Più persone, più spostamenti

Un mondo più popolato

Tra il 1870 e il 1900, in Europa ci fu un forte incremento demografico, grazie soprattutto al miglioramento generale delle condizioni di vita. Pur essendo il più piccolo dei continenti, l’Europa nel 1900 era il più densamente popolato, con circa un quarto della popolazione mondiale. L’Asia ne ospitava oltre la metà (ogni due abitanti della Terra, uno viveva nel continente asiatico), ma la crescita demografica procedeva a ritmi più lenti. Le cifre riguardanti l’Africa sono incerte, perché in questo continente a fine Ottocento non si svolgevano ancora indagini statistiche né censimenti di popolazione. Dopo la prima emigrazione di metà Ottocento e quella, più consistente, del 1860-1890, una terza ondata migratoria si riversò in America tra il 1890 e il 1914. In quegli anni partirono dall’Europa 16 milioni di persone, per la maggior parte italiani.

Più operai e meno contadini

Prima del 1870 la maggioranza degli europei viveva in campagna: lavorava i campi a prezzo di grandi fatiche, era analfabeta e doveva obbedire ciecamente ai proprietari terrieri. Quasi nessuno si occupava di politica o credeva possibile cambiare in meglio la propria esistenza. Molte famiglie contadine vivevano in misere capanne, isolate nella campagna. Questa situazione cambiò alla fine dell’Ottocento, grazie allo sviluppo delle industrie, quando molti abitanti si trasferirono dalla campagna alle città per cercare occupazione nelle fabbriche. Grandi centri urbani si formarono così in Europa, in America e in Asia. 

Le metropoli

Per numero di abitanti e per l’insieme di fabbriche e di servizi, le grandi città stavano diventando autentiche metropoli. Il bisogno di provvedere al rapido spostamento di migliaia di uomini dalle loro case ai posti di lavoro stimolò il miglioramento dei trasporti urbani, realizzato con la costruzione di reti tramviarie che collegavano il centro alla periferia. Le principali metropoli (Londra, Parigi, New York, Chicago) alla fine dell’Ottocento furono dotate di linee metropolitane. È di questo periodo anche la fornitura su ampia scala di tutti quei servizi pubblici che oggi sono abituali: dall’illuminazione delle strade alla raccolta dei rifiuti, dalle fognature al rifornimento del gas e dell’acqua in ogni casa.

Le città da risanare

Da molti secoli le città erano luoghi in cui la morte vinceva sulla vita. La causa principale di questo bilancio in passivo, per cui i morti erano più dei nati, derivava dalle condizioni in cui vivevano le persone. Non c’erano servizi igienici nelle case; l’acqua la si doveva prelevare ai pozzi; il cibo non era controllato. Verso la metà dell’Ottocento, i medici si resero conto che i principali motivi di rischio per la salute erano due: l’acqua che si beveva e gli scarichi delle fognature. Le fognature esistevano già al tempo dei romani, ma alla metà dell’Ottocento non erano altro che un pozzo (chiamato «pozzo nero») in cui si riversavano gli scarichi. Ciò provocava una contaminazione del terreno, che era lo stesso in cui erano scavati i pozzi da cui era prelevata l’acqua da bere. Quindi la gente di città finiva con il bere acqua contaminata.

CHICAGO

È oggi la terza città degli Stati Uniti, con circa 9 milioni di abitanti. A metà Ottocento i suoi abitanti erano meno di mille, ma nei decenni successivi crebbero rapidamente. Nel 1871 fu quasi completamente distrutta da un incendio. Nella ricostruzione fu innalzato il primo grattacielo della storia, chiamato Home Insurance Building. Nel 1900, per risolvere il problema dell’inquinamento delle acque, fu deviato il corso del fiume Chicago con un’imponente diga.

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I progressi della medicina

Alla fine dell’Ottocento la medicina fece scoperte straordinarie come mai si erano avute in passato. Fu così possibile prevenire e guarire malattie un tempo incurabili.

