo economico e politico. Il presidente Nasser decise di nazionalizzare (cioè di far diventare di proprietà dello stato) la Compagnia del canale di Suez, che era di proprietà inglese e francese (1956). La Compagnia faceva ricchi guadagni imponendo tasse alle navi in transito. Si aprì una crisi, culminata con l’intervento armato di Francia, Inghilterra e Israele. In seguito, dopo lunghe trattative, Francia e Inghilterra accettarono la nazionalizzazione egiziana.

I PROTAGONISTI

Nelson Mandela

«Nelson Mandela ha vissuto per un ideale e l’ha reso reale»
(Barack Obama, presidente degli Stati Uniti)

L’apartheid
La Repubblica Sudafricana (o Sudafrica) è un’ex colonia inglese, diventata indipendente nel 1931. Nel 1948 era abitata da una minoranza di bianchi (circa il 20% della popolazione), che deteneva il potere politico ed economico, e da una maggioranza di neri, che viveva in estrema povertà ed era priva dei diritti politici e civili. In quell’anno la condizione dei neri peggiorò, perché cominciò a essere introdotto l’apartheid («separazione»). Ciò significava che doveva essere rispettata una rigida separazione tra bianchi e neri in ogni campo: case, scuole, ospedali, trasporti, attività sportive. Erano vietati i matrimoni misti tra bianchi e neri. I bianchi risiedevano in quartieri dotati di tutti i servizi. I neri, invece, furono costretti a vivere in agglomerati di baracche. Potevano entrare nelle zone riservate ai bianchi soltanto se muniti di apposito passaporto, pena l’arresto.

La lotta non violenta
La politica di segregazione razziale provocò l’isolamento internazionale del Sudafrica. L’ONU condannò l’apartheid come crimine contro l’umanità e adottò sanzioni economiche. Ciò significa che i paesi aderenti all’ONU non potevano avere rapporti commerciali con il Sudafrica. Le sanzioni furono però poco efficaci, perché molti paesi non vollero sacrificare i loro interessi economici. All’interno del Sudafrica l’opposizione all’apartheid fu guidata dal movimento African National Congress, di cui divenne leader Nelson Mandela. Nato nel 1918, Mandela (chiamato Madiba nel suo clan di appartenenza) studiò nelle scuole per neri e si laureò in Legge. Il partito di Mandela cercò di opporsi all’apartheid in modo non violento, ricorrendo alla disobbedienza civile, cioè rifiutando di obbedire alle leggi considerate ingiuste. Mandela stesso andò in visita in altri paesi africani, per sensibilizzare i loro governi al problema della segregazione razziale e per convincerli a fare pressioni sul Sudafrica per abolirla. Cominciò così a costruire il suo prestigio e la sua notorietà internazionale.

L’arresto e la condanna
Il governo sudafricano respinse ogni tentativo di dialogo e applicò in maniera sempre più rigida l’apartheid. L’African National Congress fu messo fuori legge e ogni manifestazione di protesta fu repressa con la violenza. A questo punto Mandela e gli altri dirigenti del movimento anti-apartheid decisero che era necessario intraprendere la lotta armata. Furono organizzate azioni di guerriglia e operazioni di sabotaggio contro i mezzi dell’esercito e altri obiettivi (per esempio le centrali elettriche). Nel 1962 Mandela fu arrestato e, dopo quasi due anni, fu condannato all’ergastolo con l’accusa di terrorismo. Pur recluso in carcere, Mandela continuò a essere un punto di riferimento per i neri del suo paese e un simbolo internazionale della lotta contro il razzismo. In Sudafrica la lotta contro l’apartheid continuò, in un’alternanza di manifestazioni pacifiche ed episodi di violenza. Gli incidenti più gravi si verificarono nel quartiere nero di Soweto, alla periferia di Johannesburg.

Mandela presidente
La situazione cominciò a cambiare alla fine degli anni Ottanta. Il Sudafrica perse il suo alleato più potente, gli Stati Uniti, che condannava ormai apertamente l’apartheid. Nel 1990 il primo ministro sudafricano, Frederik de Klerk, legalizzò i partiti di opposizione e intavolò trattative per un progressivo smantellamento del regime di segregazione razziale. Poi compì il gesto decisivo: la liberazione di Mandela. Dopo 27 anni di carcere, l’ormai anziano leader nero tornò libero e prese personalmente in mano le trattative con de Klerk. Nel 1991 fu siglato un accordo che stabiliva la fine dell’apartheid in tutto il paese. Nel 1993 entrò in vigore una nuova Costituzione, che introduceva il suffragio universale, attribuendo così il diritto di voto anche ai neri. Per aver realizzato questa svolta storica, a Mandela e de Klerk fu assegnato il premio Nobel per la pace. Le elezioni del 1994 registrarono il trionfo di Mandela, che fu eletto presidente della repubblica e primo ministro. I problemi non mancarono: nacquero contrasti tra le diverse etnie e la popolazione nera continuò a costituire la parte più povera della popolazione. Tuttavia lo sviluppo democratico del paese era avviato. Quando decise di ritirarsi dalla politica attiva, Mandela lasciò un paese pacificato e in crescita economica. Morì nel 2013, a 95 anni.

Diamanti insanguinati

L’Africa dispone di grandi ricchezze: oro, gomma, diamanti, petrolio, legno pregiato, uranio. Queste risorse, tuttavia, sono spesso sfruttate da società multinazionali che hanno sede in Europa, Stati Uniti e Asia, senza che l’Africa ne ricavi il giusto vantaggio. In Congo, per esempio, le società per lo sfruttamento delle miniere arrecarono gravi danni all’ambiente e cacciarono la popolazione indigena dei pigmei, che oggi rischiano l’estinzione. In Sierra Leone, negli anni ‘90 del Novecento, una sanguinosa guerra civile ebbe come causa il commercio illegale di diamanti. «Diamanti insanguinati» è un’espressione adatta a raccontare una realtà di ricchezze intrise di sofferenze.

L’indipendenza e le superpotenze

La differenza maggiore tra la decolonizzazione in Africa e quella in Asia fu che nel caso africano l’indipendenza rimase estranea alla competizione mondiale tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Tale risultato si mantenne fino al 1974-1975. In quel biennio nelle due colonie ex portoghesi (Angola e Mozambico) si instaurarono governi comunisti, appoggiati da Mosca. Ne derivò una guerra civile con la vittoria dei comunisti. Alcuni colpi di stato militari, effettuati tra il 1969 e il 1975 in diversi stati africani, ebbero come riferimento i modelli socialisti.


LEGGERE le CARTE

La decolonizzazione in Africa
La carta riassume il processo di decolonizzazione in Africa, con le date in cui i singoli paesi ottennero l’indipendenza.

StoriaFacile 3
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