La fine del comunismo

L’espansione del comunismo

Negli anni Sessanta il mondo comunista sembrava essersi rafforzato rispetto all’Occidente. L’Unione Sovietica aveva dato una prova di forza nel 1968 in Cecoslovacchia, quando i suoi carri armati avevano invaso il paese per destituire il governo del primo ministro Dubcek, che aveva cercato di fare riforme democratiche. Sul piano internazionale, il successo nella guerra del Vietnam e l’appoggio dell’URSS a diversi movimenti di indipendenza in Africa confermavano la forza del comunismo. Tuttavia, dopo essere giunto al punto di massima influenza mondiale, il comunismo subì un rapido declino che sfociò nel crollo totale.

L’URSS e l’opinione pubblica

La simpatia con cui milioni di democratici di tutto il mondo avevano seguito la guerra dei vietnamiti contro gli USA venne meno quando i comunisti andarono al potere e unificarono Nord e Sud Vietnam. Essi attuarono una repressione degli oppositori. Il comunismo provocò la fuga dal Vietnam di migliaia di persone, in condizioni disperate, che si affidavano a precarie imbarcazioni per scappare dal loro paese. Furono chiamati i boat people, la «gente delle barche». Navi dei paesi occidentali, tra cui anche l’Italia, raccolsero in mare quei disperati, che poi trovarono rifugio negli Stati Uniti. La delusione fu ancor maggiore quando, nel 1979, il Vietnam invase la vicina Cambogia per far cessare la guerra civile che imperversava in quello stato e soprattutto per portare al potere un governo amico.

Ritorno alla guerra fredda

I rapporti tra USA e URSS subirono un peggioramento quando l’esercito sovietico invase l’Afghanistan (1978). L’intervento militare doveva garantire all’URSS il controllo di quell’area, considerata di interesse strategico perché vicina alle zone di produzione del petrolio. Tuttavia i generali russi non avevano valutato le difficoltà dell’occupazione, contrastata dai guerriglieri. In risposta all’invasione dell’Afghanistan, gli Stati Uniti decisero diverse misure di ritorsione. Non parteciparono con i loro atleti alle Olimpiadi tenutesi a Mosca nel 1980. Sospesero gli accordi sul parziale disarmo nucleare che erano stati da poco definiti. Diminuirono le esportazioni di grano in URSS. Vararono infine un piano per l’installazione di missili nucleari in Europa, che avrebbero dovuto equilibrare la potenza dei missili sovietici.

STORIA & tecnologia

La conquista dello spazio

Chi arriverà prima?
Anche la conquista dello spazio rientrava nello scenario della guerra fredda. L’antico sogno del viaggio sulla Luna e dell’esplorazione dello spazio fu realizzato nel dopoguerra, come sfida tra le due superpotenze, USA e URSS. Entrambe fecero lavorare i migliori scienziati e si servirono delle tecnologie militari usate nella Seconda guerra mondiale, quando l’aviazione aveva fatto progressi enormi.

Un uomo in orbita
I sovietici partirono per primi: nel 1957 cominciarono a inviare satelliti artificiali nello spazio. Uno di questi aveva a bordo un essere vivente, una cagnetta di nome Laika. Nel 1961 misero in orbita una navicella spaziale, lo Sputnik, su cui viaggiava un uomo: Yuri Gagarin. Egli fu il primo a compiere un viaggio in orbita intorno alla Terra, dove fece ritorno dopo pochi giorni. I sovietici riuscirono anche in un’impresa strepitosa: quella di mandare un veicolo spaziale (senza nessuno a bordo) al di fuori della gravità terrestre. Il Lunik, così fu chiamato, si allontanò dalla Terra e sorvolò la Luna, per poi perdersi nel sistema solare. Tuttora viaggia nello spazio senza controllo né meta.