La scoperta dell’infinitamente piccolo
Nella seconda metà dell’Ottocento le ricerche di due scienziati, il francese Louis Pasteur e il tedesco Robert Koch, portarono alla scoperta dei batteri, che sono causa di infezioni e malattie. Nel 1911 furono scoperte le vitamine e la loro funzione insostituibile nell’alimentazione umana. Il nome «vitamina » significa proprio che alcune microscopiche sostanze (le ammine) sono indispensabili alla vita. La medicina cominciava a indagare quel mondo infinitamente piccolo popolato di microrganismi, come le cellule, i batteri e i virus, in cui risiede il segreto della vita, della malattia e della morte.

Bere latte senza pericolo
I risultati delle ricerche scientifiche migliorarono anche l’alimentazione. Ad esempio si scoprì che il latte contiene batteri nocivi, che possono provocare infezioni. Per rendere il latte un alimento sano e innocuo, Pasteur inventò un metodo (chiamato pastorizzazione, dal nome del suo inventore) che consiste nel riscaldarlo fino a una certa temperatura e poi raffreddarlo velocemente. In questo modo si uccidono i batteri senza distruggere le sostanze nutritive contenute nel latte.

La sconfitta del dolore
Anche la chirurgia fece passi da gigante. La grande innovazione fu l’anestetico, scoperto negli Stati Uniti. Alcuni scienziati constatarono che una sostanza chimica, l’etere, induce insensibilità al dolore. Intanto in Scozia fu scoperta un’altra sostanza, il cloroformio, che produce effetti analoghi. Fu così possibile ai chirurghi operare i pazienti in assenza di dolore, praticando loro l’anestesia. Fu anche compresa l’importanza della disinfezione nella cura delle ferite e nella preparazione degli interventi chirurgici. Fu inventato l’acido fenico, che serve appunto a disinfettare la pelle e viene usato per la disinfezione degli strumenti chirurgici.

La grande paura del colera
Nell’Ottocento una delle malattie più temute era il colera. Si tratta di una malattia intestinale che provoca forti dolori e che, a quell’epoca, portava spesso alla morte. È una malattia estremamente contagiosa, che scatena terribili epidemie, con moltissime vittime. Per questo motivo il colera, nell’Ottocento, incuteva un terrore paragonabile a quello della peste nel Medioevo. Soltanto nel 1854, grazie alle ricerche dell’italiano Filippo Pacini, si scoprì che la malattia è provocata da un batterio. Nel 1883 Robert Koch mise a punto un vaccino contro la terribile malattia. Nel 1896 fu trovato anche un vaccino efficace contro il tifo, un’altra malattia contagiosa molto diffusa.

Più igiene, meno malattie
Nella lotta contro il colera, all’opera degli scienziati si affiancò quella degli amministratori delle città, che realizzarono piani di risanamento. Infatti il colera è provocato soprattutto da acqua o cibi infetti, in cui è presente il batterio responsabile della malattia. Le epidemie erano provocate dalla contaminazione tra l’acqua usata per bere e gli scarichi delle fogne. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, in molte città europee fu costruita una rete di tubi in ceramica per lo scarico delle fogne, collegati con grandi canali sotterranei di raccolta delle acque di rifiuto. Al tempo stesso furono installate tubazioni per l’acqua potabile. La netta separazione tra tubature dell’acqua potabile e condutture delle fogne scongiurò il pericolo di bere acqua infetta. Ovviamente trascorse molto tempo prima che fossero completate tutte le opere necessarie. Ma all’inizio del XX secolo si videro i risultati: le città furono meno esposte alle malattie; colera, tifo e un gran numero di altre infezioni portate dall’acqua diminuirono fino a scomparire quasi del tutto.

Il colera continua a colpire

In Italia l’ultima epidemia di colera (limitata a poche zone e molto meno devastante delle precedenti) avvenne nel 1893. Oggi si può dire che, nel mondo occidentale, il colera non fa più paura. Ma non è così dappertutto. In Asia, Africa e Sud America il colera continua a mietere vittime: l’ultima grave epidemia risale al 2008-2009 in alcuni paesi dell’Africa centro-meridionale. La causa è la medesima che scatenava la malattia nell’Europa dell’Ottocento: la mancanza di fognature efficienti e la scarsità di acqua potabile, che costringe le persone a bere acqua inquinata dal terribile batterio.

