Colonialismo e imperialismo

La corsa alle colonie

A partire dalla metà dell’Ottocento, tra le maggiori potenze europee si scatenò un’autentica corsa alla conquista di colonie. In pochi decenni tutta l’Africa e gran parte dell’Asia passarono sotto il controllo degli europei. Gli europei si muovevano su potenti navi d’acciaio; avevano in dotazione armi moderne; disponevano di finanziamenti da parte di banche e stati. Nessun ostacolo li poteva fermare, perché i popoli contro cui si dirigevano non potevano competere militarmente.

L’imperialismo

Perché si scatenò la corsa alle colonie? In Europa i paesi più industrializzati avevano una produzione di merci così elevata che non riuscivano a venderle tutte. Perciò bisognava cercare nuovi paesi in cui esportarle. Il paese colonizzatore poteva vendere i suoi prodotti nella colonia in regime di monopolio, cioè senza concorrenti. Infatti obbligava i popoli colonizzati a comperare solo le merci della madrepatria. Le colonie erano utili anche per un altro motivo. Più aumentavano le industrie in Europa, più erano necessarie le materie prime (ad esempio metalli, legname, ecc.), molte delle quali si potevano trovare in abbondanza fuori dell’Europa. I mercati coloniali, quindi, servivano a prelevare materie prime e a vendere prodotti industriali. Per questo motivo, le colonie venivano conquistate con le armi ed entravano a fare parte dello stato che le aveva conquistate. Questa tendenza fu definita con il termine «imperialismo», perché ciascuno dei più potenti paesi europei puntava a creare un impero formato dalla madrepatria e da più colonie in Asia e in Africa.

La Cina

La ripresa dell’espansione coloniale nel XIX secolo iniziò con l’arrivo in Cina di commercianti inglesi e francesi. Questi praticavano il commercio illegale dell’oppio, una droga prodotta in Asia e di largo consumo in Cina. Ai cinesi, che tentavano di bloccare il commercio dell’oppio, l’Inghilterra rispose con attacchi militari. La Cina, molto debole sul piano militare, fu costretta a scendere a patti: dovette consegnare agli inglesi il porto di Hong Kong e consentire la loro presenza sui mercati cinesi. Altri trattati economici favorevoli agli europei furono firmati con la Francia e con la Germania. La Cina divenne un grande mercato nel quale vendere i prodotti dell’industria europea e dal quale comperare a basso prezzo prodotti agricoli, come il riso e il tè, e materie prime.

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Le conquiste coloniali

Confronta i due planisferi: in circa mezzo secolo, l’intera Africa e l’Asia sud-orientale diventarono possedimenti europei. Come vedi, Gran Bretagna e Francia furono i due paesi che crearono i più vasti imperi coloniali. Invece la Germania, pur essendo una potenza economica e militare di prima grandezza, aveva possedimenti coloniali piuttosto limitati.

Le colonie europee nel 1850

Le colonie europee nel 1911


Gli inglesi in India

L’India divenne la più grande colonia europea dell’Ottocento. Esploratori e commercianti inglesi vi erano giunti tre secoli prima; avevano poi organizzato lo scambio di prodotti attraverso la Compagnia delle Indie Orientali, a cui il governo di Londra aveva concesso il monopolio del commercio tra Inghilterra e India. Con il passare del tempo, la Compagnia aveva esteso la sua azione economica e accresciuto i territori di sua proprietà. Gli inglesi attuarono grandi trasformazioni. Costruirono impianti di irrigazione nelle campagne, diversi porti e un’estesa rete ferroviaria. Incrementarono le piantagioni di cotone, tè e indaco (una sostanza colorante). Rimasero tuttavia antichi problemi, come la disoccupazione, la sovrappopolazione e la società di casta. Per di più, l’arrivo dei prodotti inglesi mise in difficoltà la produzione tessile dell’industria locale: la concorrenza era insostenibile.

La rivolta dei Sepoy

A metà Ottocento, l’India fu scossa dalla rivolta anticoloniale dei Sepoy, i soldati indiani al servizio degli inglesi. La rivolta scoppiò per un motivo apparentemente banale. Erano state introdotte dagli inglesi nuove cartucce per i fucili, ingrassate con grasso di animale, maiale o bue. L’involucro di tali cartucce doveva essere strappato con i denti. Agli indiani era vietato dalla loro religione anche solo sfiorare carne di quegli animali. I Sepoy pensarono che quel metodo fosse in realtà un tentativo degli inglesi di convertirli al cristianesimo facendo violare loro una regola fondamentale della religione induista. Da Londra vennero inviate nuove truppe, che annientarono i ribelli. Fu soppressa la Compagnia delle Indie Orientali e l’Inghilterra trasformò l’India in un dominio diretto della corona inglese. Poco dopo la morte dell’ultimo imperatore indiano, la regina Vittoria fu proclamata imperatrice d’India (1877).

