Una rivoluzione in Inghilterra

Re e Parlamento si dividono i compiti

Mentre l’Europa continentale era sconvolta dalla Guerra dei trent’anni, in Inghilterra si verificava un cambiamento di grande importanza. In questo paese i poteri del re non erano assoluti, ma erano limitati da un Parlamento, diviso in due Camere: la Camera dei Lord, dove vi erano i delegati dell’alta nobiltà, e la Camera dei Comuni, formata da rappresentanti eletti dagli abitanti delle città e dei villaggi agricoli. Il Parlamento inglese aveva poteri molto inferiori a quelli dei Parlamenti attuali. Poteva solo impedire al sovrano di imporre nuove tasse e di violare antiche leggi. Così limitava la libertà di decisione del re nelle questioni che comportavano l’uso del denaro, come la guerra, e nelle scelte sulla religione e sulla giustizia.

Re e Parlamento entrano in conflitto

Tra i re inglesi e il Parlamento non vi erano mai stati motivi di conflitto. Questa armonia fu interrotta dal re Carlo I Stuart quando, nel 1628, volle imporre nuove tasse per armare un esercito. Era sua intenzione fare partecipare l’Inghilterra alla Guerra dei trent’anni, al fianco della Spagna. I deputati della Camera dei Comuni si opposero, perché non volevano che l’Inghilterra si alleasse con gli spagnoli. La Spagna, infatti, era lo stato più cattolico d’Europa, mentre in Inghilterra i cattolici erano una piccola minoranza e per di più molto mal vista. Gli inglesi temevano che gli stati cattolici potessero invadere l’Inghilterra, come aveva provato a fare qualche decennio prima il re di Spagna Filippo II (vedi il capitolo 4). Di fronte a questa opposizione, il sovrano reagì sciogliendo il Parlamento (cioè facendolo chiudere, senza poi indire nuove elezioni per formarne un altro). Per dieci anni Carlo I regnò senza Parlamento, come un autentico sovrano assoluto.

Verso la guerra civile

Poco dopo, Carlo I volle imporre la Chiesa inglese (o Chiesa anglicana) alla Scozia, che era diventata parte dell’Inghilterra. Gli scozzesi, seguaci del calvinismo, non accettarono questa decisione. Nel 1640 entrarono in guerra contro l’Inghilterra. Carlo I dovette difendersi, cioè formare un esercito: operazione che richiedeva molto denaro. Per ottenerlo fu costretto a convocare il Parlamento, che però gli impedì di imporre nuove tasse per finanziare la guerra. Il re tentò di intervenire con la forza contro i puritani, che erano contrari alle sue decisioni: ma a quel punto si scatenò la ribellione dei parlamentari, che armarono a loro volta un esercito. Iniziò così la guerra civile.

Il trionfo di Cromwell

La guerra durò fino al 1649 e si concluse con la vittoria dell’esercito del Parlamento, guidato dall’abile comandante Oliver Cromwell. Nel 1649 i puritani raggiunsero i loro principali obiettivi: abolire i vescovi anglicani e deporre il sovrano che aveva osato opporsi al Parlamento. La Scozia aveva intanto ottenuto il riconoscimento della sua religione, il calvinismo. Il Parlamento decise la condanna a morte di Carlo I, che fu giustiziato. Era la prima volta nella storia europea che un re veniva condannato a morte dai rappresentanti del suo stesso popolo.

La repubblica e il ritorno del re

Dopo la morte del re, fu proclamata la repubblica. Ma l’Inghilterra aveva ancora molti problemi: negli anni successivi esplosero nuovi contrasti, anche perché Cromwell concentrò il potere nelle proprie mani e represse con la violenza tutti i suoi oppositori. Dopo la morte di Cromwell, avvenuta nel 1658, il Parlamento cercò di riportare la pace nel paese ripristinando la monarchia. Fu chiamato al trono Carlo II Stuart, il figlio del re giustiziato nel 1649. Il ritorno della monarchia, però, non risolse le difficoltà: molti gruppi erano in contrasto tra loro, e c’era chi voleva riportare la religione cattolica in Inghilterra, mentre altri volevano abolire il Parlamento. L’Inghilterra rischiava nuovamente la guerra civile. Per evitarla, il Parlamento, nel 1688, offrì la corona a un principe straniero, l’olandese Guglielmo d’Orange, protestante. I motivi di questa scelta furono due: innanzitutto, il Parlamento sapeva di poter meglio controllare un sovrano straniero; in secondo luogo, si riteneva che il nuovo re avrebbe fatto gli interessi dell’Inghilterra perché Guglielmo era imparentato con gli Stuart (aveva infatti sposato la figlia del re Giacomo). I fatti che abbiamo raccontato dimostrano che in Inghilterra era avvenuta una vera rivoluzione, cioè un cambiamento completo e profondo.