I cittadini diventano consumatori

I milioni di contadini trasferitisi in città erano spinti a uno stile di vita diverso da quello che conducevano in campagna. I salari erano bassi, tuttavia a poco a poco i consumi aumentarono. Nelle città, inoltre, viveva una borghesia (composta in gran parte da impiegati delle industrie e degli uffici pubblici) che guadagnava abbastanza da potersi permettere l’acquisto anche di beni non essenziali. Stava nascendo la società dei consumi. Industria, commercio e agricoltura fornivano prodotti di consumo per le masse, dai fornelli a gas, che entrarono nelle case di molte famiglie operaie, alle biciclette, dalle lampadine ai fonografi, dalle arance alle banane, per citare due prodotti alimentari il cui consumo, fino a qualche decennio prima, era considerato un lusso per pochi.

Le distanze si accorciano

Gli uomini stavano anche imparando a comunicare tra loro più rapidamente e intensamente che in passato. Viaggiare sulle grandi distanze era diventato più facile grazie ai progressi dei trasporti. Il tempo dei viaggi per mare tra Europa e America si poteva misurare in settimane e non più in mesi. Per esempio, dopo il completamento della ferrovia Transiberiana, nel 1904, si poteva andare da Mosca a Vladivostok (nella Siberia orientale, di fronte al Giappone) in due settimane. Con il telegrafo elettrico, scambiare messaggi da una parte all’altra della Terra era questione di ore. Tutte queste realtà, appena un secolo prima, sarebbero sembrate fantascienza.

LEGGERE le CARTE

La Transiberiana

La carta mostra il percorso della Transiberiana, la ferrovia che percorreva tutta la Russia da ovest a est. Il tragitto era lungo 9288 km. Prima della costruzione della ferrovia, per percorrerlo con una carrozza trainata da cavalli ci volevano circa 4 mesi; con il treno bastavano due settimane.

Diminuiscono le differenze tra uomo e donna

Anche le differenze tra gli individui diminuirono. Una fra tutte, la più radicata e antica, cominciò a ridursi: quella tra uomini e donne. L’anno 1900 è indicativo di questo cambiamento, che cominciava a portare le donne alla parità di diritti con l’uomo, in un mondo in cui erano sempre state inferiori in tutto. Non potevano votare, né avere posti di rilievo nella società. Nel 1900 si tenne a Parigi il Congresso internazionale sulle condizioni e i diritti delle donne, che richiese la pubblica assistenza per la maternità. In Germania le donne furono ammesse tra i professori delle università. Alle Olimpiadi di Parigi gareggiarono per la prima volta anche le donne. In Italia erano attive molte associazioni femminili, come il Movimento femminile socialista, nato nel 1897. Nel 1902 fu fondata in Gran Bretagna la Women’s Social and Political Union (L’unione sociale e politica delle donne), che si batteva per il diritto al voto delle donne. Il primo stato al mondo a riconoscere il suffragio femminile fu la Nuova Zelanda, all’inizio del XX secolo. In Europa, la Norvegia e la Danimarca riconobbero il suffragio femminile nel 1913. In Italia le donne voteranno per la prima volta nel 1946.

Alcune donne sfilano a Londra per reclamare il diritto di voto.

LE SUFFRAGETTE

A fine Ottocento, dapprima in Inghilterra e poi in altri paesi europei, nacquero associazioni di donne che si battevano per ottenere il diritto di voto (chiamato anche «suffragio»). Per questo motivo furono chiamate «suffragette». Le suffragette più attive appartenevano all’Unione sociale e politica delle donne, fondata nel 1903 dall’inglese Emmeline Pankhurst. Queste donne sfilavano in città mostrando cartelli con la richiesta del diritto di voto: un comportamento che, a quell’epoca, destava scandalo, perché non era normale che una donna si mostrasse in pubblico da sola, né che esprimesse un’opinione. Nonostante i giudizi negativi di gran parte della società, le suffragette fecero azioni dimostrative ancora più coraggiose, come incatenarsi alle cancellate dei palazzi del governo. Talvolta interveniva la polizia e alcune di loro furono arrestate e condannate al carcere.

