Guerra e repubblica

La fuga del re

Incapace di controllare gli eventi, Luigi XVI si lasciò travolgere dalla paura di perdere il suo potere. Decise così di abbandonare di nascosto il paese, di rifugiarsi all’estero e di chiedere l’aiuto militare delle potenze straniere, per poi ritornare in Francia a ristabilire con le armi la monarchia assoluta. Nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1791, travestito da valletto di corte, insieme con la regina scappò da Parigi e si diresse verso il Belgio (dove già si erano rifugiati numerosi aristocratici francesi). Durante il viaggio, però, la coppia fu riconosciuta da un impiegato della posta di Varennes, nei pressi della frontiera, e riportata a Parigi. La notizia fu un autentico colpo per i francesi: il re aveva tradito la sua patria e il suo popolo. Ma i deputati dell’Assemblea preferirono essere clementi e non misero sotto processo il sovrano. In cambio, Luigi XVI giurò fedeltà alla Costituzione.


Il rientro di Luigi XVI e Maria Antonietta a Parigi, dopo il fallito tentativo di fuga (stampa settecentesca).

LE DONNE E LA RIVOLUZIONE

Nel corso della rivoluzione, le donne acquisirono un miglioramento delle loro condizioni di vita. Le mogli infatti ottennero il diritto di comperare e vendere proprietà. Inoltre poterono ereditare dal marito e dal padre. L’istruzione fu garantita sia ai ragazzi sia alle ragazze. Fu anche istituito il divorzio. Alcune donne scrissero sui giornali e pubblicarono libri di carattere politico. Tra queste vi fu Olympe de Gouges, autrice dell’opera Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Tutto ciò non significa che le donne fossero considerate eguali agli uomini: in tutto il corso della rivoluzione non ottennero mai il diritto di votare.

Le divisioni politiche

A Parigi furono tre i principali gruppi politici che si organizzarono. Il primo fu quello dei giacobini, così chiamato dal luogo in cui gli iscritti si incontravano, un ex convento dei domenicani (detti in francese jacobins). I giacobini erano contro la monarchia e a favore di una repubblica. Il loro capo era un avvocato di provincia e grande oratore, Maximilien Robespierre. Il secondo gruppo fu quello dei girondini, dal nome del dipartimento della Gironda, da cui molti di loro provenivano. Ne facevano parte anche personaggi famosi, quali il giornalista Jacques-Pierre Brissot. I girondini volevano che la monarchia fosse eliminata e sostituita da una repubblica federale, cioè da uno stato con forti autonomie per le province. Il terzo gruppo fu quello dei foglianti, dal nome dell’ordine religioso nel cui convento si incontravano. Moderati e favorevoli al re, credevano nella monarchia costituzionale. Contemporaneamente, nella capitale si andava formando anche il movimento dei sanculotti, termine che indica quei rivoluzionari che portavano i calzoni lunghi al posto delle tradizionali culottes, i calzoni corti tipici della moda aristocratica. I sanculotti erano soprattutto artigiani e piccoli commercianti, cioè bottegai e ambulanti. Volevano la riduzione del prezzo del pane ed erano ostili al re, che accusavano di essere un traditore della patria.

Gli schieramenti in Parlamento

Nel settembre del 1791 furono indette le elezioni per eleggere i membri dell’Assemblea legislativa, come previsto dalla Costituzione. Su 4,3 milioni di aventi diritto al voto, andò a votare meno del 30%. I deputati si organizzarono in due principali schieramenti: 
• la maggioranza (detta «Pianura»), composta per lo più da foglianti, era favorevole al sovrano; 
• la minoranza (detta «Montagna»), composta sia da giacobini sia da girondini, era contraria alla monarchia. Il re si appoggiò sui foglianti, scegliendo tra loro i ministri che dovevano formare il governo. Intanto una nuova minaccia si avvicinava: la guerra.