L’uomo sulla Luna
Gli USA, inizialmente battuti sul tempo, recuperarono terreno. Il 20 luglio 1969 trionfarono nella corsa al nuovo obiettivo della competizione spaziale: lo sbarco sulla Luna. Quel giorno gli astronauti americani Edwin Aldrin e Neil Armstrong misero piede sul suolo lunare (il terzo componente della missione, Michael Collins, rimase sulla navicella spaziale). Scesi dalla navicella, mossero qualche passo sul nostro satellite, piantarono la bandiera a stelle e strisce, presero campioni di pietre, scattarono foto. Milioni di persone seguirono in diretta televisiva quell’evento. Per noi oggi la diretta televisiva è un fatto normale. Non era così mezzo secolo fa, quando l’utilizzo di satelliti per telecomunicazioni era agli inizi.

Appuntamento nello spazio
Dopo la competizione, si passò alla collaborazione. Nel 1995 ci fu il primo incontro nello spazio fra una sonda russa (la Mir) e una americana (Discovery). La Luna fu messa da parte nei progetti spaziali e gli interessi si puntarono su Marte. Nel 1997 atterrò su Marte la sonda statunitense Pathfinder (parola inglese che significa «cercatore di sentiero ») e un robot cominciò a perlustrare il terreno. La ricerca di forme di vita continuò con altre spedizioni e tuttora resta un obiettivo delle ricerche spaziali.

Gli aerei supersonici
Intanto gli ingegneri lavorarono per costruire aerei supersonici per usi civili. Sono aerei in grado di viaggiare oltre i 2000 chilometri l’ora. I russi arrivarono per primi con il Tupolev modello Tu-144, che entrò in servizio nel 1968: raggiungeva i 2443 km/h e poteva trasportare 121 passeggeri. Nel 1969 inglesi e francesi fecero volare il Concorde. L’aereo supersonico anglo-francese percorreva la tratta Parigi-New York, lunga 6200 km, in 4 ore. Ne vennero costruiti solo 16 esemplari, invece dei 250 previsti, in quanto severi divieti relativi all’inquinamento ambientale ne limitarono le rotte commerciali. Fu ritirato nel 2002, a seguito di un grave incidente in fase di decollo avvenuto nell’aeroporto di Parigi.

Occhi e orecchi intorno alla Terra
Dal 1957, anno in cui è iniziata l’esplorazione spaziale, sono stati lanciati migliaia di satelliti per scopi civili e militari. I satelliti per usi civili servono a molti scopi. Quando oggi su un telefono cellulare consultiamo una mappa, o vediamo un’immagine, un video, l’orario di un tram e così via, lo dobbiamo a satelliti che ruotano stabilmente sopra la Terra. Molto usati sono i sistemi di satelliti, come il gps (Global positioning system, «sistema di posizionamento globale »), che sono in grado di determinare la posizione di un veicolo, un aeromobile o una nave con un margine di errore di pochi metri. I satelliti in orbita attorno alla Terra sono talmente tanti da creare un problema di affollamento. C’è anche un problema di sicurezza, dovuto alla «spazzatura spaziale »: sono i detriti di mezzi spaziali che hanno finito la loro missione e che continuano a vagare nello spazio.

Negozi vuoti

Più che dalle difficoltà internazionali, però, la crisi del comunismo derivò dal fallimento economico dell’URSS. Quali furono le cause? Il comunismo mondiale aveva costi elevati, che si scaricavano in prevalenza sull’URSS. Ad esempio: il governo di Mosca comperava lo zucchero di Cuba pagandolo a prezzi elevatissimi. Vendeva a prezzi irrisori energia elettrica e petrolio alle repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania) per mantenere il controllo su di esse. Teneva in vita un sistema industriale ormai arretrato, che produceva poche merci e di qualità scadente. La prosperità dell’Occidente metteva in risalto l’arretratezza del comunismo, la cui economia stentava persino a soddisfare i bisogni elementari della gente. I difetti del sistema economico erano criticati dagli stessi sovietici: scarso impegno di dirigenti e operai nel lavoro; fabbriche con macchinari antiquati e altamente inquinanti; prodotti scarsi e scadenti. I risultati si vedevano ogni giorno davanti ai negozi, dove si formavano lunghe code per acquistare il poco che era disponibile.