Il Giappone, un paese isolato

Il Giappone, un territorio che si distribuisce su quattro isole principali e su una miriade di isole minori, ha sempre avuto un grande valore strategico, per la vicinanza alla Cina e alla Russia. Fino all’Ottocento, il Giappone rimase isolato dal resto del mondo. Al vertice della società vi era un ristretto numero di proprietari terrieri, militari, sacerdoti e funzionari. Nonostante esistesse la carica di imperatore, a esercitare il supremo potere era lo shogun, un capo politico e militare scelto all’interno di una sola famiglia di feudatari.

L’INDUISMO

Più che una religione, il termine «induismo» indica l’insieme di tradizioni spirituali in cui si riconosce la maggioranza degli abitanti dell’India, che professano religioni politeiste di antica origine. La parola fu inventata dai funzionari inglesi della Compagnia delle Indie Orientali nel XIX secolo per la necessità di denominare le tante realtà religiose del paese. La parola fa riferimento al fiume Indo, che era la linea di confine al di là della quale si apriva il vasto subcontinente indiano.

Il Giappone diventa una grande potenza

Alla sfida coloniale il Giappone rispose come nessun altro stato dell’Asia: rifiutò lo scontro e al tempo stesso non subì la dominazione straniera. In poco tempo i giapponesi trasformarono la loro economia e la loro società, imitando l’esempio dei paesi industrializzati. Chiamarono esperti dall’Europa per installare le industrie, costruire le ferrovie, introdurre il telegrafo e tutte le innovazioni della tecnologia europea. Ne derivò un rapido sviluppo industriale. Inoltre i giapponesi organizzarono un moderno esercito con armi sofisticate. Dopo di che si lanciarono in una politica di grande potenza, con una guerra vittoriosa contro la Cina (1894-1895). Questi grandi cambiamenti avvennero sotto l’imperatore Mutsuhito, che promulgò anche una Costituzione sull’esempio di quelle europee, che attribuiva una serie di poteri a un Parlamento.

La penetrazione europea in Australia

Ufficiali della marina britannica, cacciatori di foche e di balene, botanici ed esploratori, galeotti e carcerieri furono i primi europei a stabilirsi sulle coste dell’Australia, all’inizio dell’Ottocento. I coloni avanzarono nell’interno, presto seguiti dagli allevatori di bestiame che iniziarono la colonizzazione dell’Australia sud-orientale. Agricoltura e allevamento vennero praticati con obiettivi commerciali, ossia destinando i prodotti all’esportazione. Esportare a lunga distanza fu possibile grazie ai progressi della navigazione oceanica e alle tecniche di refrigerazione delle carni. Ad attrarre migliaia di nuovi immigrati ci fu anche il richiamo della scoperta dell’oro e di altri importanti giacimenti minerari. Mentre in Australia la colonizzazione si sviluppava liberamente, nella vicina Nuova Zelanda i coloni inglesi scatenarono contro i maori (la principale popolazione dei nativi) una «guerra per la terra», nel corso della quale questi ultimi vennero decimati.

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Un giapponese orgoglioso del suo paese

Fukuzawa Yukichi fece parte di una commissione di giapponesi che, per incarico del governo, viaggiò in Europa tra il 1853 e il 1860 allo scopo di apprendere le nuove tecnologie industriali. Leggiamo un brano della sua autobiografia.
"Sono costretto ad ammettere il mio orgoglio per questa realizzazione in Giappone. I fatti sono i seguenti: nel 1853 vedemmo per la prima volta una nave a vapore; e fu soltanto nel 1855 che iniziammo a studiare la navigazione degli olandesi a Nagasaki; dal 1860 la tecnica fu abbastanza conosciuta da permetterci di condurre una nave attraverso il Pacifico. Ciò significa che circa sette anni dopo la prima apparizione di una nave a vapore, dopo appena cinque anni circa di pratica, i giapponesi fecero una traversata del Pacifico senza l’aiuto di esperti stranieri. Credo che possiamo con orgoglio vantarci di fronte al mondo di questo coraggio e di questa abilità."
(da F. Yukichi, Autobiografia, 1900)

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