Le organizzazioni dei lavoratori

La grande borghesia

Con la nascita dell’industria, si formò la grande borghesia, composta da industriali, banchieri, grandi commercianti. Alcuni di loro erano partiti dal nulla, o quasi, e fecero fortuna fondando industrie che dominarono l’economia mondiale. Per esempio, nel 1826 il tedesco Alfred Krupp ereditò dal padre una modesta officina con 7 operai. In 30 anni la trasformò in un’azienda metallurgica che impiegava oltre 6000 dipendenti.

Le prime lotte operaie

Per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, gli operai cominciarono a organizzarsi. Sorsero le associazioni sindacali, che prepararono proteste e scioperi in difesa dei lavoratori. Il primo paese in cui gli operai si organizzarono in sindacati e partiti politici fu l’Inghilterra. Nel 1836 venne fondata la Working Men’s Association («Associazione dei lavoratori») e due anni più tardi si formò il movimento detto «cartismo». Esso si costituì con la raccolta di oltre un milione di firme a favore della Carta del popolo. In questo documento si chiedevano riforme a favore dei poveri e dei lavoratori, nonché il diritto di voto per tutti i cittadini maschi (suffragio universale maschile). Il Parlamento inglese emanò una serie di leggi che vietavano il lavoro notturno ai minori di 18 anni, impedivano l’assunzione di bambini di età inferiori ai 9 anni e fissavano un orario giornaliero non superiore a 6 ore per i minori e 14 ore per gli adulti. In Inghilterra si formarono associazioni sindacali, che si riunirono nelle Trade Unions (da trade, «mestiere», e union, «associazione»). Organizzarono proteste e scioperi, grazie ai quali i lavoratori inglesi arrivarono a ottenere, dopo alcuni anni, una legge che fissava a 10 ore la giornata lavorativa.

Le idee dei socialisti

In Francia, alla guida delle proteste dei lavoratori si posero i dirigenti socialisti. I socialisti pensavano che all’origine di ogni ingiustizia ci fosse il diritto alla proprietà privata. Da tale diritto derivava la distinzione tra chi possedeva le fabbriche, le macchine per farle funzionare, le terre, le case, i soldi per pagare lavoro e servizi, e chi invece non disponeva di altro se non della propria capacità di lavorare. I primi si sarebbero sempre di più arricchiti, i secondi impoveriti. I socialisti sostenevano perciò che bisognava eliminare la proprietà privata delle fabbriche, delle banche e delle terre, e che ogni cittadino avrebbe dovuto percepire una retribuzione proporzionale al lavoro svolto. 

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