La società industriale

La vita breve

Nella prima metà dell’Ottocento gli uomini europei, rispetto a oggi, in media erano più bassi di statura, più deboli sul piano fisico, più esposti alle malattie. Dalle visite mediche dei giovani reclutati negli eserciti risulta che l’altezza media non superava il metro e mezzo. La vita umana continuava ad avere una durata media molto breve: 35 anni, più o meno come nei secoli precedenti (oggi in Europa è più del doppio!). Nella lotta contro le malattie più gravi la scienza medica era ancora impotente, nonostante qualche progresso. La vaccinazione contro il vaiolo cominciava appena a diffondersi. Il medico di inizio Ottocento poteva fare poco o nulla per guarire un’infinità di altre malattie, come la bronchite, l’influenza, la polmonite, il morbillo, che oggi si possono curare con i farmaci e prevenire con i vaccini.

La vita si allunga, cresce la popolazione

Se si confronta la realtà dell’Europa dell’anno 1800 con quella del 1850, si avverte che qualcosa di molto importante accadde in quei cinquant’anni. La popolazione registrò un forte sviluppo, passando dai 187 milioni del 1800 ai 266 milioni del 1850. Come spiegare questa crescita? I demografi, ossia coloro che studiano la popolazione, pensano che il motivo sia stato la diminuzione della mortalità. Contò lo sviluppo di nuove tecniche agricole che, come vedremo tra poco, fece crescere la produzione alimentare. Ciò consentì sia di sfamare un numero crescente di persone sia di ridurre il rischio della denutrizione. Corpi meglio nutriti presentano maggiori difese dal rischio di malattie, e quindi possono avere una vita più lunga.

Le macchine entrano nelle campagne

All’inizio dell’Ottocento l’economia europea non era molto cambiata rispetto ai secoli precedenti: infatti 8 persone su 10 (l’80%) lavoravano la terra. L’agricoltura, però, non aveva potuto svilupparsi a causa dell’arretratezza tecnica. Le fonti di energia erano rimaste le stesse sin dai tempi antichi. I contadini facevano muovere gli aratri, seminavano, raccoglievano, immagazzinavano il raccolto servendosi dell’energia umana e animale (cavalli e buoi). Nelle campagne, però, un cambiamento decisivo si realizzò là dove venne adottata la rotazione quadriennale. Una parte del terreno era riservata a piante di semina autunnale (grano); una seconda a quelle di semina primaverile (mais o riso); una terza a prato, da cui si ricavava il foraggio per il bestiame; l’ultima non era più lasciata del tutto incolta come nel passato. Si seminavano radici e legumi, che contenevano sostanze nutritive per la terra. In questo modo il contadino poteva coltivare l’intera superficie del suo campo tutti gli anni, anziché lasciarne una parte a riposo. Oltre a ciò, i contadini cominciavano a disporre di strumenti di lavoro più efficaci, come gli attrezzi agricoli in ferro e le macchine per lavorare i campi. Nel 1831 l’americano Mac Cormick inventò la macchina falciatrice, trainata da cavalli, cui seguì un modello a vapore. Cominciarono anche a essere adoperati i concimi chimici, che miglioravano la produttività del terreno.
POPOLAZIONE DI ALCUNI STATI EUROPEI

1800 1850
Gran Bretagna 11 000 000                                  21 000 000                                 
Stati tedeschi 24 000 000                                  35 000 000                                 
Austria-Ungheria                                  24 000 000                                  32 000 000                                 
Francia 27 000 000                                  35 000 000                                 
Stati italiani 18 000 000                                  24 000 000                                 
Russia 39 000 000                                  60 000 000                                 

La macchina a vapore

Nella prima metà dell’Ottocento la trasformazione maggiore derivò dalla diffusione delle industrie. Una spinta determinante venne dalla macchina a vapore. Come hai visto nel capitolo 10, era stata inventata nel 1769 da James Watt. Una macchina azionata dall’energia del vapore poteva compiere movimenti e sforzi impossibili all’uomo, agli animali e alle macchine azionate dal vento e dall’acqua. La macchina a vapore fu adottata nelle fabbriche tessili per azionare contemporaneamente più telai, collegati a essa con cinghie di trasmissione. In poco tempo andarono in disuso gli antichi mulini ad acqua. La macchina a vapore fu usata con successo anche nelle miniere. Essa pompava l’acqua dalle gallerie, consentendo di sfruttare anche i giacimenti che si trovavano a grandi profondità. Inoltre muoveva le funi dei pozzi per trasportare in superficie il metallo estratto. Infine faceva girare le teleferiche che collegavano le miniere ai porti o alle fabbriche.

