Idee diverse per l’unità d’Italia

L’abito vecchio di Arlecchino

Se osservi la cartina dell’Italia all’inizio dell’800, ti accorgi che assomiglia al vestito di Arlecchino. Tante parti di diversi colori stanno l’una a fianco all’altra. Il territorio che oggi noi vediamo unito e che chiamiamo «Italia» era frazionato in diversi stati, alcuni più grandi, altri più piccoli. Quella realtà cominciò a essere giudicata come un abito vecchio. Bastava confrontarla con l’Europa, dove si erano formati grandi stati, come la Francia, la Spagna, l’Inghilterra. Fu così che un numero crescente di donne e di uomini che si sentivano italiani cominciarono a voler vivere in un unico stato. «Patrioti»: così erano chiamati coloro che si battevano per l’indipendenza nazionale. Ciò significava che i diversi stati in cui era divisa l’Italia dovevano unirsi per formare un’unica nazione.

Gli interessi economici verso l’unità nazionale

Divisa in tanti stati, l’Italia presentava forti contrasti tra il Nord, dove si era rafforzata la borghesia degli affari e delle industrie, e il Sud, nel quale prevaleva l’antica nobiltà terriera. Soprattutto la borghesia si dichiarava a favore dell’indipendenza perché avrebbe favorito l’economia. In Italia creare un unico stato, dalle Alpi alla Sicilia, non dipendente da potenze straniere, significava infatti creare un solo grande mercato dove poter vendere i prodotti agricoli e industriali: non più dogane alle frontiere, non più continui cambi di moneta, non più tasse pagate in paesi italiani (Lombardo-Veneto) che andavano a finire nelle casse di stati stranieri (Austria).

Basta con le società segrete

L’insuccesso dei moti del 1820-1821 e del 1830-1831 aveva dimostrato che le società segrete non erano lo strumento adatto a realizzare gli obiettivi dei patrioti. Bisognava preparare nuovi piani politici e creare nuove forme di organizzazione. Questa riflessione fu alla base dell’azione di Giuseppe Mazzini. Figlio di un medico genovese, dopo aver aderito alla Carboneria, Mazzini fu incarcerato a Savona nel 1830 per aver partecipato a un tentativo d’insurrezione. Messo in libertà, fondò l’anno successivo un’associazione che chiamò «Giovine Italia», alla quale aderirono alcuni patrioti del Nord, scontenti delle divisioni politiche dell’Italia. Nuovamente ricercato dalla polizia, Mazzini emigrò in Francia, poi in Svizzera e infine a Londra.

Mazzini: unità e repubblica

A Londra, Mazzini prese contatti con gli italiani emigrati nella capitale inglese, che erano in prevalenza operai e artigiani, e si occupò delle loro condizioni di vita e di lavoro. Fondò l’«Unione degli operai italiani», proponendo una serie di riforme, come la riduzione dell’orario di lavoro e l’istruzione per tutti. Continuò anche a dedicarsi alla causa dell’unificazione dell’Italia. Capì che l’unità d’Italia non poteva essere conseguita da pochi cospiratori aderenti alle società segrete; al contrario, doveva nascere dalla partecipazione del popolo. Mazzini non aveva fiducia nei re: pensava che la futura Italia dovesse essere una repubblica. La repubblica avrebbe promosso un rinnovamento generale, migliorando le condizioni di lavoro e assicurando il diritto di voto a tutti.

Le insurrezioni fallite

Mazzini riteneva che la situazione italiana fosse analoga a quella di altri popoli europei che vivevano divisi in tanti stati: i polacchi, gli ungheresi, i tedeschi. Questi popoli, secondo lui, dovevano muoversi contemporaneamente per realizzare l’unità nazionale. Nel 1834 Mazzini s’incontrò a Berna (in Svizzera) con i patrioti tedeschi e polacchi, per creare un’associazione che chiamò «Giovine Europa». Per conseguire gli obiettivi dei patrioti, Mazzini indicava un metodo: le insurrezioni, cioè attacchi armati agli eserciti e alla polizia degli stati assoluti. Per tutta la vita egli non si stancò di organizzare insurrezioni. Tutte però fallirono, costando la vita a centinaia di suoi seguaci. Per questo motivo fu accusato di avere mandato inutilmente al sacrificio persone che credevano in lui e nei suoi ideali.

GLOSSARIO

Cospiratore
Chi agisce in segreto per realizzare un obiettivo politico.