CHE COS’È UNA RIVOLUZIONE?

Per «rivoluzione» si intende un cambiamento totale rispetto al passato, che in genere avviene in modo improvviso e talvolta violento, e in un arco di tempo piuttosto breve. La rivoluzione può essere politica oppure culturale o scientifica. In Inghilterra, per esempio, nel Seicento avvenne una rivoluzione perché, dalla monarchia assoluta (dove il potere del re non aveva quasi limiti), si passò in pochi anni dapprima alla repubblica e poi alla monarchia parlamentare (dove i poteri del re erano limitati da quelli del Parlamento). Si trattò quindi di un cambiamento profondo del sistema politico del paese. In una prima fase questo cambiamento avvenne con l’uso della violenza (la guerra civile del 1640-1649). Nel 1688, invece, si ebbe una rivoluzione pacifica, perché il Parlamento stesso offrì il trono a Guglielmo d’Orange, che lo accettò e divenne così re con il consenso dei rappresentanti del popolo inglese.

Il Parlamento afferma i suoi diritti

Sbarcato in Inghilterra con le sue truppe, Guglielmo d’Orange costrinse il re Giacomo ad abbandonare il paese. Nel 1689 ottenne la corona dal Parlamento, che in cambio gli fece sottoscrivere un patto chiamato Dichiarazione dei diritti. Con questo si impegnò a rispettare l’autorità del Parlamento, ossia a non imporre nuove tasse e a non arruolare un esercito senza la sua approvazione. Poi il re firmò un Atto di tolleranza, con cui riconobbe la libertà religiosa a tutti gli inglesi di qualsiasi fede, tranne che ai cattolici. Questi erano ancora considerati nemici implacabili dell’Inghilterra.

Navi inglesi su tutti i mari

Nella seconda metà del Seicento, l’economia inglese si sviluppò notevolmente. Migliaia di inglesi cominciarono a colonizzare i territori del Nord America, sulle coste atlantiche. Alcune città occupate dai coloni inglesi erano state fondate dagli olandesi. Fra esse vi era Nuova Amsterdam, un piccolo porto abitato da non più di mille persone, che gli inglesi ribattezzarono «New York». Dai porti dell’America del Nord salpavano, dirette in Inghilterra, navi cariche di tabacco, mais, cotone, rhum, zucchero, legname e pellicce. Le stesse imbarcazioni ripartivano poi verso l’America, trasportandovi nuovi coloni e prodotti tessili. Altre si dirigevano in Africa per prelevare schiavi da trasferire nelle colonie americane.

LEGGERE le FONTI

Parlamento senza democrazia

Come hai visto, il Parlamento inglese era suddiviso in due Camere. Nella prima sedevano per diritto ereditario i Lord, ossia l’aristocrazia inglese. Dopo la rivoluzione del XVII secolo, questa Camera perse importanza. La Camera dei Comuni, invece, divenne il centro della vita politica. Ai Comuni si veniva eletti attraverso votazioni che, dal 1716, furono tenute ogni sette anni. Poteva votare solo una minima parte degli inglesi, scelta con il criterio della ricchezza. Pur con questi limiti, l’Inghilterra era l’unico paese al mondo dove esisteva un Parlamento. Non tutti in Inghilterra accettavano che il diritto di voto fosse riservato a pochi. Ci fu un gruppo, chiamato dei livellatori, che chiedeva l’estensione del diritto di voto a tutti gli inglesi di sesso maschile, ricchi e poveri. Ecco un loro documento del 1647.


"Io penso veramente che l’essere più povero che vi sia in Inghilterra ha una vita da vivere tanto quanto il più ricco. Io penso che ogni uomo che deve vivere sotto un governo deve col suo consenso accettare quel governo. Io penso che nessuno sia tenuto a obbedire a quel governo che egli non ha contribuito a creare. Non trovo nessun passo della Bibbia che affermi che un Lord possa scegliere venti deputati e un povero nessuno. Penso che tutti gli inglesi devono essere soggetti alle leggi inglesi. Ogni legge risiede nel popolo."

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