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Darwin e l’evoluzionismo

Il positivismo e la fiducia nel progresso
Le grandi invenzioni e la crescita della produzione industriale cambiarono non solo la vita quotidiana di milioni di uomini, ma anche il loro modo di pensare e la cultura del tempo. Si diffuse la convinzione che la scienza avanzava verso nuovi traguardi e che l’uomo poteva dominare la natura, per metterla al suo servizio. Il padre di questa idea fu il francese Auguste Comte (1798-1857), il fondatore di una filosofia chiamata positivismo. Essa tolse significato a tutto ciò che non era s p i e g a b i l e con la ragione umana. Era una filosofia attenta alle esperienze concrete, alle applicazioni pratiche della conoscenza. I positivisti erano persuasi che, grazie alla scienza e alle sue applicazioni tecniche, ci sarebbe stato sempre maggior benessere.

Le rivoluzionarie teorie di Darwin
In questo scenario si affermò una nuova teoria scientifica, chiamata evoluzionismo. Ne fu autore il naturalista inglese Charles Darwin. Egli sostenne un’idea per quei tempi rivoluzionaria: tutte le forme viventi, dall’uomo agli animali alle piante, non sono fisse e immutabili, ma si trasformano in continuazione, adattandosi all’ambiente. L’ambiente, secondo Darwin, opera una selezione naturale: ciò significa che, all’interno di una specie, sopravvivono gli individui con le caratteristiche più adatte all’ambiente. Questi individui trasmettono i loro caratteri ereditari ai discendenti, garantendo così la continuità della specie. Gli individui meno adatti, invece, muoiono oppure non riescono ad avere discendenti. La selezione naturale opera anche condannando all’estinzione le specie non più adatte all’ambiente: è quello che accadde ai dinosauri, che si estinsero non essendo in grado di sopravvivere in un ambiente mutato a causa del cambiamento del clima.

L’origine dell’uomo
Darwin elaborò questa teoria in occasione di un lungo viaggio intorno al mondo, compiuto per nave. Nelle isole Galápagos (situate nell’oceano Pacifico, al largo dell’Ecuador) vide animali simili a creature preistoriche, come le gigantesche tartarughe tipiche di quelle isole. Questo incontro lo fece riflettere sulle forme della vita. Si convinse che la vita è una continua lotta tra le sfide dell’ambiente e le capacità degli esseri di rispondere. Ogni forma di vita, secondo Darwin, si trasforma (cioè si evolve: di qui il termine «evoluzionismo»), passando da forme più semplici e primitive a forme più complesse. Darwin espose queste idee in due libri, L’origine delle specie (1859) e L’origine dell’uomo (1871). In quest’ultima opera egli sostiene che anche l’uomo è frutto di un’evoluzione. L’uomo, infatti, discende da alcune specie di scimmie che modificarono le loro caratteristiche in relazione all’ambiente, sviluppando in milioni di anni caratteristiche e abilità nuove, come la posizione eretta e la comunicazione tramite la parola.

La condanna della Chiesa
I libri di Darwin suscitarono grandi discussioni e furono condannati dalla Chiesa. La teoria evoluzionista, infatti, nega l’intervento di Dio nella nascita dell’uomo e delle altre specie viventi. La Chiesa invece sostiene che l’origine del mondo è un atto compiuto da Dio, che vi è un disegno divino nella creazione della natura e dell’uomo e che quanto è stato creato da Dio non è mutabile. Soltanto nel 1996 papa Giovanni Paolo II riabilitò la teoria di Charles Darwin, ritenendo possibile conciliare la tesi sull’origine del corpo dell’uomo con la dottrina della Chiesa.

L’evoluzionismo non c’entra con il razzismo
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si diffuse una lettura falsata dell’evoluzionismo di Charles Darwin, che portò a differenziare gli uomini in razze in base al diverso grado di evoluzione. Secondo questa teoria, le razze più evolute si adattano meglio all’ambiente, si arricchiscono e si affermano sulle altre, che sono inferiori perché meno evolute. Le razze «inferiori» erano identificate nei neri dell’Africa, considerati i più sottosviluppati nella linea evolutiva dell’uomo. Si cercava così di dare una giustificazione scientifica all’imperialismo: esso non era un atto di forza e di violenza, ma un diritto delle cosiddette «razze superiori». Anzi, era addirittura un dovere, perché così le razze superiori aiutavano quelle inferiori a civilizzarsi. Tali teorie, che evidentemente non avevano nulla a che vedere con il pensiero di Darwin e che determinarono la formazione di una cultura razzista, sono oggi considerate prive di qualsiasi giustificazione scientifica.

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