La Francia nella crisi economica

Un grande paese con un grande debito pubblico

Nel XVIII secolo la Francia era la prima potenza politica ed economica dell’Europa. Con i suoi 25 milioni di abitanti era al primo posto in quanto a popolazione. Era governata da una monarchia che durava da quasi mille anni e che per questo sembrava non dovesse finire mai. Il regno disponeva di un forte esercito, uscito vincitore dalla guerra contro l’Inghilterra, combattuta al fianco degli insorti americani. Ciononostante, c’erano alcuni segnali di difficoltà. Il debito pubblico cresceva tanto che non si riusciva più a ridurlo con i normali mezzi. In altre parole: lo stato continuava a spendere più di quanto guadagnava e gli aumenti delle tasse non bastavano a pagare le spese pubbliche. Molti debiti erano stati contratti dalla Francia proprio per mantenere l’esercito, il cui bilancio continuava a crescere in modo vertiginoso: era passato dai 60 milioni del 1740 ai 106 milioni del 1788.

Riforme impossibili

Il prelievo fiscale risultava squilibrato, perché alcune province erano oppresse dalle imposte, mentre altre ne erano esentate in base ad antiche consuetudini. Non solo: alcune categorie, come il clero e la nobiltà, non pagavano le tasse. Altre, come la borghesia e i contadini, ne pagavano troppe. Insieme con l’esercito, era la corte di Versailles, dove vivevano alcune migliaia di nobili, a consumare una larga parte delle entrate. Inutili furono i tentativi di tagliare le spese e ridurre i privilegi della corte, della nobiltà e del clero. Ci provarono alcuni ministri, tra cui il banchiere Jacques Necker. Nel 1788 egli compì un gesto clamoroso: rese pubblico il bilancio dello stato, facendo conoscere ai francesi la reale situazione finanziaria della Francia. Prima di lui, i conti pubblici erano sempre stati tenuti segreti. Quel gesto gli scatenò contro l’odio del clero e della nobiltà, che ottennero dal re il suo licenziamento. Avevano timore che Necker imponesse anche ai preti e ai nobili il pagamento delle tasse.


Interno di casa contadina in un dipinto del Settecento.

La nobiltà

In Francia la nobiltà, pur essendo composta di poche persone, era potente e ricca. Al suo interno era divisa in diversi gruppi. Vi era una nobiltà di corte, composta dai circa quattromila aristocratici che risiedevano nella reggia di Versailles o nei palazzi di Parigi. Avevano uno stile di vita basato sui consumi di lusso: ricche abitazioni, carrozze, servitù, alte spese per l’acquisto di opere d’arte, per i divertimenti e per i viaggi. Vi era poi la nobiltà «di toga», chiamata così dal nome dell’abito che indossavano i giudici. Era composta da persone che ricoprivano importanti cariche nel settore della giustizia e nell’amministrazione dello stato. Vi era infine una nobiltà di provincia, che viveva nei castelli e percepiva denaro o generi alimentari dai contadini che vivevano nelle sue terre. Non tutta la nobiltà era egualmente ricca. Molti nobili di provincia non possedevano grandi ricchezze, altri erano carichi di debiti.

Il clero

Come i nobili, anche il clero era diviso in gruppi molto diversi l’uno dall’altro. L’«alto clero» era così chiamato perché comprendeva cardinali, vescovi, titolari di importanti cariche. Questi occupavano i posti più alti della società e in prevalenza provenivano da famiglie della nobiltà. Il «basso clero» era composto da parroci e sacerdoti, con forti differenze tra città e campagna. Nelle città le parrocchie avevano ricchezze a sufficienza. In campagna, invece, il clero era meno preparato all’esercizio delle sue funzioni e più povero.

Il re è debole, la regina poco amata

Le difficoltà economiche aumentavano le preoccupazioni dei francesi, tanto che molti di loro cominciarono a perdere la fiducia nel re. A ciò contribuì il comportamento del sovrano, Luigi XVI, che non mostrava la capacità di governare il paese in un momento così difficile. Era anche accusato di subire l’autorità della moglie, Maria Antonietta d’Austria, poco o per nulla amata dai francesi. Alle difficoltà finanziarie si aggiunse la crisi agricola, esplosa tra il 1787 e il 1788, anni in cui i raccolti diminuirono per le pessime condizioni meteorologiche. I campi furono devastati da grandine e temporali e andò perduto un quarto della produzione agricola. I magazzini del grano erano vuoti, i prezzi del pane alle stelle. E il pane era il principale alimento del popolo.

L’attesa di grandi cambiamenti

L’incapacità del sovrano di prendere provvedimenti adeguati fece crescere il malcontento. Tra i francesi si diffuse la convinzione che il re dovesse convocare un’assemblea in grado di rappresentare tutta la nazione. L’esempio era offerto dai coloni inglesi del Nord America, che avevano eletto i loro deputati e approvato una Costituzione scritta. Fu avanzata la proposta di convocare gli Stati generali, per risolvere le tante questioni aperte. Gli Stati generali erano un’assemblea di consultazione della nazione che vi mandava propri delegati votandoli sulla base delle tre categorie (o stati o ordini) in cui era divisa la Francia : clero, nobiltà, Terzo Stato. Quest’ultima categoria comprendeva tutti coloro che non appartenevano agli altri due ordini. Il Terzo Stato raggruppava la maggioranza dei francesi, cioè circa il 98% della popolazione. Al suo interno vi era una grande differenza tra i contadini (l’80%), per lo più poveri e analfabeti, e la borghesia, composta di banchieri, notai, commercianti, avvocati, giudici.

La convocazione degli Stati generali

Gli Stati generali non erano un vero Parlamento, come quello inglese. Infatti non votavano alcuna legge, ma si limitavano a esprimere un parere in materia di tasse. Inoltre erano convocati solo quando al re pareva necessario farlo e, una volta esaurito il proprio compito, venivano sciolti. Da quasi due secoli nessun sovrano francese aveva più convocato quell’assemblea, di cui si era quasi perso il ricordo. Luigi XVI invece fu costretto a farlo a causa della disastrosa situazione delle finanze. Tutto ciò capitava in un clima di inquietudine generale. Disordini e sommosse erano segnalati in diverse città della Francia. A Parigi piccoli bottegai e artigiani, rovinati dalla crisi economica, nell’aprile del 1789 scesero in piazza e guidarono una folla inferocita. Furono prese di mira le case di due industriali, che vennero bruciate e demolite.

STORIA in CIFRE

La società francese

CLERO: 120 000 persone
ALTO CLERO (vescovi, cardinali)
BASSO CLERO (sacerdoti e parroci)
NOBILTÀ: 350 000 persone
NOBILTÀ DI CORTE (vive a Versailles, vicino al re)
NOBILTÀ DI TOGA (ha cariche importanti nella giustizia e nell’amministrazione dello stato)
NOBILTÀ DI CAMPAGNA (vive in provincia e riscuote i diritti feudali)
TERZO STATO: 24 000 000 persone
CONTADINI
OPERAI, ARTIGIANI, LIBERI PROFESSIONISTI (medici, avvocati, ecc.)
BANCHIERI

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