Un nuovo tipo di carbone

Come combustibile, la macchina a vapore utilizzava il carbone. Questo minerale aveva anche altri impieghi: nelle fonderie era usato per la produzione della ghisa e dell’acciaio; nelle case e nelle fabbriche lo si utilizzava per il riscaldamento. Il carbone divenne così l’elemento fondamentale dello sviluppo industriale. Il carbone era ottenuto dalla combustione degli alberi (si chiama infatti «carbone vegetale»). Nel XIX secolo il carbone vegetale (che sviluppa poco calore) fu sostituito dal carbon fossile. Si tratta di un minerale molto duro che si trova in giacimenti sia di superficie sia del sottosuolo. I principali giacimenti di carbon fossile erano situati in Inghilterra, Belgio e Germania. La formazione del carbone risale a circa 300 milioni di anni fa, quando un clima caldo e umido favorì la crescita di alberi giganti: la loro morte e la successiva degradazione e trasformazione in minerale portarono alla formazione del carbon fossile.

Il secolo del carbone

L’Ottocento fu «il secolo del carbone »: l’industria mineraria, di conseguenza, ebbe una continua crescita, diventando uno dei settori più importanti dell’economia europea. Un grave impedimento allo sviluppo delle miniere erano le esalazioni di gas nocivi o infiammabili (grisù o metano) che potevano sprigionarsi quando si apriva una nuova galleria. Il fuoco della lampada tenuta dal minatore, a contatto con questi gas, provocava tremende esplosioni, con gravi danni e molte vittime. Nel 1816 fu per la prima volta adottata una lampada di sicurezza, inventata dall’inglese Davy, che rendeva meno probabili queste esplosioni, anche se non le impediva del tutto. Il lavoro in miniera divenne così un po’ meno pericoloso e fu possibile cercare sempre nuovi giacimenti.

L’Inghilterra officina del mondo

Verso il 1850 l’Inghilterra era saldamente in testa alla classifica dei paesi più industrializzati. Le quantità di carbone che produceva erano dieci volte superiori a quelle francesi o tedesche. Erano in funzione oltre 25 000 telai meccanici, contro le poche migliaia della Francia e della Germania. La rete ferroviaria disponeva di oltre 7000 km di ferrovie, contro i 3000 della Francia (allora il secondo stato europeo nella classifica dei binari posati). Ferrovie e navi a vapore, miniere e altiforni avevano cambiato il paesaggio inglese. Tentativi di creare le industrie cominciavano a dare qualche risultato anche in altri stati, come la Francia, il Belgio, la Germania e l’Italia. In Germania sorsero le prime acciaierie della famiglia Krupp, protagonista dello sviluppo industriale tedesco. Nel 1837 erano stati scavati i primi pozzi carboniferi nella regione tedesca della Ruhr. In Lombardia l’industriale Falck aprì il primo impianto per la produzione di rotoli di ferro, con cui si stampavano le carrozzerie dei treni e molti altri oggetti. Fabbriche meccaniche furono aperte anche a Napoli, Torino, Genova e in altre città del Nord.

IL CARBONE VEGETALE

La produzione del carbone vegetale avveniva nel modo seguente. Su uno spiazzo si piantava un alto bastone. Attorno si costruiva una specie di castello con pezzi di legna e foglie secche, formando un cono a cupola alto circa due metri. Si aggiungeva uno strato di terra per impedire il contatto diretto dell’aria con la legna. Quindi si sfilava il palo centrale e nel foro lasciato libero, che agiva da camino, si facevano cadere delle braci accese fino a innescare una lenta combustione. Questa poteva durare fino a 5 o 6 giorni. Al termine si era formato il carbone vegetale, simile alla carbonella che oggi si usa per fare la brace.

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