L’Inghilterra di Elisabetta I

Un regno pacifico

Nella seconda metà del Cinquecento l’Inghilterra fu governata da una grande regina, Elisabetta Tudor. Negli anni del suo lungo regno (1558-1603) Elisabetta seguì una politica del tutto opposta a quella di Filippo II in Spagna. Infatti la regina aveva due obiettivi: la pace religiosa e l’incoraggiamento alle iniziative economiche della borghesia inglese. Come ricorderai (capitolo 3), l’Inghilterra si era staccata dalla Chiesa cattolica, fondando la Chiesa anglicana. Però nel Paese c’erano ancora dei cattolici, ostili a Elisabetta. Essi volevano portare sul trono la regina di Scozia, Maria Stuart, che era cattolica. Ci furono dei complotti per uccidere Elisabetta: il più pericoloso fu quello organizzato dal paggio di Maria Stuart, Anthony Babington. La congiura venne scoperta e nel 1586 Maria, ritenuta complice, fu condannata a morte. L’uccisione di Maria attirò su Elisabetta le ire di tutti i sovrani cattolici d’Europa, in primo luogo Filippo II, re di Spagna. Tanto più che Elisabetta appoggiava la rivolta dei Paesi Bassi contro il sovrano spagnolo. L’Inghilterra seppe però difendersi dall’attacco portato dall’Invincibile Armata e da quell’avvenimento la sicurezza del paese uscì rafforzata. Elisabetta trovò una soluzione al problema religioso, garantendo una relativa libertà alle diverse Chiese, a eccezione di quella cattolica.

Un’economia in crescita

Durante il regno di Elisabetta, in Inghilterra si diffuse uno sviluppo straordinario in ogni campo della produzione artigianale e agricola. Grandi estensioni di terra, già appartenenti alla Chiesa cattolica, furono vendute ai privati. La formazione di proprietà private fu incoraggiata dalla stessa regina, che mise in vendita i terreni appartenenti alla corona. I nuovi proprietari praticavano un’agricoltura moderna, in grado di produrre molto. Ottennero questo risultato cominciando a sfruttare i terreni situati nelle vicinanze dei villaggi, che in precedenza erano lasciati in uso ai contadini più poveri, perché potessero raccogliere la legna o far pascolare il bestiame. Queste terre, chiamate «campi aperti», furono recintate e messe in vendita. Chi le acquistava, per ricavarne un adeguato guadagno, era stimolato a farle produrre il più possibile. Inoltre, poiché la lana era diventata una merce molto richiesta e ben pagata dalle tante manifatture tessili, alcuni terreni vennero utilizzati come pascoli per le pecore.

Agricoltura moderna

Si diffusero anche nuove coltivazioni, come il luppolo (usato nella fabbricazione della birra), la segale, l’avena e l’orzo, tutti cereali che a quei tempi erano utilizzati nella cucina inglese. Nelle campagne sorsero fattorie, stalle, granai e case per i proprietari. Ben presto fu il commercio a orientare la produzione. Gli agricoltori infatti, oltre a vendere i raccolti ai mercati nelle vicine città, tenevano conto delle richieste che provenivano dai commercianti. Ad esempio, se in un certo anno i fabbricanti di birra, essendo i consumi di quella bevanda in crescita, richiedevano una quantità di cereali superiore a quella dell’anno precedente, l’agricoltore adeguava la sua produzione. Al posto del grano, seminava i cereali usati nella fermentazione della birra, come il luppolo, l’avena e l’orzo. Così facendo, egli sapeva che alla fine della stagione avrebbe guadagnato di più.


Un proprietario terriero inglese davanti alla sua casa di campagna, insieme con la famiglia, i servi e i contadini che lavorano per lui.

Un’età d’oro anche per la cultura

La corte della regina Elisabetta I fu un centro culturale dove operarono grandi artisti, in particolare autori di opere teatrali. I più famosi furono Ben Jonson, Christopher Marlowe e soprattutto William Shakespeare (1564-1616), uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Egli scrisse molte tragedie ispirate alla storia inglese (come Macbeth e Riccardo III) o di altri paesi (Amleto, Otello, Romeo e Giulietta), oltre a numerose commedie.

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