L’INUTILE SACRIFICIO DEI FRATELLI BANDIERA

Nel 1844 due seguaci di Mazzini, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, cercarono di far scoppiare un’insurrezione nel Regno delle Due Sicilie. Con alcuni compagni sbarcarono in Calabria, nella certezza di poter convincere i contadini a unirsi a loro nella rivolta. Invece quasi nessuno li seguì. Traditi anche da un compagno, che li denunciò alla polizia, i fratelli Bandiera furono catturati e messi in prigione. Pochi mesi dopo furono fucilati.

I moderati

Nell’Italia degli anni ‘40 dell’Ottocento aumentò il numero dei patrioti moderati, ben distanti sia dai rivoluzionari, come Mazzini, sia dai conservatori. I moderati erano favorevoli all’unità d’Italia ma contrari all’uso della forza: dicevano basta alle insurrezioni, ai complotti, alle rivoluzioni. Si battevano per miglioramenti graduali nel campo economico e civile. Volevano la crescita dell’istruzione, lo sviluppo dei trasporti e la libertà economica. Tra i moderati vi erano due tendenze: quella cattolica e quella laica. Era cattolico il filosofo Vincenzo Gioberti, che riteneva possibile l’indipendenza nazionale attraverso una confederazione di stati guidata dal papa. I laici, invece che sul papa, puntavano sul Regno di Sardegna, poiché era uno stato che disponeva di un esercito consistente e aveva un’economia in sviluppo.

LEGGERE le IMMAGINI

Il papa dà fuoco alle polveri
Questa caricatura ottocentesca illustra in modo ironico il programma di Gioberti.
Il papa accende la miccia di un cannone a forma di stivale.
L’aquila era il simbolo dei re austriaci. Perciò l’immagine si intitola Caccia all’aquila.
Appoggiato al cannone, Gioberti scrive il suo programma politico.

Osservando bene l’immagine e basandoti su quello che hai studiato nel paragrafo I moderati, scrivi sui puntini un’interpretazione della vignetta.

I federalisti

Di idee repubblicane era lo storico ed economista milanese Carlo Cattaneo. Egli voleva che l’Italia diventasse uno stato federale, come la Svizzera o gli Stati Uniti d’America, in cui le singole regioni italiane potessero in gran parte governarsi da sole. Cattaneo espresse le sue idee negli articoli scritti per la rivista «Il Politecnico», che fondò nel 1838. Discusse anche di ferrovie, di canali, di agricoltura, di industria. Si rivolgeva alla borghesia, cercando di convincere i suoi lettori a sviluppare moderne attività economiche che mettessero l’Italia alla pari con i paesi più avanzati d’Europa, in primo luogo l’Inghilterra. Sul piano politico Cattaneo era ostile a Mazzini, che giudicava un pericoloso agitatore.

Garibaldi al servizio della libertà

Nel 1807 a Nizza, una città che allora apparteneva al Regno di Sardegna e che ora fa parte della Francia, nacque Giuseppe Garibaldi. Da giovane partecipò a un fallito tentativo di insurrezione. Costretto ad andare in esilio per sfuggire alla condanna a morte, nel 1835 Garibaldi s’imbarcò su una nave diretta a Rio de Janeiro, in Brasile. Qui prese contatti con diversi patrioti mazziniani ed entrò come militare al servizio del governo repubblicano della provincia di Rio Grande do Sul. Era una regione in guerra contro il governo dell’imperatore del Brasile. In seguito Garibaldi combatté al servizio dell’Uruguay in guerra contro l’Argentina, governata da un dittatore. Ottenne il comando di una squadra militare composta da emigrati italiani e chiamata appunto «Legione Italiana». La Legione Italiana si segnalò per imprese vittoriose che furono raccontate da giornalisti europei e americani. Così, dall’America latina, l’eco delle imprese di Garibaldi si diffuse per il mondo e destò grande impressione soprattutto in Europa.

CAMICIE ROSSE, I SOLDATI DI GARIBALDI

I soldati di Garibaldi indossavano una camicia rossa e portavano in battaglia una bandiera nera su cui era disegnato un vulcano in eruzione, in riferimento al Vesuvio, il vulcano vicino a Napoli. Dopo le imprese di Garibaldi in America, molti cominciavano a vedere in lui un eroe sempre al servizio di nobili cause, combattente per la libertà di tutti i popoli oppressi. In realtà, per Garibaldi l’esperienza in America latina fu fondamentale sul piano pratico: gli insegnò come fronteggiare eserciti superiori, come motivare gli uomini, come tirarsi fuori da situazioni difficili. Gli impresse anche una certa insofferenza verso la politica, perché poteva indebolire l’azione militare.

StoriaFacile 2
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