La Francia in guerra

Le potenze europee si stavano alleando tra loro con lo scopo di ripristinare la monarchia assoluta in Francia. Esse temevano infatti che l’esempio della Rivoluzione francese spingesse anche gli altri popoli a ribellarsi contro i sovrani assoluti. I deputati dell’Assemblea legislativa decisero allora di dichiarare guerra all’imperatore d’Austria, al quale si erano uniti Russia, Prussia, Piemonte e Spagna (aprile del 1792). Il re stesso diede il suo consenso alla guerra. Ma gli obiettivi dei rivoluzionari e del sovrano erano opposti: l’Assemblea voleva una guerra in difesa della patria e della rivoluzione; Luigi XVI sperava invece in una sconfitta della Francia, che avrebbe potuto restituirgli quei pieni poteri che aveva prima del 1789. Il conflitto si aprì con una serie di sconfitte francesi. Infatti molti generali monarchici si rifiutavano di condurre le truppe all’attacco, mentre la popolazione parigina reclamava provvedimenti severi contro quei traditori. In giugno il re chiamò al governo La Fayette (che apparteneva ai foglianti), il quale propose di concludere la guerra venendo a patti con il nemico. Il mese seguente, su iniziativa di Brissot e di Robespierre, l’Assemblea proclamò la patria in pericolo. Si formarono battaglioni di volontari e la guerra assunse un carattere popolare, mentre cresceva l’ostilità verso il re. La guerra divenne così un momento decisivo della lotta politica all’interno della Francia.

La monarchia sotto accusa

A Parigi l’agitazione popolare cresceva, eccitata dal timore che sulla città piombassero i soldati prussiani. Arrivarono invece colonne di volontari francesi e migliaia di uomini delle guardie nazionali delle province. Tra queste, vi era il contingente di Marsiglia che sfilò cantando la Marsigliese, che sarebbe poi diventato l’inno nazionale della Francia. In quel clima di mobilitazione, esplose una nuova insurrezione. Il 10 agosto 1792 la Guardia nazionale (ossia il corpo militare istituito dal Comune di Parigi) assaltò il palazzo reale, ma dovette scontrarsi con la resistenza delle guardie del re. La famiglia reale riuscì a sfuggire alla morte, ma non poté salvare la propria immagine, irrimediabilmente compromessa. L’Assemblea appoggiò le richieste del popolo di Parigi: tolse i poteri al sovrano e lo imprigionò insieme con la famiglia nella fortezza chiamata «Il Tempio». Nei disordini di quei giorni la folla prese d’assalto le prigioni, massacrando centinaia di detenuti tra aristocratici, sacerdoti contrari alla rivoluzione e prigionieri comuni. Il governo, controllato da Georges Danton, indisse elezioni a suffragio maschile (cioè il diritto di votare spettava solo ai maschi, ma questa volta senza limitazioni di reddito o d’altro) per formare una nuova assemblea, che fu chiamata «Convenzione nazionale».

La repubblica

Sul fronte di guerra l’avanzata dei prussiani fu bloccata a Valmy, vicino ai confini con il Belgio, in una battaglia che ribaltò le sorti del conflitto (20 settembre 1792). La guerra dei francesi contro le potenze europee assunse subito il carattere di una guerra contro l’assolutismo. Le armate erano comandate da giovani ufficiali, le cui brillanti carriere - a differenza del passato - non dipendevano dai loro titoli di nobiltà, ma dalle capacità che avevano dimostrato. Spesso i francesi erano appoggiati dalle popolazioni degli stati invasi. Essi colsero così una serie di strepitosi successi, conquistando la riva sinistra del Reno e invadendo Belgio, Nizza e Savoia. Intanto, a Parigi, la Convenzione adottò provvedimenti estremi. Dichiarò decaduta la monarchia (21 settembre 1792) e proclamò la repubblica. Inoltre ordinò che il re e la sua famiglia fossero processati per alto tradimento, dopo la scoperta di documenti segreti che provavano la complicità di Luigi XVI con il nemico.

Il processo al re

Nella Convenzione si svolse il processo al re. Molti deputati volevano salvargli la vita, o per convinzione monarchica o per un calcolo di opportunità: un re morto avrebbe potuto esasperare ancora di più gli animi della gente. Inoltre le monarchie europee avrebbero potuto aumentare il loro impegno militare contro la Francia. Durante il processo, però, nel palazzo reale fu scoperto un armadio di ferro, nascosto in un muro, nel quale erano custoditi documenti che provavano i rapporti intrattenuti per anni dal re con i nobili scappati all’estero e con sovrani stranieri. Quei documenti erano la prova del tradimento del re contro il suo stesso paese. Con 387 voti contro 334, Luigi XVI fu condannato a morte in nome della sicurezza nazionale. Il 21 gennaio 1793, in piazza della Rivoluzione, a Parigi, fu giustiziato con la ghigliottina.