La politica della distensione

Il primo dirigente dell’URSS che denunciò i difetti del comunismo fu Michail Gorbaciov, capo del governo dal 1985. Egli tentò di indirizzare lo stato sovietico verso un radicale rinnovamento, per salvare l’URSS dal disastro economico e dalla rovina politica. In politica internazionale avviò la distensione con l’Occidente, concordando con gli Stati Uniti la riduzione dell’armamento atomico, divenuto troppo costoso per l’Unione Sovietica. Nel novembre del 1985 si tenne a Ginevra il primo incontro tra Gorbaciov e il presidente americano Ronald Reagan, nel quale si impostarono gli accordi per il disarmo. Nel 1987 fu firmato a Washington lo storico trattato, che prevedeva la distruzione di tutti i missili atomici puntati sull’Europa occidentale. Subito dopo, Gorbaciov ritirò le truppe sovietiche dall’Afghanistan.

LA CATASTROFE DI CHERNOBYL

Un evento simbolico dell’arretratezza tecnologica dell’URSS fu l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, avvenuto nel 1986. L’esplosione di un reattore della vecchia e insicura centrale provocò una fuoriuscita di sostanze radioattive che uccise migliaia di persone. Molte altre si ammalarono e morirono negli anni successivi. Una vastissima area fu contaminata. Si trattò di una delle più terribili catastrofi ambientali del secolo.

Trasparenza e riforme

In politica interna Gorbaciov avviò alcune grandi riforme, che avrebbero dovuto cancellare i difetti del comunismo. Egli lanciò due parole d’ordine:
• glasnost (trasparenza);
• perestroika (ristrutturazione).
Trasparenza voleva dire rendere democratica la politica, consentendo la libertà di opinione. Diventò possibile criticare pubblicamente il regime comunista, mentre tutti i detenuti politici vennero liberati. Fu consentita la formazione di partiti non comunisti. La ristrutturazione consistette nel tentativo di salvare l’economia, introducendo forme di libero mercato che diedero spazio all’iniziativa privata. In pratica lo stato sovietico rinunciava a controllare tutta l’economia, come aveva fatto fino ad allora. Le riforme di Gorbaciov suscitarono grande ammirazione nei paesi occidentali, ma in Unione Sovietica furono criticate perché non portarono miglioramenti nella vita quotidiana dei cittadini.

La rivoluzione democratica

L’introduzione della libertà in Unione Sovietica fu un segnale di via libera per tutti i democratici che vivevano nell’Europa orientale e che da tempo si opponevano ai governi comunisti dei loro paesi. Gorbaciov tolse l’appoggio ai governi comunisti dell’Est europeo e rinunciò al controllo militare di quell’area. Il risultato fu che i regimi comunisti di tali paesi non ebbero più la forza di contrastare le richieste di democrazia diffuse tra la popolazione.

La Polonia

Da tempo la Polonia tentava di uscire dal comunismo. Si era creato un dialogo tra il governo comunista e l’opposizione democratica rappresentata dal sindacato cattolico Solidarnosc («Solidarietà»), fondato da Lech Walesa. L’elezione, nel 1978, di un papa polacco (Karol Wojtyla, che prese il nome di Giovanni Paolo II) favorì la riconciliazione tra il partito comunista polacco e l’opposizione di Solidarnosc. Nel 1989 fu possibile un pacifico cambio di governo e, per la prima volta nel dopoguerra, un non-comunista divenne primo ministro. Nel 1990 Walesa fu eletto presidente della Repubblica polacca.

La pacifica rivoluzione del 1989

Nel 1989 crollarono tutti i regimi comunisti dell’Est. Nella Germania orientale grandi e pacifiche manifestazioni popolari abbatterono il muro di Berlino, simbolo della guerra fredda, e portarono al potere partiti anticomunisti. In rapida successione la rivoluzione democratica coinvolse l’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Bulgaria, la Romania. Solo in Romania fece vittime, tra cui il dittatore Ceausescu. Ovunque ai precedenti regimi subentrarono governi democratici, che dichiaravano di voler seguire l’esempio dei paesi dell’Europa occidentale (elezioni, pluralità dei partiti, diritti di libertà politica ed economica). 

