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L’Italia si prepara alla guerra
Un esercito forte solo a parole
Al pari della Germania, l’Italia accelerò i programmi per l’esercito. I piani militari si ispiravano alla Prima guerra mondiale e, quindi, non tenevano conto della rivoluzione tecnologica che stava modificando le strategie militari. Apparivano del tutto tramontati gli eserciti della Prima guerra mondiale, basati sul principio della superiorità della fanteria e sulla lenta avanzata di milioni di uomini. Truppe corazzate, aviazione, corpi speciali, navi: queste erano le nuove forze della guerra imminente. Mussolini mostrava sicurezza. Nel 1938, in un discorso al Senato, disse che l’esercito avrebbe reclutato 9 milioni di combattenti; dai 4 ai 5 milioni avrebbero combattuto in prima linea. Vantò la forza dell’Italia sui mari, e anche sotto i mari: «Confermo al Senato che l’Italia ha oggi la flotta sottomarina più potente del mondo. Abbiamo distanziato tutti in modo tale, che sarà molto difficile, se non impossibile, raggiungerci e toglierci questo primato». Anche nei cieli, naturalmente, l’Italia non temeva rivali: «Oggi l’aviazione italiana è la prima al mondo. Esiste la possibilità di avere un massimo di 20 000-30 000 piloti». Due anni più tardi si sarebbe toccata con mano l’assoluta infondatezza di tali cifre. Nel 1940, a guerra iniziata, i piloti reclutati furono 300 e non 30 000.La guerra di Spagna
Stalin: il totalitarismo in Unione Sovietica
Dopo la morte di Lenin (1924) e un periodo di lotte per il potere, verso la fine degli anni Venti si affermò in Unione Sovietica il potere di Stalin, che introdusse un regime di tipo totalitario. Stalin abolì la proprietà privata e dichiarò proprietà dello stato tutti i mezzi di produzione (fabbriche, terre e miniere). Tutto ciò rese possibile una forte crescita economica, ma portò alla costruzione di un regime fondato sul terrore, sull’eliminazione di tutti gli oppositori e sui campi di concentramento, con enormi costi umani.I piani quinquennali
L’abolizione della proprietà privata e il controllo da parte dello stato di tutta la produzione furono realizzati con un’economia pianificata. Ciò significa che lo stato sovietico indicava gli obiettivi da raggiungere: quantità di prodotti agricoli e industriali da produrre (tonnellate di grano, di acciaio e così via), i loro prezzi, la loro qualità. Lo fece con piani quinquennali, che fissavano di volta in volta gli obiettivi da realizzare entro cinque anni. Gli scopi di questa pianificazione erano due: fornire cibo sufficiente ai 200 milioni di cittadini sovietici; industrializzare rapidamente il paese, che era ancora molto arretrato. Per l’esecuzione dei piani quinquennali i comunisti facevano affidamento sullo «slancio individuale», ossia sull’impegno dei lavoratori. In quegli anni la propaganda insisteva molto sugli «eroi del lavoro socialista». L’esempio per tutti era il minatore Stachanov: egli aveva ideato un nuovo metodo per estrarre il carbone, che permetteva di ottenere più minerale. In pratica, però, i lavoratori furono costretti a effettuare turni di lavoro massacranti, decisi dal Partito comunista. La produzione industriale aumentò molto, ma a prezzo di grandi sofferenze per la popolazione.STORIA & memoria
Il gulag, inferno di ghiaccio
L’eliminazione degli oppositori
Mentre procedeva a realizzare l’industrializzazione guidata dall’alto, Stalin impose un controllo totale sulla società. Affermò il suo potere personale e impose a tutti i sovietici l’obbedienza agli ordini che venivano dal partito, da lui guidato. Gli oppositori, reali o immaginari, furono duramente colpiti. Milioni di persone furono condannate ai lavori forzati nei campi di concentramento (i gulag).
Morire nei gulag
I gulag erano campi di lavoro forzato, situati in zone difficilmente raggiungibili, per lo più in Siberia. Il numero massimo di prigionieri fu raggiunto nel 1950 con due milioni e mezzo di reclusi. La brutalità del trattamento, la durezza del lavoro forzato, il freddo, la fame, le malattie non curate furono le principali ragioni dell’alta mortalità tra i prigionieri.
Impossibile fuggire
Il taglio e trasporto del legname e il lavoro in miniera erano le attività più comuni e più dure. Le condizioni di lavoro erano talmente insopportabili che alcuni prigionieri si provocavano volontariamente gravi lesioni, pur di restare a riposo per un certo periodo. Non tutti i campi erano fortificati: in Siberia alcuni erano delimitati da semplici pali. La fuga veniva scoraggiata dai cani della polizia presenti in ogni gulag.
Le prime testimonianze
Tante sono le testimonianze sull’inferno dei gulag. La figura più celebre tra i condannati ai gulag è Alexandr Solženicyn. Arrestato nel 1945, visse in un campo di lavoro fino al 1956. Il suo romanzo Una giornata di Ivan Denisovic parlò per la prima volta della realtà dei gulag e la fece conoscere a tutto il mondo. Premio Nobel per la letteratura, Solženicyn fu espulso dall’Unione Sovietica per avere scritto Arcipelago Gulag, un libro di denuncia delle deportazioni e delle reclusioni nei campi di lavoro durante il regime di Stalin.
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