La crisi dei comuni
In Italia la divisione territoriale era così profonda che non poté svilupparsi un’unificazione statale, simile a quella realizzata in Francia o nella penisola iberica. Nell’Italia settentrionale esistevano i comuni (di cui abbiamo parlato nel capitolo 8), che però erano indeboliti dalle lotte interne. Inoltre i comuni italiani erano spesso in contrasto (e talvolta in guerra) tra loro. I governi comunali, pertanto, si erano dimostrati incapaci di mantenere la pace e l’ordine all’interno delle città. Per questo motivo, in comuni importanti, i cittadini più ricchi e influenti si accordarono per cambiare la forma di governo.
La nascita delle signorie
In molte città italiane fu nominato un capitano del popolo, scelto tra le famiglie più ricche e potenti della città. Il capitano aveva molti poteri, tuttavia era controllato dal Consiglio comunale e il suo incarico era limitato nel tempo. Ben presto, tuttavia, alcuni capitani del popolo cominciarono a esercitare la propria autorità non più per incarico della comunità, ma a titolo personale. Ciò significa che decidevano e agivano senza tener conto del Consiglio comunale e degli altri organi del comune. Il capitano del popolo si trasformò così in signore, che esercitava nel comune una specie di potere assoluto. I Consigli comunali non potevano far altro che obbedire alla volontà del signore e aiutarlo nella sua attività di governo.
La forza del consenso e la forza delle armi
La maggior parte dei signori, inoltre, utilizzò anche la forza delle armi. Il signore, infatti, era in genere una persona molto ricca, che poteva arruolare truppe mercenarie. Gli eserciti comunali furono sciolti. Per mantenere l’ordine, difendere il territorio ed eventualmente condurre le guerre, i signori utilizzarono i mercenari al loro servizio. Il potere dei signori, quindi, si basava su due elementi:
1. il consenso della popolazione. Il signore garantiva l’ordine nel comune, metteva fine alle lotte tra fazioni e spesso conquistava nuovi territori che rendevano più ricca e potente la sua città. Tutti questi motivi facevano sì che la popolazione fosse soddisfatta del governo del signore;
2. la forza delle armi, con la quale poteva sconfiggere i suoi nemici e tenere a bada i suoi oppositori. Molte delle principali città italiane, come Milano, Parma, Ferrara, Mantova, Firenze, Verona e Torino, divennero nel corso del Trecento altrettante signorie, ossia stati dominati da un unico signore.
I principati
Quando un signore aveva il denaro sufficiente per pagarsi un esercito e poteva contare su funzionari esperti e fedeli, la sua carica si trasformava da temporanea in permanente. Egli diventava infatti signore a vita e il suo potere e il suo titolo divenivano ereditari. Ciò significa che passavano di padre in figlio, esattamente come capitava nelle monarchie, dove alla morte di un re saliva al trono il figlio primogenito. Talvolta i signori riuscirono anche a ottenere, dall’imperatore o dal papa, un titolo nobiliare (conte, duca o marchese). Avvenne così il passaggio dalla signoria al principato. Il signore si trasformava in un vero e proprio sovrano, e questo suo potere era riconosciuto da un’autorità importante come il papa o l’imperatore.
Il duca di Urbino Federico da Montefeltro è qui ritratto con il figlio Guidobaldo, che ereditò il ducato alla morte del padre (1482), quando aveva solo 10 anni. Il piccolo Guidobaldo tiene in mano il bastone del comando. Ciò significa che è destinato in futuro a governare il ducato, succedendo al padre.
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Federico da Montefeltro, il signore in armi
In questo quadro è dipinta la Madonna con il bambino Gesù, attorniata da alcuni santi. Ma c’è anche un personaggio del Quattrocento.
Il personaggio inginocchiato davanti alla Madonna è Federico da Montefeltro, signore di Urbino dal 1474 al 1482.
Qui Federico è raffigurato in abiti militari, con la corazza, la spada e l’elmo, che ha deposto a terra. Egli, infatti, fu un capitano di truppe mercenarie, che militò al servizio del papa, di Venezia, di Milano e di Firenze.
Piero della Francesca, Sacra conversazione, 1472-1474 (Milano, Pinacoteca di Brera).