Popoli e schiavi dell’Africa

La tratta degli schiavi

Tra il Quattrocento e il Cinquecento arrivarono in Africa i portoghesi. Scendendo lungo le coste dell’Atlantico alla ricerca della rotta per le Indie, gli esploratori portoghesi perlustrarono il litorale e i territori dell’interno. Trovarono merci di alto valore commerciale, come l’oro, l’avorio, il sale, il pepe, le noci di cocco. Iniziarono anche a organizzare il commercio di schiavi. Uomini e donne venivano prelevati a forza nelle regioni dell’interno e imbarcati sulle navi negriere ormeggiate nei porti dell’Africa occidentale. I mercanti europei di schiavi (i negrieri) scambiavano merci di scarso valore prodotte in Europa con gli schiavi, che venivano poi venduti a caro prezzo in America. Le navi ripartivano cariche di prodotti americani che erano poi venduti in Europa con ampio guadagno.

I mercanti d’uomini

Il commercio degli schiavi dall’Africa all’America divenne tanto più redditizio quanto più cresceva in America la domanda di manodopera nera. Questa era utilizzata nelle coltivazioni di canna da zucchero, di cotone e di tabacco, presenti nelle Antille americane e nel Brasile. Nel Seicento nel commercio di schiavi, accanto agli spagnoli e ai portoghesi, si inserirono gli olandesi, i francesi e gli inglesi. Le cifre mostrano una crescita vertiginosa di quell’infame traffico di merce umana: dai 900 000 schiavi prelevati in Africa e venduti in America nel corso del Cinquecento, si passò ai 2 milioni e mezzo del Seicento, fino ai 7 milioni del XVIII secolo.

LEGGERE le FONTI

Vedere l’Africa con gli occhi di un europeo
All’inizio del Seicento un viaggiatore tedesco di nome Andreas Ultzheimer giunse nel regno del Benìn, in Africa, dove fu accolto favorevolmente. Ultzheimer ha lasciato informazioni molto dettagliate e interessanti sui costumi di quella regione. Ma il suo resoconto è decisamente parziale. Ultzheimer era un protestante e pertanto era attratto dalle usanze del Benìn, che presentavano una certa somiglianza con gli atteggiamenti dei cattolici in Europa. Lo si vede in questo brano.

"Il re si mostra in pubblico solo una volta all’anno, il giorno del suo compleanno, quando compie un giro ufficiale a cavallo intorno alle mura della città, vestito di scarlatto e ornato di collane di coralli. Tutti vogliono vedere il re, proprio come a Roma, quando il papa celebra il suo giubileo. Seimila persone si accalcano premendo verso di lui e, quando arriva, tutti si inginocchiano e applaudono in segno di saluto. Egli, dal canto suo, muove la mano avanti e indietro, proprio come il pontefice a Roma, quando benedice i fedeli."


Comincia il razzismo verso gli africani

Gli europei, più che soddisfatti dei guadagni che realizzavano con il commercio degli schiavi, non cercarono di penetrare in Africa e di colonizzarla. I primi europei che nel XVI secolo misero piede in Africa guardarono con curiosità e rispetto alle civiltà che incontravano, sebbene molto diverse dalla propria. In seguito, invece, si fece strada l’idea che l’Africa fosse popolata da barbari selvaggi. Gli africani erano diventati agli occhi degli europei degli esseri inferiori, che era giusto trattare come tali. Il disprezzo europeo per gli africani fu il frutto della tratta degli schiavi. Questa immagine negativa, di carattere razzista, era del tutto inesistente prima del Cinquecento.

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