La Germania di nuovo unita

Nel cuore dell’Europa si riformò un grande stato tedesco a seguito dell’unificazione della Germania dell’Est con la Germania dell’Ovest, decretata nel 1990. In tal modo i tedeschi tornarono a far parte di un unico stato all’incirca grande come quello costituitosi nel 1870, poi ridimensionato dopo la Prima guerra mondiale, ampliato da Hitler e infine smembrato e diviso dopo la Seconda guerra mondiale.

Fine dell’Unione Sovietica

Insieme con il crollo degli stati comunisti dell’Est europeo, la stessa Unione Sovietica fu messa in discussione. Nel 1989 contro il governo centrale di Mosca esplosero rivolte in molte repubbliche dell’URSS. Nel biennio 1990-1991 le tre repubbliche baltiche, Lituania, Lettonia ed Estonia (annesse dall’URSS nel 1939), si proclamarono indipendenti. Altre repubbliche seguirono la stessa strada, liberandosi da ogni vincolo con Mosca. Undici delle rimanenti repubbliche formarono una Confederazione chiamata «Comunità degli Stati Indipendenti» (CSI), nella quale la Russia costituì la principale unità.

Dall’URSS alla Russia

A Mosca nacquero aspre lotte per il potere. Esse culminarono nel tentativo da parte di alcuni settori dell’esercito e delle forze reazionarie del Partito comunista di attuare un colpo di stato per riprendere il controllo del governo sovietico (agosto 1991). Fallito il colpo di stato, il Partito comunista, al potere dal 1917, fu messo fuori legge. Fu decretata la fine dell’Unione Sovietica: dai palazzi di Mosca fu ammainata la bandiera rossa con falce e martello, simbolo dell’URSS. Lo stesso Gorbaciov perse ogni potere. Presidente della Russia, la principale delle repubbliche della CSI, fu eletto Boris Eltsin, esponente dei nuovi movimenti politici.


Manifestazione per l’indipendenza delle repubbliche baltiche.

Il mondo nuovo

Tutto ciò accadde nel Natale del 1991. Una settimana dopo cominciava il 1992 e, con esso, il mondo in cui ora viviamo: un mondo non più dominato dalle due superpotenze (USA e URSS) e non più basato sulla competizione tra due opposti sistemi politici ed economici. La fine del comunismo portò alla luce problemi e tensioni. La situazione politica restava confusa, perché le regole della democrazia non si affermarono pienamente. Inoltre in alcune repubbliche della CSI, situate nella zona del Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaigian), scoppiarono conflitti armati tra le diverse nazionalità che le componevano.

Ancora guerra nei Balcani

Nell’area dei Balcani, la Jugoslavia si divise in cinque stati: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Serbia. Quest’ultima aveva già prima una posizione di forza, che volle mantenere. Intervenne in Croazia e in Bosnia-Erzegovina, dove erano esplosi scontri armati tra i vari gruppi nazionali: serbi, croati, bosniaci. Sulla capitale della Bosnia, Sarajevo, s’indirizzò la pressione militare dei serbi, mentre in altre province erano le minoranze croate a scatenare i combattimenti. Un accordo, firmato nel 1995 con l’intervento del presidente americano Bill Clinton, portò alla pace. La pace però non si mantenne in tutta l’area. La guerra si trasferì in altre regioni, in particolare il Kosovo, con attacchi dei serbi contro la popolazione di origine albanese. La situazione migliorò quando le elezioni in Serbia portarono forze democratiche alla guida del paese. Fu allora che il governo diede il segnale di svolta atteso per la pacificazione nei Balcani: concesse che l’ex primo ministro Milosevic fosse portato davanti a un Tribunale penale internazionale, dove fu processato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Milosevic morì in carcere prima della sentenza del tribunale.

IL TRIBUNALE PER L’UMANITÀ

La Corte Penale Internazionale è un tribunale che giudica crimini internazionali. Ha sede all’Aja, nei Paesi Bassi. Le sue competenze sono limitate a pochi, gravissimi reati che riguardano la comunità internazionale: il genocidio (cioè l’intenzione di distruggere per intero un gruppo nazionale o religioso), i crimini contro l’umanità (violenze e abusi contro i popoli), i crimini di guerra (violazione delle leggi di guerra sottoscritte dagli stati).


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