Federico II imperatore

Un piccolo orfano con un grande futuro

Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, diventò imperatore nel 1191, ma morì pochi anni dopo, lasciando un figlioletto di tre anni, Federico. L’anno successivo Federico rimase orfano anche della madre, Costanza di Altavilla. Prima di morire, Costanza affidò il figlioletto alla tutela del pontefice Innocenzo III. Federico ereditava dai genitori territori vastissimi: il Regno di Sicilia dalla madre e il regno di Germania dal padre. Approfittando della giovane età di Federico, i principi tedeschi cercarono di non riconoscerlo come re di Germania e anche i nobili siciliani tentarono di ribellarsi. Tuttavia, grazie all’appoggio del papa, Federico riuscì a farsi incoronare prima re di Sicilia (1208), poi re di Germania (1212) e infine, nel 1220, imperatore con il nome di Federico II. Quando il papa lo incoronò imperatore, però, gli fece giurare che non avrebbe mai unito la Germania, l’Italia del nord e l’Italia meridionale, ossia i tre grandi territori del suo impero. Il papa temeva per le sorti dello Stato della Chiesa, che rischiava di essere «stritolato» dai domini imperiali.

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La morsa dell’imperatore sulla Chiesa

La carta mostra la situazione politica dell’Italia nella prima metà del Duecento.


L’Italia settentrionale faceva parte dell’impero, anche se molti liberi comuni si governavano da sé. Quando il re di Sicilia, Federico II, diventò anche imperatore (1220), lo Stato della Chiesa rimase stretto nella morsa dei domini imperiali.

Lo Stato della Chiesa, detto anche Stato pontificio, era stato fondato nel 754. Nel XII-XIII secolo il papa regnava su di esso come un sovrano. Nel XIII secolo lo Stato pontificio (che corrispondeva più o meno all’attuale Lazio) iniziò ad allargarsi sino ad acquisire alcune aree del centro Italia, come l’Umbria, le Marche e una parte dell’Emilia- Romagna.



Innocenzo III: il papa è come il Sole…

Innocenzo III fu un energico sostenitore della superiorità del papa su ogni altro sovrano, compreso l’imperatore. Egli affermò che spettava al papa scegliere chi doveva sedere sul trono imperiale. Per esprimere questo concetto, si servì della metafora del Sole e della Luna. Il papa, diceva, è come il Sole che brilla di luce propria; i re e gli imperatori sono come la Luna, che riceve la luce dal Sole. Come la Luna non può risplendere senza la luce del Sole, così i sovrani non possono regnare senza il consenso del papa. Innocenzo III si occupò anche della moralità del clero e fu molto energico nel combattere le eresie.

L’imperatore «siciliano»

Nato a Jesi, nelle Marche, Federico aveva trascorso l’infanzia e la giovinezza in Sicilia, terra a cui rimase sempre molto legato. Anche quando divenne imperatore, mantenne la sua corte a Palermo, che durante il suo regno divenne una delle città più splendide d’Europa. Federico si mostrò tollerante verso le religioni non cristiane, cioè l’islàm e l’ebraismo. Così in Sicilia poterono convivere pacificamente uomini di culture e religioni diverse.

Palermo, grande centro di cultura

La corte di Palermo divenne anche un centro culturale di eccezionale rilievo. Vi risiedevano artisti, filosofi e scienziati siciliani, ma anche greci, ebrei e arabi. Qui nacque la scuola poetica siciliana, formata da poeti che scrivevano poesie in volgare (cioè non in latino, ma nella lingua parlata dal popolo). Le loro poesie furono tra le prime opere della nascente letteratura italiana. Lo stesso imperatore era uomo di grande cultura e di svariati interessi: parlava diverse lingue, componeva versi e si occupò di medicina, chirurgia, veterinaria, architettura e matematica. Mostrò anche grande interesse per le scienze e l’osservazione della natura: compose infatti un trattato sulla caccia, che è un vero e proprio libro di storia naturale.

LE UNIVERSITÀ DI FEDERICO II

Federico II fondò a Napoli un’università di diritto, dove si formarono i suoi migliori collaboratori. Inoltre riorganizzò la scuola medica di Salerno, che esisteva fin dall’Alto Medioevo. Stabilì che, per esercitare la professione di medico, bisognava aver frequentato la scuola di Salerno per almeno 9 anni (8 anni di studi più uno di apprendistato). In questo modo la medicina poteva essere esercitata soltanto da chi aveva una solida preparazione. Dalla scuola di Salerno uscirono alcuni dei medici più stimati d’Europa, tra i quali vi erano anche donne.

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