La guerra nel Pacifico

La neutralità americana

Dall’inizio della guerra la prima potenza economica al mondo, gli Stati Uniti, era rimasta neutrale. Si era limitata ad appoggiare la Gran Bretagna, sua alleata, fornendole aiuti economici e militari. Roosevelt, presidente degli USA, e Churchill, primo ministro inglese, avevano firmato un documento in cui si impegnavano alla difesa della libertà e della democrazia, minacciate dalle dittature fascista e nazista. Ma, alla fine del 1941, successe un avvenimento che trascinò gli Stati Uniti nel conflitto.

Il Giappone e l’impero asiatico

Il Giappone stava seguendo da anni un suo progetto per conquistare la supremazia assoluta nell’Asia orientale e nel Pacifico, molto simile a quello della Germania nazista in Europa. Nel 1937 invase la Cina settentrionale, occupando le principali città: Pechino, Tientsin, Nanchino. I metodi della guerra furono crudeli: solo a Nanchino i giapponesi massacrarono 200 000 persone. Tuttavia, nonostante l’invio di oltre un milione di soldati, non riuscirono a controllare davvero il territorio cinese. Nel 1940 il Giappone conquistò parte delle colonie francesi nell’Indocina.

LEGGERE le CARTE

L’espansione giapponese nel Pacifico

La carta mostra l’espansione giapponese in Asia orientale.
In pieno oceano Pacifico, nelle isole Hawaii, vi era la base navale statunitense di Pearl Harbor.

Pronti alla guerra

Forte di una popolazione di 100 milioni di abitanti, di un’economia che si era industrializzata rapidamente, di un esercito moderno e di una marina da guerra alla pari con quella inglese, il Giappone si sentiva pronto a lanciare un’offensiva su larga scala. L’obiettivo del controllo di tutta l’Asia orientale era vicino. Mancava solo un ultimo traguardo, il più arduo: eliminare dall’oceano Pacifico la presenza degli Stati Uniti, unica forza militare rimasta in quell’area. Gli Stati Uniti avevano bloccato le esportazioni di materie prime in Giappone, per cercare di frenare la sua espansione. Perciò i giapponesi decisero di passare all’offensiva militare, prendendo di mira la base navale americana più grande, che era alle isole Hawaii, in pieno oceano.

L’attacco giapponese a Pearl Harbor

La mattina del 7 dicembre 1941, 183 aerei da guerra giapponesi, levatisi in volo da quattro portaerei, attaccarono e distrussero le navi americane che si trovavano nella baia di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. L’attacco giapponese dimostrò la grande importanza delle operazioni aeronavali (cioè condotte da aerei trasportati da navi portaerei), che tanta parte avranno nelle azioni di guerra dei successivi anni. Gli Stati Uniti reagirono dichiarando guerra al Giappone. Ora la guerra diventava veramente «mondiale». Per due motivi: perché entrarono nel conflitto le due grandi potenze extraeuropee, Stati Uniti e Giappone; perché si aprì un nuovo fronte, quello del Pacifico.

Guerra totale

A quel punto la guerra divenne «totale», sotto ogni punto di vista:
• geografico, perché non risparmiò nessun continente;
• economico, dal momento che impegnò i paesi in uno sforzo produttivo senza precedenti;
• ideologico, perché divise le forze in campo tra due opposti schieramenti, quello degli stati autoritari e quello dei difensori della libertà e della democrazia.
La guerra fu totale anche perché coinvolse la popolazione civile, decimata dai bombardamenti sulle città e oppressa da ogni genere di persecuzioni nei paesi caduti sotto il dominio nazista. Si fronteggiarono due schieramenti: da una parte le potenze dell’Asse, cioè Germania, Giappone e Italia; dall’altra gli Alleati (Stati Uniti e Gran Bretagna), insieme con l’Unione Sovietica. Nel 1942 le sorti del conflitto erano nettamente a favore dell’Asse, grazie alle vittorie tedesche in Europa e giapponesi in Asia.

StoriaFacile 3
StoriaFacile 3