Lo scambio biologico

Dall’America all’Europa

In seguito alle scoperte geografiche, si operò un grande scambio biologico tra Europa e America. Sulle navi che facevano rotta dall’America all’Europa, insieme con l’oro e l’argento, venivano caricati prodotti agricoli, come il pomodoro, la patata, il mais, il fagiolo bianco, il melone, la zucca, l’ananas, le bacche di cacao. Sono tutte piante di origine americana, che erano sconosciute in Europa. Nel corso di due secoli gli europei impararono a coltivare le nuove piante alimentari e a utilizzarle nella loro cucina. Inoltre le esportarono in Africa e in Asia, così che oggi gli uomini di tutto il mondo mangiano quotidianamente alimenti quali il pomodoro, la patata o il cioccolato, che prima del 1492 erano noti solo in America.

Il mais

Il mais, detto anche granoturco, fu importato in Europa dagli spagnoli e dai portoghesi nella prima metà del Cinquecento. La qualità più preziosa del mais è di avere un’altissima resa, circa doppia di quella del grano. Per «resa» si intende il rapporto tra la quantità seminata e la quantità raccolta. Inoltre il mais cresce in fretta e assai bene in climi diversi e ad altitudini differenti. Questo spiega perché la coltivazione del mais si diffuse in molte aree agricole dell’Europa, come ad esempio la Pianura padana. Dai chicchi della pannocchia di mais si ricavava - e si ricava tuttora - farina da cucinare sotto forma di polenta oppure mangime per gli animali domestici.

Patate e pomodori

Proveniente dal Perú, la patata dapprima non ebbe successo in Europa.
Non si sapeva come cucinarla e molti contadini la consideravano addirittura un prodotto nocivo. I nobili non la mangiavano, perché la giudicavano un cibo adatto solo agli animali e alla povera gente. Soltanto agli inizi del XIX secolo furono trovati modi nuovi per cucinarla e da allora fu apprezzata da un numero crescente di persone.
Abbastanza rapido fu invece il successo del pomodoro, in origine di colore giallo, che gli spagnoli videro consumare dagli Aztechi. Dapprima il pomodoro fu utilizzato come pianta ornamentale. Poi la sua coltivazione si diffuse in Spagna e nell’Europa meridionale, dove venne usato per la preparazione di insalate e di sughi.

La cioccolata

Il cacao inizialmente non piacque agli europei, perché non apprezzavano il modo con cui gli indios preparavano la cioccolata. Essi, infatti, mescolavano il cacao a fagioli, miele e peperoni, arricchendo la bevanda con spezie. Solo verso la fine del Cinquecento, quando vennero inventate ricette più vicine ai gusti europei, a base di cacao, zucchero e vaniglia, i semi del cacao cominciarono a essere venduti. Bere una gustosa tazza di cioccolata calda divenne allora un’abitudine diffusa presso le persone benestanti. Alcuni medici ritenevano che la cioccolata fosse anche un rimedio utile contro certe malattie. In America gli europei vennero anche a conoscenza della corteccia medicinale di un albero, chiamata china-china, da cui si ricavava un farmaco che serviva per abbassare la febbre (il chinino).

Gli animali del Nuovo Mondo

Quando, all’inizio del Cinquecento, il tacchino fece la sua comparsa in Europa portato da navi spagnole, molti contadini compresero che si trattava di un ottimo animale da cortile, che per la quantità e la qualità della sua carne poteva fornire un sostanzioso apporto alimentare. I francesi e gli inglesi cominciarono ad allevarlo per primi, in alternativa all’oca.
Anche dai mari americani derivarono prodotti alimentari adottati dalla cucina europea, in particolare il merluzzo. Una volta pescato e portato nei porti europei, il merluzzo era conservato sotto sale o essiccato, oppure affumicato.
In questo modo era possibile venderlo anche molti mesi dopo la pesca e in località lontane dai porti.

Gli schiavi dello zucchero

Lo zucchero era prodotto e usato in Cina e India sin dall’antichità. Gli europei lo conobbero grazie ai mercanti genovesi e veneziani che lo importarono, ma in modeste quantità. Il suo prezzo era troppo alto e solo pochi clienti, i più benestanti, potevano comperarlo. Si continuava così a usare il miele come dolcificante. Dopo la scoperta dell’America, gli spagnoli e i portoghesi introdussero la coltivazione della canna da zucchero a Cuba, nel Messico e in Brasile.
Ne derivò un ricco commercio di esportazione in Europa e da allora lo zucchero divenne un prodotto di uso comune.
Le piantagioni di canna da zucchero aumentarono rapidamente e in esse cominciarono a lavorare schiavi catturati in Africa e poi deportati e venduti in America.

