La donna protagonista
Il femminismo
La parola «femminismo» ha due significati. Il primo riguarda il movimento che rivendica i diritti economici, civili e politici delle donne; il secondo, le teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e che studiano il suo ruolo nella storia. Le rivendicazioni femminili iniziarono alla fine del Settecento e si svilupparono nell’Ottocento. Le prime organizzazioni femministe furono fondate in Inghilterra verso la metà del secolo XIX; in seguito ne nacquero in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Le principali richieste delle femministe erano:
• il diritto delle donne a svolgere le stesse attività lavorative degli uomini con uguale retribuzione;
• la parità tra moglie e marito nell’ambito della famiglia;
• il diritto di voto e quello di candidarsi alle cariche pubbliche.
Le femministe diffondevano le loro idee con conferenze, volantini e soprattutto con giornali realizzati interamente da donne. Con l’innalzamento del livello di istruzione, infatti, il giornale divenne uno strumento di propaganda efficace. Inoltre i movimenti femministi inviavano richieste e proposte ai governi, organizzavano congressi sia nazionali sia internazionali, inscenavano manifestazioni di protesta.
La conquista del diritto di voto
Nel 1903 l’inglese Emmeline Pankhurst, insieme alla figlia Christabel, guidò le proteste delle donne che chiedevano la possibilità di votare. Erano perciò chiamate suffragette («suffragio» è sinonimo di «voto»). All’inizio del XX secolo le donne ottennero il diritto di voto negli Stati Uniti e in molti paesi europei, ma non in Francia e in Italia, dove fu concesso rispettivamente nel 1944 e nel 1946. Nel 1948 le donne ottennero finalmente un riconoscimento ufficiale della loro parità con l’uomo. Nella Dichiarazione universale dei diritti umani fu scritto che «tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali e hanno parità di diritti». Lo stesso documento stabilì la parità dei coniugi all’interno del matrimonio e l’uguaglianza delle retribuzioni a parità di mansioni assegnate e di lavoro svolto. Anche le nuove Costituzioni dei paesi europei inclusero l’uguaglianza dei diritti senza distinzione di sesso. Ad esempio, l’articolo 3 della Costituzione italiana, entrata in vigore nel 1948, afferma che «tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di sesso».
Le femministe di nuovo in lotta
L’acquisizione di diritti politici e civili non realizzò gli auspicati mutamenti della condizione femminile. Moltissime donne continuarono a essere discriminate (cioè trattate in modo differente) sia in famiglia sia sul lavoro. Negli anni tra 1950 e 1960 le femministe chiesero mutamenti sostanziali: pari dignità con l’uomo in casa e sul lavoro, nelle scuole e nell’università. Alla fine degli anni Sessanta le proteste delle donne si collegarono a quelle degli studenti, e più in generale dei giovani, che chiedevano maggiore libertà e la fine dell’autoritarismo in famiglia e a scuola. Grazie a queste lotte, e anche alla crescente presenza di donne nei Parlamenti europei, molti stati stabilirono una sempre maggiore parità tra i due sessi.
I progressi in Italia
In Italia il femminismo si concentrò su obiettivi specifici: la legge sul divorzio, ottenuta nel 1970, la riforma del diritto di famiglia (1975), il diritto all’aborto (1978). Nel 1975 entrò in vigore il nuovo diritto di famiglia, che attribuisce ai coniugi gli stessi diritti e doveri. Veniva così eliminata la vecchia figura del capofamiglia, al quale era attribuita la patria potestà, cioè il diritto esclusivo di decidere in merito all’educazione dei figli. Con quasi trent’anni di ritardo veniva attuato il principio stabilito dalla nostra Costituzione: «Il matrimonio è ordinato sulla uguaglianza morale e giuridica dei coniugi».
Una storia che deve ancora cominciare
Oggi le battaglie per la difesa della donna coinvolgono soprattutto i paesi dove la donna è pesantemente discriminata e deve sottostare alla volontà dell’uomo. In Arabia Saudita le è persino proibito di prendere la patente per la guida. In altri paesi le donne sono condannate a morte in caso di relazione extraconiugale. In Afghanistan vengono per questo lapidate, cioè uccise a colpi di pietra. In India lo stupro e la violenza sessuale sulle donne sono tollerati da alcune tradizioni e non adeguatamente puniti dalle leggi.