La Costituzione che non fu mai applicata

Nel giugno del 1793 fu approvata una nuova Costituzione, dai contenuti molto democratici. Essa proclamava che «il fine della società è la felicità comune» e affermava il diritto al lavoro, all’assistenza, all’istruzione. Riconosceva anche il diritto del popolo all’insurrezione. La Costituzione del 1793 (chiamata anche Costituzione dell’anno I, in base al calendario rivoluzionario) stabiliva che la nuova Assemblea legislativa (l’equivalente del nostro Parlamento) fosse eletta ogni anno a suffragio universale maschile. Tuttavia, su proposta di Robespierre, l’applicazione della Costituzione fu rimandata al tempo di pace.

GLOSSARIO

Ghigliottina

Era lo strumento usato per le esecuzioni delle condanne a morte, mediante decapitazione. Si chiama così dal nome dell’inventore Guillotin, un medico che la ideò allo scopo di ridurre la sofferenza del condannato. Infatti, rispetto ai precedenti sistemi, la ghigliottina produceva una morte pressoché istantanea e senza dolore.

LEGGERE le IMMAGINI

L’ultima sera di Luigi XVI
La sera del 20 gennaio 1793 a Luigi XVI, rinchiuso con la famiglia nella prigione del Tempio, venne portata la notizia della sua condanna a morte. Nel dipinto che ti presentiamo, il pittore Jean-Jacques Hauer volle immaginare l’ultimo saluto del re ai suoi familiari.

In prigione, alla famiglia reale era stato concesso un trattamento diverso da quello dei prigionieri comuni.
Per esempio, era stato permesso di portare con sé 13 servitori: uno di loro è in piedi accanto alla porta, addolorato per la sorte del suo sovrano.
Un carceriere, con il berretto frigio in testa, osserva la scena per niente commosso.
L’espressione del volto è annoiata, l’atteggiamento non rispettoso.
Per esempio, prima dello scoppio della rivoluzione, un popolano non avrebbe mai osato rimanere al cospetto del re senza togliersi il berretto!
Al centro vi è la famiglia reale.
Luigi XVI è ritratto nell’atteggiamento dignitoso di chi si appresta ad affrontare con coraggio la morte.
Il figlio del re, Luigi Carlo, di 8 anni.
La figlia del re, Maria Teresa Carlotta, di 15 anni.
Maria Antonietta sembra rivolgersi allo spettatore del dipinto, con un’espressione e un gesto di rassegnazione.

La controrivoluzione

La Francia trascorse mesi e mesi tra violenti scontri politici. In una regione a ovest di Parigi, la Vandea, si combatté una vera e propria guerra civile. La Vandea era una regione agricola, abitata soprattutto da contadini. Essi erano fedeli alla monarchia e alla religione cattolica. Perciò erano contrari alla rivoluzione, che aveva ucciso il re e abolito i privilegi del clero. Nel marzo del 1793 migliaia di vandeani si armarono. Sui loro abiti applicarono il distintivo del cuore sormontato da una croce, che esprimeva il sentimento cattolico. Nell’estate del 1793 la Convenzione decise l’intervento militare, che portò alla sconfitta della controrivoluzione: ne seguì una repressione spietata, che fece oltre centomila morti.


Jules Benoit-Levy, La morte del generale Moulin, 8 febbraio 1794 (Cholet, Museo d’Arte e Storia). In questo dipinto di fine Settecento è rappresentato uno scontro tra i ribelli della Vandea e l’esercito francese. La Vandea era una regione agricola, dove i piccoli proprietari non volevano abbandonare la terra per andare a fare una guerra di cui non capivano le ragioni. Come vedi nel dipinto, alcuni ribelli impugnano falci e forconi.

La repubblica in pericolo

Intanto le truppe nemiche stavano invadendo la Francia e a Parigi la gente chiedeva di abbassare il prezzo del pane. Per bloccare la crescita del costo della vita, la Convenzione fissò per legge il prezzo del grano e dei generi alimentari. Per difendere i confini, arruolò un nuovo esercito. Inoltre affidò ampi poteri a un Comitato di salute pubblica (ottobre 1793), in cui sedeva Robespierre, il capo dei giacobini. Il Comitato di salute pubblica adottò metodi spietati, che portarono alla condanna a morte degli avversari politici. La regina Maria Antonietta fu ghigliottinata nell’ottobre del 1793. Alcune migliaia di oppositori fecero la stessa fine. Per questo motivo quel periodo, durato dall’autunno del 1793 all’estate del 1794, fu definito il «Terrore».

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