Dall’Europa all’America

Lo scambio biologico si verificò anche in direzione opposta, ossia dall’Europa all’America, dove furono esportate piante importanti, come la vite e l’ulivo, sino ad allora sconosciute. Anche il grano, il riso e la canna da zucchero vennero coltivati con successo. In alcune regioni del Brasile il caffè fu introdotto dai colonizzatori e la sua coltivazione si estese al punto da divenire una delle principali merci di esportazione.
Nel 1492 gli animali domestici degli indigeni d’America erano limitati a poche specie: il lama, l’alpaca (un mammifero simile alla pecora), il porcellino d’India, il tacchino, l’anatra. Non vivevano bestie da traino né animali domestici da cui ricavare il cuoio o da utilizzare per il trasporto. Gli europei portarono in America cavalli, maiali, mucche e buoi, insieme con polli, pecore e capre, tutti animali che misero piede per la prima volta in America nel corso del secondo viaggio di Colombo (1493).

Le armi della conquista

Ha da sempre stupito la rapidità con cui la Spagna realizzò la conquista e avviò la colonizzazione dell’America. Gli imperi degli Inca e degli Aztechi furono rapidamente distrutti, la popolazione locale fu sterminata. Come fu possibile che poche migliaia di spagnoli fossero riusciti a sconfiggere popoli di gran lunga superiori per numero?
Contò certamente la superiorità militare garantita dall’uso del cavallo e dalle armi. Corazze, spade in acciaio e armi da fuoco diedero agli spagnoli un vantaggio decisivo su popolazioni armate di archi e frecce, fionde e pietre, asce e spade in legno. Altrettanto importante fu l’effetto psicologico creato dalle armi da fuoco e dai cavalli, che gli indios non conoscevano. «Cervi alti come i tetti delle case»: così li descrissero gli abitanti del Messico.

A CAVALLO SI CACCIA MEGLIO

Più di altri animali fu il cavallo a cambiare, e in meglio, la vita degli indiani d’America, soprattutto di quelli che vivevano nella parte settentrionale del continente. Fino ad allora i cacciatori inseguivano a piedi la selvaggina (conigli selvatici e lepri); dovevano effettuare lunghi appostamenti e solo in gruppo riuscivano ad accerchiarla e catturarla.
Con il cavallo la caccia divenne molto più facile. In poco tempo gli indiani impararono a cavalcare con notevole abilità. Montavano i cavalli senza sella, per andare a caccia o per combattere.

Un indiano d’America caccia a cavallo.

La strage degli indios

La superiorità tecnica non basta a spiegare la disfatta degli indios, se si pensa al grande divario numerico: da una parte poche centinaia di soldati spagnoli, dall’altra milioni di uomini. Non va sottovalutata la brutalità mostrata dai conquistadores, uomini privi di scrupoli e abituati alla violenza. Pesarono anche le maniere adoperate per colonizzare (lavoro forzato nelle miniere e nelle piantagioni).
Tutto ciò spiega il disastro economico che mise in grave difficoltà i popoli americani.
L’ecatombe fu causata anche dalle malattie esportate dagli spagnoli. Sin dai primi anni della colonizzazione alcune malattie infettive, quali il morbillo, l’influenza, il vaiolo, uccisero milioni di nativi. Il vaiolo si trasmise più rapidamente della conquista stessa, cioè arrivò a infettare le popolazioni di villaggi isolati ancor prima che comparisse in quel luogo il primo uomo europeo.
Non sappiamo con precisione quanti erano gli abitanti dell’America nel Quattrocento, ma certamente erano alcune decine di milioni. Alla fine del Cinquecento gli indios erano ridotti a poco più di un milione.

Tutto passa da Siviglia

Allo scopo di controllare il commercio da e per l’America fu istituita la Casa di Contrattazione, fondata a Siviglia nel 1503. Aveva il potere di riscuotere le tasse pagate in America e che spettavano al re. Inoltre i suoi funzionari concedevano le autorizzazioni ai singoli individui che intendevano trasferirsi in America. Senza le autorizzazioni non era consentito effettuare il viaggio in America e insediarsi nelle colonie. Solo da Siviglia potevano salpare le navi dirette in America e solo a Siviglia attraccavano le navi provenienti dall’America.
I territori strappati agli Aztechi e agli Inca vennero divisi in due regni, detti della «Nuova Spagna» (comprendente il Messico e parte dell’America centrale) e del Perú. Gli indios furono considerati sudditi del re di Spagna e uomini liberi, che però potevano essere fatti schiavi in caso di ribellione. In realtà il sistema di governo favoriva i coloni spagnoli, i quali potevano imporre agli indios il lavoro nelle miniere e nei campi, con salari stabiliti dagli stessi coloni.

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