Chiesa contro impero

L’Europa unita nella fede cristiana

L’Europa era divisa in stati e regni, ma trovava una sua unità nella religione cristiana. Quasi tutti gli abitanti erano cristiani e seguivano i culti proposti dalla Chiesa. Festeggiavano la Pasqua (ricorrenza della risurrezione di Gesù) e il Natale (nascita di Gesù). Praticavano il digiuno in Quaresima, ossia nelle settimane che precedono la Pasqua. La Chiesa era presente ovunque con le sue parrocchie, con i sacerdoti e i vescovi (clero secolare), e con le abbazie dove risiedevano i monaci (clero regolare). La Chiesa aveva anche un ruolo politico. I papi incoronavano gli imperatori; alcuni vescovi, come nel caso della Francia, incoronavano i re ed erano presenti alle cerimonie di investitura dei cavalieri. Inoltre, in Germania, i vescovi-conti governavano in nome dell’imperatore.

Le ricchezze della Chiesa

La Chiesa medievale amministrava un’immensa fortuna. Molti ricchi fedeli facevano doni e lasciavano eredità (in denaro o in terre) a chiese e abbazie: volevano compiere un’opera buona, che avrebbe loro consentito di andare in Paradiso. Inoltre il clero percepiva la cosiddetta «decima», corrispondente all’incirca alla decima parte del raccolto dei campi, che i contadini erano obbligati a versare ai parroci e ai vescovi. In questo modo la Chiesa era entrata in possesso di vaste estensioni di terre, che venivano fatte lavorare dai contadini e che rendevano molto denaro.

La Chiesa si allontana dai suoi doveri religiosi

Molti vescovi e abati si dedicavano più ad accumulare ricchezze che non a svolgere la missione religiosa di insegnare la parola di Dio. Siccome le cariche religiose permettevano di arricchirsi, cominciò a diffondersi la simonìa. Essa consisteva nell’acquisto di cariche come quelle di vescovo o abate. Di conseguenza, spesso le cariche religiose erano occupate non dalle persone più meritevoli, ma da quelle che si potevano permettere di comperarle.

È necessaria una riforma della Chiesa

Nell’XI secolo la corruzione della Chiesa diventò molto grave. Marchesi, duchi e cavalieri comperavano le cariche ecclesiastiche per sé o per i loro parenti. Numerosi sacerdoti e monaci, invece di essere di esempio per i fedeli, non rispettavano i loro doveri di povertà e castità. Molti vescovi e abati avevano figli da donne che vivevano con loro come se fossero le mogli. Tutto questo suscitò sdegno tra i credenti. Sempre più persone chiedevano una riforma della Chiesa, cioè un cambiamento che riportasse vescovi, monaci e sacerdoti al loro dovere di essere le guide spirituali dei cristiani. Una prima riforma fu attuata da papa Niccolò II nel 1059. Egli stabilì che l’elezione del papa spettava ai soli cardinali. Era un cambiamento netto: infatti eliminava il Privilegio di Ottone che, come ricorderai, riservava all’imperatore il diritto di approvare l’elezione dei pontefici.

Le iniziative di Gregorio VII

Gregorio VII, papa dal 1073 al 1085, continuò con decisione l’opera di riforma della Chiesa. Cominciò con il vietare il matrimonio dei preti e la convivenza tra preti e donne. Condannò la simonìa e prese provvedimenti per migliorare la preparazione del clero, composto spesso da persone rozze e ignoranti. Gregorio VII affermò anche la superiorità del papa su ogni autorità terrena, compreso l’imperatore. Anzi affermò che il papa poteva scomunicare imperatori e re, se si fossero comportati indegnamente.

La lotta tra Chiesa e impero

Le riforme di Niccolò II e Gregorio VII scatenarono la reazione dell’imperatore, il quale considerava suo diritto nominare i vescovi. Questo contrasto fu chiamato lotta per le investiture e durò circa mezzo secolo, dal 1076 al 1122. Si chiamò così perché sia il papa sia l’imperatore rivendicavano il diritto di «investire » i vescovi della loro autorità. Nel 1076 l’imperatore Enrico IV convocò un’assemblea di vescovi tedeschi, che depose Gregorio VII. Quest’ultimo rispose scomunicando Enrico IV. Per un sovrano, la scomunica era particolarmente grave: infatti i sudditi erano liberati dal dovere di obbedire a un sovrano scomunicato. Enrico IV rischiava perciò che i signori tedeschi si ribellassero e i suoi sudditi non lo obbedissero più. Per evitare le pesanti conseguenze della scomunica, nel 1077 Enrico IV si rassegnò a venire in Italia per chiedere perdono al pontefice. L’incontro si svolse nel castello della contessa Matilde a Canossa, in Emilia. Il papa fece attendere per tre giorni l’imperatore fuori del castello. Infine lo accolse e gli concesse il perdono.

I SIMONIACI NELL’INFERNO DI DANTE

Nella Divina Commedia, Dante Alighieri immagina di compiere un viaggio nei tre regni dell’aldilà cristiano: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Nell’Inferno incontra i colpevoli di simonìa, tra cui il loro capostipite, Simon Mago. Il suono della tromba, che è citato in questi versi, ricorda i banditori medievali, che richiamavano l’attenzione della gente suonando appunto la tromba o i tamburi. Poi il banditore leggeva ad alta voce gli ordini dei governanti. Ecco i versi di Dante dedicati ai simoniaci (nella colonna di destra la versione in italiano attuale).

O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia1 state.
O Simon mago, o miseri suoi seguaci,
che le cose di Dio da concedersi ai buoni
come spose, voi rapacemente
adulterate con l’oro e l’argento,
conviene che per voi la tromba suoni,
poiché già siete nella terza bolgia.
(Dante, Divina Commedia, Inferno, canto XIX)

1 bolgia: Dante immagina l’Inferno come un grande cono rovesciato, diviso in nove cerchi. L’ottavo cerchio, a sua volta, è suddiviso in dieci fosse chiamate bolge, in ciascuna delle quali è punita una categoria di peccatori. Nella terza bolgia ci sono appunto i simoniaci.


ANDARE A CANOSSA

In tutte le lingue europee è presente l’espressione «andare a Canossa». Si riferisce all’atto di sottomissione compiuto dall’imperatore. In tedesco si dice nach Canossa gehen, in inglese go to Canossa, in francese aller à Canossa. Secondo la tradizione, l’imperatore dovette attendere tre giorni in ginocchio, sotto la neve, prima di essere ricevuto e perdonato da Gregorio VII.

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I due poteri
I due personaggi di questa miniatura del XII secolo rappresentano il potere spirituale e il potere temporale.

Il papa, che rappresenta il potere spirituale, è nella metà superiore: ciò significa che, per l’autore della miniatura, il potere del papa è superiore a quello dell’imperatore.

Le due figure sono unite da un lungo foglio. Esso rappresenta la legge. La legge unisce i due poteri, perché papa e imperatore dovrebbero essere d’accordo nel farla rispettare per il bene di tutti gli uomini.

Il potere temporale è rappresentato dall’imperatore che impugna la spada. L’imperatore sta in basso, perché la sua autorità è ritenuta inferiore a quella del papa.

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