Nomadi nel deserto d’Arabia

Una tempesta passa, le stelle rimangono

Gli arabi ripetevano spesso questo proverbio: «Una tempesta di sabbia passa, le stelle rimangono». Saggezza e sopportazione delle difficoltà, in attesa che passino: ecco il contenuto che puoi cogliere in queste parole. Questo proverbio ci dice molto di quel popolo. Fa capire la vita dei nomadi del deserto, una vita difficile, tra sabbia e tempeste di sabbia, in un ambiente non certo favorevole all’uomo. E ancora: la notte stellata dopo la tempesta trasmette l’idea che l’arabo è pronto a sacrifici, perché è sicuro di rivedere le stelle dopo la bufera di sabbia.

Uomini del deserto

L’Arabia è una vasta penisola a forma di trapezio, che si estende fra il mar Rosso, il golfo Persico e l’oceano Indiano. La copre una vasta distesa di deserti, interrotti qua e là da oasi, perciò il suo territorio è poco ospitale per l’uomo. Nonostante un habitat tanto ostile, l’Arabia ha avuto grande importanza nella storia perché è stata una zona di passaggio tra i porti del Mediterraneo e l’Asia. Il deserto, infatti, era percorso da vie carovaniere che correvano lungo la costa del mar Rosso. Queste vie erano facilmente percorribili grazie alla presenza di numerose oasi, intorno alle quali si svilupparono importanti centri abitati. La via principale, partendo dal sud (oasi di Najran), consentiva in 60 giorni di arrivare al porto di Gaza, sul Mediterraneo.

Arabia felice

In Arabia poche terre fertili e adatte all’agricoltura si trovavano nelle oasi o lungo la costa meridionale, dove si svilupparono città e regni. Questa zona era chiamata «Arabia felice» e corrisponde all’attuale Yemen. Era una terra «felice» perché le sorgenti d’acqua davano la possibilità di irrigare il terreno e renderlo produttivo. Era stata unificata nel regno di Himyar, che controllava il mar Rosso e le coste del golfo Persico. Pertanto era un’area in cui arrivavano via mare le merci dall’India e dalla Cina. In questa zona si erano diffusi sia l’ebraismo sia il cristianesimo.

I nomadi del deserto

In Arabia vivevano in prevalenza gruppi di beduini nomadi. Arabo è parola che significa appunto «nomade», ossia persona che non ha fissa dimora e vive spostandosi in continuazione, mentre beduino vuol dire «deserto ». I beduini arabi, quindi, erano i «nomadi del deserto». Essi erano raggruppati in tribù. Il capo della tribù era lo sceicco, che veniva eletto dai suoi uomini. Tutta l’Arabia era governata dai capi tribù. Insieme con loro, erano i mercanti più ricchi ad avere il comando delle popolazioni. Sceicchi e ricchi mercanti vivevano nelle città e nelle oasi. I beduini si spostavano continuamente per l’interminabile deserto, conducendo lunghe carovane di dromedari. Si fermavano anche nelle città dove, dopo molte notti passate sotto le stelle, potevano riposare in fresche case di mattoni.

La religione delle tribù

L’unico legame che univa quei popoli del deserto era la lingua: l’arabo. Sul piano religioso erano per lo più politeisti, ossia adoravano diverse divinità. Le divinità che i beduini veneravano potevano essere alberi o sorgenti d’acqua o pietre ritenute sacre. I nomadi portavano con sé i loro dèi e li custodivano in una tenda rossa che li accompagnava ovunque. Praticavano riti comuni consistenti in pellegrinaggi a luoghi ritenuti santi. Il principale di questi era La Mecca, una città posta sulla pista che da nord a sud attraversava l’Arabia e che era costantemente percorsa dalle carovane. Alla Mecca sorgeva un tempio di nome Kaaba dedicato a tutte le divinità arabe. In quel tempio era custodita una pietra nera, un meteorite venerato dagli arabi come oggetto sacro. Alla Mecca una volta l’anno si teneva una grande fiera, che richiamava migliaia di beduini da tutta l’Arabia.

GLI INSOSTITUIBILI DROMEDARI

Per trasportare le merci, i beduini utilizzavano i cammelli e, più spesso, i dromedari. Animale di grande resistenza alla fatica, il dromedario può accumulare nel suo corpo notevoli quantità di cibo e di acqua, che poi assimila lentamente per più giorni. Può sopportare la sete e la fame anche per otto giorni. Ciò gli permette di sopravvivere a lungo nel deserto. Il dromedario è in grado di portare sul suo dorso fino a 200 kg di peso e di percorrere anche 150 km al giorno. Inoltre le femmine producono molto latte, che i beduini consumavano per alimentarsi e dissetarsi. Il dromedario ha per di più una vita lunga, sui 40-50 anni, così che lo stesso esemplare poteva essere utilizzato anche da più generazioni di beduini. Se non fosse stato aiutato da questo animale, l’uomo non avrebbe potuto attraversare il deserto e svolgere attività commerciali in quella zona così inospitale.



Un gruppo di dromedari al pascolo, sorvegliato dal padrone.

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